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Elefantino a piazza minerva Roma

L’Istituto Centrale per il Restauro e il patrimonio culturale nazionale

di Alessandra Marino

DOI 10.12910/EAI2022-007

L’Istituto Centrale per il Restauro svolge un ruolo essenziale al servizio del patrimonio culturale nazionale a livello di ricerca, formazione e sperimentazione multidisciplinare. Dalla sua fondazione, le sue attività si sono progressivamente ampliate ed ‘evolute’ verso un concetto di restauro più ampio e moderno, di conservazione, con il crescente coinvolgimento di professionalità scientifiche e attività di sviluppo e valutazione di materiali e metodologie innovative.

Alessandra Marino

Alessandra Marino

Direttrice dell’Istituto Centrale per il Restauro

Il 18 ottobre 1941 si inaugurava a Roma l’Istituto Centrale del Restauro, divenuto operativo solo due anni dopo a causa dell’interruzione imposta dalla guerra. Le sue radici affondano nella memorabile relazione “Restauro delle opere d’Arte. Progettata istituzione di un Gabinetto centrale del restauro” presentata da Giulio Carlo Argan al Convegno dei Soprintendenti nel luglio del 1938, i cui contenuti confluiscono rapidamente nella legge istitutiva 22 luglio 1939 n. 1240. L’innovativa proposta Argan di creare una struttura pubblica di ricerca, di riferimento per l’intera nazione, rispondeva all’avvertita urgenza di trasformare il restauro da pratica artigianale o “artistica”, quale era, in restauro “scientifico”. Si trattava, cioè, di sottrarre l’atto del restaurare al piano dell’empirismo per ricondurlo a quello del rigore metodologico, fondato sull’approccio multidisciplinare, sulla base di una chiara conduzione storico critica. La realizzazione dell’ambizioso progetto è affidata a Cesare Brandi, all’epoca poco più che trentenne, fondatore dell’Istituto e suo primo direttore fino al 1961[1].

Brandi mette a punto un altrettanto innovativo modello di organizzazione del lavoro, basato sul coinvolgimento delle diverse professionalità necessarie alla migliore riuscita dell’intervento, chiamate a operare in équipe sulla base delle rispettive competenze: un modello che i sociologi hanno ascritto tra i “gruppi creativi” presenti in Europa tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento. Le scienze e la tecnologia rivestono nel nuovo Istituto un ruolo importante, per il convincimento della loro indiscutibile utilità nella pratica della conservazione, anche se il loro impiego è ritenuto “sussidiario” all’azione del conservatore o del restauratore. Già nel progetto iniziale figuravano proposte concrete in termini di fattibilità, con la specifica delle strutture e dotazioni indispensabili per la ricerca pura e applicata: tra queste, un gabinetto di fisica e radiografia e un gabinetto di chimica; per l’insegnamento nella Scuola erano previste anche le scienze naturali.

Sinergie col mondo della ricerca scientifica e dell’industria

Punto critico era dotare l’Istituto del personale addetto ai laboratori scientifici e pertanto, inizialmente, si attinse ai ruoli dei professori della scuola. A distanza di vent’anni questo problema non era risolto, a fronte di un periodo di particolare sviluppo delle scienze, e ciò induceva Brandi ad attivare collaborazioni con le università, fino ad auspicare la creazione di un’intera facoltà di scienze all’interno dell’ICR. Le stesse difficoltà persistono sotto la direzione di Pasquale Rotondi (1961-1973), nonostante l’applicazione della fisica al campo della conservazione si fosse evoluta e ampliata, la strumentazione risultasse potenziata e nel campo della biologia fossero avviate numerose linee di ricerca. Rotondi caldeggiava dunque tutte le possibili sinergie col mondo della ricerca scientifica e dell’industria. Questo orientamento era condiviso dal suo successore Giovanni Urbani, restauratore e storico dell’arte, direttore dell’ICR dal 1973 al 1983.

