Copertina della rivista
Nicola Monti

Il nuovo nucleare è necessario per la transizione ecologica

Intervista con Nicola Monti, Amministratore Delegato di Edison

Nel marzo 2023 Edison ha annunciato l’avvio di “una riflessione strategica” insieme ad Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, EDF e Nuward per sviluppare una filiera del nucleare in Italia.  E, successivamente, in occasione della presentazione della strategia aziendale al 2030 e delle ambizioni al 2040, l’AD Nicola Monti ha dichiarato di voler realizzare in Italia due small modular reactor (SMR) entro il 2040.  A Monti - che è in Edison dal 1999 e dal 2019 guida la società energetica (che quest’anno celebra i 140 anni dall’avvio delle sue attività a Milano e dalla prima illuminazione del Teatro alla Scala nel 1883) - abbiamo chiesto il perché questo obiettivo, se siamo ad una svolta per quanto riguarda il nostro Paese e se ci sono i presupposti di accettabilità sociale.

Le ragioni che ci portano a considerare il nuovo nucleare sono molteplici. Ci dobbiamo chiedere come vogliamo che sia il nostro sistema energetico tra 20 - 30 anni. Se consideriamo che maggiore indipendenza, sicurezza e adeguatezza del sistema energico siano, insieme all’obiettivo della neutralità climatica, i cardini del piano energetico nazionale e della transazione ecologica, allora l’energia nucleare ha un ruolo determinante in questo processo. Lo sviluppo delle sole energie rinnovabili non è sufficiente per realizzare gli obiettivi della transizione ecologica e della sicurezza energetica. Edison è impegnata nella costruzione di un futuro rispettoso dell’ambiente, ma anche economicamente sostenibile per il sistema e più efficiente per tutti gli utenti.

A che punto è la ricerca?

La ricerca ha fatto notevoli passi avanti e il nuovo nucleare ha profili di sicurezza molto maggiori rispetto al passato. Gli SMR sono più piccoli, modulari, hanno un basso impatto ambientale e ridotti costi di realizzazione perché possono essere prefabbricati. Il nuovo nucleare, inoltre, può garantire una quota di energia elettrica programmabile a costi fissi e competitivi nel lungo termine e, in questo senso, è complementare alla crescita delle tecnologie rinnovabili, in larga parte non programmabili, e assicura efficienza al sistema. Secondo un recente sondaggio di SWG, oltre la metà della popolazione italiana è a favore del nucleare, soprattutto se è effettivamente una risorsa che può portare a ridurre la spesa energetica.

Nel caso di un eventuale ritorno al nucleare per l’Italia si tratta di ripartire da zero, oppure no?

“L’Italia ha cominciato a produrre energia nucleare negli anni ’60, per poi abbandonarla dopo il referendum del 1987. Tuttavia, sono rimaste le competenze. E interi settori dell’economia e dell’industria hanno mantenuto un’alta specializzazione, che oggi mettono al servizio dei clienti all’estero, in Francia come in Gran Bretagna. Il ritorno al nucleare in Italia è quindi anche un’opportunità per dare una ricaduta al nostro sistema industriale in termini di investimenti, competenze e occupazione, oltre a garantire maggiore autonomia energetica. Al momento, nel panorama dei progetti in fase di sviluppo e della ricerca ci sono diversi esempi interessanti di tecnologia nucleare di generazione III+ e generazione IV, sviluppati in Europa, ai quali si aggiungono le cooperazioni nel campo della ricerca sulla fusione nucleare. La tecnologia degli SMR (Gen. III+) è quella allo stadio più avanzato di sviluppo ed è attesa commercialmente a partire dal 2030.

Quale potrebbe essere il ruolo del nucleare nel nostro mix energetico?

Secondo le nostre stime, lo scenario “ottimale” di decarbonizzazione del nostro Paese al 2050 conferma il ruolo fondamentale delle energie rinnovabili (principalmente fotovoltaico, eolico ed idroelettrico) che, adeguatamente supportate dai sistemi di accumulo di energia e dal potenziamento della rete, dovrebbero ricoprire circa l’80% del fabbisogno elettrico nazionale. Il restante 20% dovrà essere prodotto da fonti di energia programmabile di origine termoelettrica. Ipotizzando di costruire in Italia il primo impianto nucleare di piccola taglia (SMR) tra il 2030 e il 2035 e realizzando successivamente circa un impianto all’anno (15-20 cumulati al 2050), la produzione nucleare potrà ricoprire il 10% della domanda elettrica al 2050, mentre la restante quota potrà essere assicurata da centrali a gas equipaggiate con sistemi di cattura della CO2.   

Proviamo a delineare lo scenario ottimale.

A fronte dei circa 30 miliardi di euro di investimento stimati per il nucleare, lo scenario “ottimale” consente di risparmiare a livello di sistema, secondo le nostre stime, circa 400 miliardi di euro cumulati al 2050, con evidenti benefici per i consumatori, rispetto ad uno scenario di decarbonizzazione affidato al 100 per cento alle sole rinnovabili, che richiederebbe ingenti investimenti addizionali in sistemi di stoccaggio, rete di trasmissione e surplus di produzione elettrica.

Si parla molto di ‘nucleare sostenibile’ riferendosi ad alcune tecnologie relative alla fissione. Qual è il suo punto di vista ed eventualmente quale potrebbe essere il ruolo della ricerca?