Urbani, da tempo interno all’Istituto, era consapevole della necessità di rifondare la ricerca scientifica del settore attivando collaborazioni con enti pubblici e privati, avendo ben chiaro che nell’ambito della conservazione fosse indispensabile estendere il campo d’indagine dalle opere al loro ambiente. Per dare concretezza e sviluppo alle tante sinergie, Urbani, nel 1974, sottoponeva al Ministero della Pubblica Istruzione una proposta di ampliamento della pianta organica dell’Istituto, con un sensibile aumento delle professionalità scientifiche. Con l’istituzione, un anno dopo, del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali[2], il ruolo dell’ICR veniva potenziato con l’attribuzione di nuovi compiti fra cui la “ricerca scientifica” finalizzata non soltanto all’esecuzione dei restauri ma anche alla “preservazione e tutela” dei beni culturali. Si segnava così il passaggio dal concetto di restauro a quello, più ampio e moderno, di conservazione, che sarà ripreso trent’anni dopo nell’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

La ricerca e la sperimentazione scientifica presso l’Istituto Centrale per il Restauro

Nell’Istituto esistono oggi quattro laboratori scientifici: chimica, prove sui materiali, fisica e controlli ambientali, biologia. Le professionalità scientifiche forniscono il supporto agli interventi di conservazione e restauro eseguendo indagini per la caratterizzazione dei materiali costitutivi, per lo studio dei fenomeni di alterazione e conducendo ricerche per lo sviluppo e la valutazione di materiali e metodologie innovative per il restauro. Presso i laboratori si conserva l’archivio delle sezioni stratigrafiche e delle sezioni sottili prodotte dall’ICR dagli anni ‘50 a oggi (oltre 7000) che rappresentano una preziosa raccolta di informazioni su tante opere d’arte che oggi è possibile analizzare con strumentazioni molto più sensibili e sofisticate, permettendo così di ampliare le informazioni ottenute negli studi passati. Nella Scuola di Alta Formazione e Studio si insegnano le discipline specialistiche e si seguono gli aspetti tecnico scientifici delle tesi di laurea degli allievi.

Tante le attività formative, anche nell’ambito di corsi e stage organizzati in Italia e all’estero e numerosi i lavori svolti in sinergia, nell’ambito di progetti nazionali e internazionali, con Università ed Enti di Ricerca, con l’obiettivo di proporre, modificare, sperimentare e mettere a punto materiali e metodi di restauro innovativi, idonei ai differenti materiali costitutivi dei beni culturali.

Tra i numerosi progetti di ricerca che negli ultimi anni hanno coinvolto i laboratori scientifici ICR si ricordano: il progetto NanoCathedral (2015-2018), finanziato dal programma dell'Unione europea Horizon 2020 che ha avuto la finalità di sviluppare nano-materiali e procedure per la conservazione della pietra deteriorata in edifici monumentali e architetture contemporanee; il progetto WOODPDLAKE Archaeological Wooden Pile-Dwelling in Mediterranean European lakes: strategies for the exploitation, monitoring and conservation, presentato nell’ambito del Joint Programming Initiative on Cultural Heritage (JPI CH), anch’esso finanziato con fondi dell’Unione Europea Horizon 2020, il cui principale obiettivo è la valutazione dell'impatto dei cambiamenti ed eventi climatici sulla conservazione e salvaguardia delle palafitte nei laghi del Mediterraneo.

Sperimentazione in corso di materiali e metodi green

Da molti anni i laboratori scientifici ICR, insieme ai laboratori di restauro, sono orientati alla sperimentazione e all’impiego di materiali e metodi di intervento ecocompatibili a base di sostanze naturali applicabili in solventi atossici. In questo ambito si collocano alcuni progetti di ricerca avviati nel corso del 2020-21, sviluppati nel contesto di collaborazioni formalizzate in accordi quadro e accordi di ricerca. Alcuni progetti sono stati finanziati della Regione Lazio (bando DTC per la seconda fase e bando POR FESR Lazio 2014-2020).

Tra questi si ricordano: NYMPHA: Natural polYsaccharides from Microalgae for the Protection of cultural HeritAge, che mira alla produzione e sperimentazione di un nuovo prodotto per il restauro, a base di polisaccaridi estratti da alghe unicellulari, eco-compatibile e non tossico per l’uomo e per l’ambiente, verificando la possibile azione protettiva e consolidante; BIONANOINLEGNO: INnovazioni BIO e NANOtecnologiche nel de-restauro, conservazione e restauro sostenibile dei Manufatti in LEGNO dei Beni Culturali, progetto pilota di sviluppo sperimentale col fine di valutare l’efficacia di trattamenti innovativi sostenibili, basati su bionanotecnologie per il de-restauro e il restauro di manufatti lignei; il progetto ON TECH: Old New TECHnology, finalizzato alla produzione di malte di restauro eco-friendly con elevate prestazioni in termini di resistenza e durevolezza, con minima produzione di CO, non dannose per l’uomo e compatibili con le malte antiche; NanoMAIA: Nano Material Applications for Innovative conservation of Art works, finalizzato alla sperimentazione di un materiale nanocomposito di origine naturale e di natura mista, per il consolidamento strutturale di materiali tessili degradati.

Nel quadro degli studi su prodotti e sistemi a basso impatto ambientale è in corso una ricerca per la valutazione dell’efficacia di sostanze naturali con azione antimicrobica, quali gli oli essenziali, per la disinfezione di patine biologiche su manufatti lapidei, in alternativa ai biocidi chimici di sintesi. Ancora, nel tema della sostenibilità ambientale rientra lo studio sull’efficacia di sistemi messi a punto dall’Università di Granada per il bioconsolidamento dei materiali carbonatici da applicare nel restauro di beni culturali.

Tra i molteplici progetti di ricerca ai quali partecipano i laboratori dell’ICR, ARTEMISIA (ARTificial intelligence Extended-Multispectral Imaging Scanner for In-situ Artwork analysis): propone l’implementazione di una tecnologia innovativa per l’identificazione in-situ dei materiali pittorici, definita come BR-RIS (broad spectral range reflectance imaging spectroscopy). Un altro progetto, condiviso con l’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA) è invece finalizzato alla conoscenza dei materiali costitutivi, delle forme di degrado e alla definizione dell’intervento di restauro di una serie di dischi fonografici.

I progetti del Programma Operativo Nazionale Cultura e Sviluppo

Un ulteriore importante ambito nel quale l’Istituto è costantemente impegnato riguarda i progetti del Programma Operativo Nazionale Cultura e Sviluppo 2014-2020 (PON), finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), uno dei principali strumenti finanziari della politica di coesione dell'UE. In questi progetti, le attività di ricerca e innovazione si affiancano a interventi di valorizzazione e recupero di beni del territorio. Negli ultimi tre anni l’Istituto ha coordinato e gestito due importanti progetti PON: il “MUSAS - MUSei di Archeologia Subacquea -Tutela valorizzazione e messa in rete del Patrimonio Archeologico Subacquea”, per la valorizzazione e conservazione del patrimonio sommerso di alcuni siti della Campania, Calabria e Puglia, nonché “Capolavori in 100 km”. Un viaggio reale, quest’ultimo, nella cultura della Basilicata “per conoscere, conservare, valorizzare” che ha visto una pluralità di interventi di conservazione preventiva in diversi musei della Basilicata e in alcuni importanti siti della città di Matera. In entrambi i casi sono stati condotti monitoraggi strumentali per la raccolta di dati ambientali ed è stato privilegiato l’impiego di sistemi di rilevamento fortemente innovativi, spesso sviluppati ad hoc nell’ambito delle attività di ricerca previste nel progetto.

Progetti internazionali

Tra le attività che da sempre caratterizzano l’ICR, vanno ricordate quelle svolte a livello internazionale, quasi sempre contraddistinte da due linee di intervento parallele: il restauro di siti del patrimonio culturale e l’organizzazione di corsi di formazione. Tutti gli interventi condotti all’estero si sono basati su una forte impostazione multidisciplinare, i risultati della ricerca scientifica sono stati costantemente applicati alla conservazione e al restauro e hanno costituito argomento di formazione; molto richieste le attività di supporto alla creazione di centri di restauro, impostati secondo il modello dell’Istituto.