Il nuovo nucleare di generazione III+, in particolare gli SMR, presenta alti profili di sostenibilità, perché produce energia senza rilasciare emissioni climalteranti, garantisce un ridotto consumo di suolo a fronte della potenza elettrica installata ed un consumo idrico equivalente a quello delle attuali centrali a gas. Sarà quindi possibile installare gli SMR in sostituzione delle attuali centrali a gas che stanno arrivando a fine vita utile, senza dover modificare la rete elettrica. Si tratta di strutture dal design compatto, per circa due terzi interrate. E le scorie che producono sono in gran parte trattabili come rifiuti speciali, mentre solo il 3% è ad alta intensità. Sono inoltre in grado di offrire una serie di servizi addizionali alla produzione elettrica, come il teleriscaldamento, la produzione di vapore per l’industria e la produzione di idrogeno, ad esempio, che le rendono ideali per essere inserite in contesti quali i distretti industriali energivori del Nord Italia. La ricerca naturalmente può migliorare le prestazioni sotto molti aspetti. In particolare, ci attendiamo passi in avanti entro il 2040 per il nucleare di generazione IV, che potrebbe essere alimentato dai rifiuti nucleari delle generazioni precedenti, migliorando ulteriormente l’efficienza e la sostenibilità del sistema.

Nel marzo scorso Edison ha annunciato una lettera di intenti per lo sviluppo del nuovo nucleare, insieme a EDF, Ansaldo Energia e Ansaldo nucleare. Che cosa prevede?

Abbiamo firmato una lettera di intenti, con lo scopo di valutare potenziali cooperazioni industriali per lo sviluppo dell'energia nucleare sul mercato europeo ed italiano. In base all'intesa, Ansaldo Energia ed Ansaldo Nucleare, attraverso le proprie capacità ingegneristiche ed industriali, supporteranno lo sviluppo dei nuovi progetti nucleari del Gruppo EDF (SMR, EPR, EPR1200) e coopereranno con Edison per favorire le condizioni per lo sviluppo dell’energia nucleare in Italia.

Quali sono gli obiettivi?

Con questa intesa abbiamo avviato un gruppo di lavoro per approfondire la possibilità di riavviare la produzione nucleare in Italia, partendo dalla nuova tecnologia degli SMR. Il conflitto russo-ucraino e la crisi energetica innescatasi nel 2022 hanno reso evidente l’importanza di una strategia energetica di lungo periodo, che ponga al suo centro la sicurezza e l’indipendenza quali assi portanti. Il settore dell’energia compie necessariamente scelte di lungo termine che richiedono programmazione e che vanno predisposte per tempo. È proprio nell’emergenza del 2022 che abbiamo cominciato a maturare la nostra riflessione sul nuovo nucleare e sulla necessità di un confronto non ideologizzato su questa tecnologia, che permette di assicurare al contempo neutralità carbonica, diversificazione delle fonti di energia e competitività del tessuto industriale grazie a un costo dell’energia competitivo e pressoché fisso per la durata utile di un impianto

Sono in molti ad affermare che, se noi facessimo gli investimenti necessari nelle tecnologie per le fonti rinnovabili e per i sistemi di accumulo innovativi, il nucleare non servirebbe. Lei che cosa ne pensa?

Le rinnovabili giocano un ruolo cardine nella decarbonizzazione del nostro Paese. Tanto che noi di Edison dedicheremo oltre la metà del nostro piano di investimenti (5 miliardi) al 2030 proprio alla crescita organica dell’installato green, per portare la capacità rinnovabile dagli attuali 2 GW a 5 GW, più un 1 GW ulteriore dedicato ai sistemi di accumulo e alla produzione di idrogeno. Tuttavia, l’intermittenza e la non programmabilità delle rinnovabili (producono quando ci sono le condizioni meteo, non quando serve alla domanda elettrica) e la loro localizzazione prevalentemente al Sud, a fronte di una domanda elettrica concentrata per i due terzi al Nord, richiedono investimenti in sistemi di accumulo e rete tali da rendere economicamente più conveniente per il sistema il mantenimento di una quota di energia programmabile, in aggiunta alla produzione idroelettrica. L’energia nucleare è una fonte energetica che può sicuramente contribuire in modo efficiente e sostenibile a fornire quel contributo di energia programmabile. Siamo convinti che progettare in termini di ridondanza della rete e di diversificazione garantisca la più alta sicurezza possibile a livello di sistema e la maggiore efficienza sotto tutti i profili.

In campo nucleare si lavora anche alla fusione, la cosiddetta ‘energia delle stelle’ considerata dal mondo della ricerca una soluzione che consentirà di ottenere energia sicura, illimitata e sostenibile. Per altri si tratta di una tecnologia dalla realizzazione ancora molto lontana. A suo giudizio è così?

I progetti in corso nel campo della ricerca della fusione nucleare sono certamente molto interessanti ed è necessario investire sempre e continuamente in ricerca e innovazione, come anche voi stessi di ENEA state facendo con le sperimentazioni in corso in questi ambiti. Edison è da sempre impegnata nel progresso e crede in un approccio di neutralità tecnologica, cioè di apertura a tutte le possibili tecnologie utili alla realizzazione della transizione ecologica. Nel caso specifico della fusione nucleare, siamo tuttavia consapevoli che i tempi di sviluppo e di realizzazione sono molto lunghi e traguardano il 2050 e oltre.

feedback