Tra i più recenti e interessanti interventi all’estero si ricorda quello in Sudan, nella regione di Karima, dove si trova l’importante sito archeologico di Jebel Barkal con i resti del tempio dedicato alla dea-madre dell’Antico Egitto Mut. Per l’intervento di restauro dei dipinti murali ed il recupero architettonico di parti del tempio, svolto in stretta collaborazione con il personale sudanese, sono state poi impiegate tecniche innovative di documentazione e rilievo mediante scanner di ultima generazione, nonché l’uso di laser per la pulitura.

Molto recentemente l’Istituto è stato indicato come rappresentante del Ministero per la Cultura quale membro per l’Italia all’Open Method Coordination (OMC) “Strengthening Cultural Heritage Resilience for Climate Change”, gruppo di lavoro istituito in seno alla Commissione Europea con l'obiettivo di identificare e scambiare buone pratiche e misure innovative per la tutela del patrimonio culturale in relazione al cambiamento climatico. Da parte del gruppo di lavoro della Commissione un particolare apprezzamento è stato rivolto ai sistemi Vincoli in Rete e Carta del Rischio, che consente la sovrapposizione dei beni presenti sul territorio nazionale con le mappe di rischio ambientale, antropico e strutturale. La Carta del Rischio è stata selezionata fra le best practice, diventando il modello per l’upscaling del sistema di monitoraggio del territorio a livello europeo, ed è attualmente transitata tra gli strumenti di competenza della Direzione Generale Sicurezza del Patrimonio Culturale.

Biografia

Alessandra Marino dirige l’Istituto Centrale per il Restauro dal febbraio 2021. Laureata in architettura, in precedenza ha diretto il Servizio III – Tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico – della DG Archeologia, belle arti e paesaggio, curando la progettazione e la direzione dei lavori di una cinquantina di cantieri di restauro, tra i quali il complesso mediceo-laurenziano (basilica di San Lorenzo, vestibolo della Biblioteca Laurenziana, Sagrestia Nuova, Cappella dei Principi).

Dall’agosto del 2009 al giugno 2016 è stata Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Firenze, Pistola e Prato, incarico assunto dopo un breve periodo di direzione della Soprintendenza di Bologna, Modena e Reggio Emilia. Dal novembre 2014 al marzo 2015 è stata contemporaneamente direttore ad interim della ex Soprintendenza speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze, con la responsabilità di tutti i principali musei statali.

Dal 2004 al 2009 è stata Responsabile Unico del Procedimento per alcuni interventi nel complesso di Brera a Milano: restauro del Cortile d'Onore, nuova centrale termica, progetto preliminare e svolgimento della gara europea per l'affidamento di servizi di progettazione definitiva ed esecutiva per l'ampliamento e il riallestimento della Pinacoteca.

Dal settembre 2009 al luglio 2016 ha ricoperto il ruolo di Responsabile Unico del Procedimento per il progetto “Nuovi Uffizi” che ha consentito, tra l’altro, l’apertura di 56 nuove sale espositive. Dal 1997 al 2011 è stata docente a contratto di “Restauro Architettonico” presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara e, dal 2000 al 2010, docente a contratto di “Architettura del Paesaggio” presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli.

Dottore di ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici, Accademico d’onore dell’Accademia delle Arti del Disegno, ha concentrato in particolare la propria attività di studio sull’architettura del Sei-Settecento con numerose pubblicazioni sull’argomento, nonché su temi legati alle tecniche storiche, senza trascurare  pubblicazioni specificamente connesse alle molteplici declinazioni dell’attività di tutela.

Il ruolo dell’ICR a livello nazionale e internazionale


L'Istituto Centrale per il Restauro (ICR) è organo tecnico del Ministero della Cultura specializzato nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio culturale. Afferisce alla Direzione Generale Educazione  Ricerca e Istituti Culturali ed è dotato di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile. E’ centro di riferimento a livello nazionale e internazionale; svolge un’intensa attività di consulenza, anche in relazione alla creazione di laboratori di restauro all’estero.

Presso I'ICR opera la Scuola di Alta Formazione e Studio (SAF), cui compete l'attività formativa dei futuri restauratori secondo quanto disposto all’art. 29 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Il diploma finale è equiparato a laurea magistrale abilitante alla professione.

L’ICR, istituito con la Legge n. 1240 del 22 luglio 1939, su suggerimento di Giulio Carlo Argan, e inaugurato nel 1941, fu diretto fino al 1961 da Cesare Brandi. I compiti attuali sono pressoché identici a quelli individuati all’atto della fondazione. La novità della sua impostazione consiste nell'unicità di un organismo in cui si svolgono contemporaneamente la ricerca, la formazione e l'attività sistematica e continua di restauro e sperimentazione.

Nella struttura convivono storici dell'arte, architetti, archeologi, fisici ed esperti nei controlli ambientali, chimici, biologi, restauratori delle diverse tipologie di materiali costitutivi dei manufatti di interesse storico e culturale (dipinti, mosaici, tessuti, opere su carta, metalli, ceramiche, pietre, cuoio, legno ecc.). La consapevolezza della interdisciplinarietà come fondamento di una corretta pratica del restauro è stata alla base dell’ormai consolidato metodo di lavoro. Ancora oggi l’attività dell’Istituto prosegue secondo le indicazioni teoriche e metodologiche tracciate da Brandi, sviluppando e approfondendo alcuni spunti: la conservazione preventiva, l'aggiornamento tecnologico e scientifico applicato alle opere d'arte, soprattutto per quanto riguarda le prove non distruttive, la realizzazione di importanti restauri come la Basilica di Assisi prima e dopo il terremoto, il Cenacolo di Leonardo, il Marc'Aurelio capitolino, i reperti subacquei come i bronzi di Riace o il Satiro di Mazara del Vallo, le pitture murali di Tarquinia e Pompei, la Torre di Pisa, il Colosseo.

Importante è stata la realizzazione del Sistema Informativo Territoriale della "Carta del rischio del Patrimonio Monumentale", sviluppata dall’ICR a partire dall’inizio degli anni novanta del novecento, che documenta la vulnerabilità del patrimonio, monumentale e archeologico, distribuito nelle città storiche e nel territorio italiano in relazione ai principali fenomeni di rischio naturale e antropico. Scopo della Carta del Rischio è la definizione di una politica programmata di prevenzione, di interventi conservativi, manutentivi e di restauro, ed è attualmente transitata tra le competenze della neoistituita Direzione Generale Sicurezza del Patrimonio Culturale, del quale costituisce uno dei principali strumenti operativi.

 

Figura 1 - Gabinetti scientifici ICR rispettivamente negli anni Quaranta e nel 1962 (ICR Archivio Fotografico - fig. 1 n.LN1412, fig. 2 n. FG4542, datata 27.09.1962
Figura 5 - Matera. Documentazione 3D, prove sperimentali e analisi numeriche sul comportamento dinamico di manufatti archeologici
Figura 2 - Gabinetti scientifici ICR rispettivamente negli anni Quaranta e nel 1962 (ICR Archivio Fotografico - fig. 1 n.LN1412, fig. 2 n. FG4542, datata 27.09.1962
Figura 6 - Matera, S. Lucia alle Malve. Rilievo 3D della chiesa dopo la disinfezione delle superfici lapidee
Figura 3 - Baia (Napoli). Smart boe utilizzate nel Parco Marino
Figura 7 - Sudan, Jebel Barkal. Operatori italiani e sudanesi al lavoro
Figura 4 - Baia (Napoli). Attività di schedatura di beni sommersi mediante l’uso di tablet
Figura 8 - Distribuzione di beni sul territorio nazionale dalla banca dati di Vincoli in Rete

Note

[1] Per la storia dell’Istituto Centrale del Restauro dalla sua fondazione ai primi anni ’80 cfr. C. Bon Valsassina, Restauro made in Italy, Milano 2006, con bibliografia precedente

[2] Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali fu  istituito da Giovanni Spadolini con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657 convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1975, n. 5.

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