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campo di grano

Il Capitale Naturale: un patrimonio (a rischio) da proteggere e valorizzare

Focus - Capire il nostro ambiente - ENEA per la scuola secondaria di primo grado

DOI 10.12910/EAI2021-048

di Fabio Eboli e Elisabetta Salvatori - Sezione Supporto Tecnico Strategico e Giacomo Pallante - Sezione trasferimento tecnologico verso i Paesi in Via di Sviluppo in ambito cambiamento climatico, ENEA

Uno dei beni più preziosi del nostro pianeta è il ‘Capitale Naturale’ che comprende la varietà degli organismi viventi che popolano la Terra, ma anche le risorse non viventi come aria, acqua, suolo e le risorse geologiche. Oggi siamo di fronte ad una grave e spesso irreversibile perdita di biodiversità: prendere consapevolezza che proteggere l’integrità del Capitale Naturale vuol dire tutelare la nostra stessa salute ed il nostro benessere è un passo fondamentale.

Uno dei beni più preziosi del nostro pianeta è il ‘Capitale Naturale’: l’insieme di piante, animali, funghi e microorganismi che interagiscono tra loro e con l’ambiente; un patrimonio fondamentale per l’umanità che comprende la ‘biodiversità’, ovvero la varietà degli organismi viventi che popolano la Terra, ma anche le risorse non viventi come l’aria, l’acqua e il suolo e le risorse geologiche [1]. Da questa definizione comprendiamo come il Capitale Naturale sia essenziale per la vita degli esseri umani e dell’ambiente stesso e come da esso dipendano la maggior parte delle attività socio-economiche. Il Capitale Naturale, inoltre, garantisce la fornitura  dei cosiddetti ‘servizi ecosistemici’ che possiamo classificare come segue (Figura 1):

  • servizi di approvvigionamento: sono i più facili da identificare, in quanto comprendono prodotti quali il cibo di origine vegetale o animale, materie prime come fibre tessili o legname, combustibili come il petrolio o il gas naturale, ma anche sostanze biochimiche e farmaceutiche come alcune medicine;
  • servizi di regolazione: meno evidenti ai nostri occhi, ma fondamentali. Comprendono tutti quei benefici ottenuti dalla regolazione dei processi naturali, come l’impollinazione, indispensabile per la produzione di frutti e semi, la regolazione del clima, dei flussi delle acque o la purificazione dell’acqua e dell’aria, quest’ultima operata soprattutto dalle piante e molto importante per ridurre l’inquinamento nelle nostre città;
  • servizi di mantenimento: sono necessari per la produzione di altri servizi ecosistemici, quali ad esempio la formazione dei suoli ed i cicli dei nutrienti;
  • servizi culturali: usufruiamo di un servizio culturale quando passiamo una giornata di svago nella natura, o in un parco cittadino (Figura 2), ma anche quando ammiriamo un paesaggio o un bosco (ne ricaviamo un beneficio estetico e di ispirazione) o quando impariamo a riconoscere le piante che fioriscono in un prato (ne ricaviamo un beneficio educativo). In questa categoria di servizi rientrano, inoltre, l’eredità culturale e i valori spirituali e religiosi associati alla natura.

Il valore del Capitale Naturale per il nostro benessere

Nonostante i servizi ecosistemici siano insostituibili per il benessere umano e per lo sviluppo socio-economico futuro, poiché molti di essi sono forniti in modo “gratuito” dalla natura, risultano invisibili ai nostri occhi: in altre parole, non dovendo pagare nulla per beneficiarne, l’umanità tende a non dargli il giusto valore. Gran parte dei servizi ecosistemici non vengono considerati nelle decisioni politiche, dai settori produttivi e dalle persone, in quanto non sono commercializzabili e non vengono quantificati in termini comparabili con i prodotti industriali. Purtroppo, la loro perdita, invece, comporta spesso costi molto alti, sia in termini di danni sul territorio sia, talvolta, di vite umane.

La scarsa considerazione del valore dei servizi ecosistemici nelle nostre decisioni ci ha infatti portato a ridurre notevolmente il Capitale Naturale; in particolare, negli ultimi 50 anni, a causa del forte aumento della popolazione e delle attività produttive e commerciali, abbiamo modificato gli ecosistemi più rapidamente e più estesamente che in qualsiasi altro periodo della storia, soprattutto per soddisfare la crescente domanda di cibo, acqua dolce, materie prime e suolo e, di conseguenza, abbiamo reso ancor più  pesante la nostra “impronta ecologica” sul pianeta [2],dimenticando che tutte le attività umane dipendono dall’integrità della biosfera (Figura 3).

Per tenere conto delle ricadute indirette e imparare a fare scelte migliori per la tutela del Capitale Naturale, una soluzione è quella di misurare tutti i possibili benefici che derivano dalla sua conservazione, anche quelli che non hanno un valore di mercato diretto.

Non si tratta di un’impresa semplice, anzi! Una possibile soluzione è di assegnare alle ricadute positive un valore monetario (quindi qualcosa che tutti noi ben conosciamo), in modo che tutti possano percepire con evidenza quanto sia ‘conveniente’ tutelarli.

Lo sfruttamento eccessivo degli ecosistemi

Lo sfruttamento eccessivo degli ecosistemi per ricavarne soprattutto servizi di approvvigionamento può ridurre la capacità di fornire altri servizi, meno visibili perché non li paghiamo, ma ugualmente fondamentali. Pensate al caso in cui per costruire case o per creare nuove zone agricole si disboschi una collina. Chi gestisce quei terreni riceve un profitto dall’attività edilizia o dalla produzione agricola; se invece mantenesse il bosco intatto, non riceverebbe nessun guadagno. Tuttavia, quel bosco genera dei benefici per l’umanità come il sequestro della CO2 (che riduce il cambiamento climatico), oppure potrebbe bloccare delle frane evitando distruzione e morti.

Senza un corretto bilanciamento (Figura 1), riduciamo in particolare la capacità degli ecosistemi di offrire mantenimento e regolazione, rendendoci più vulnerabili ad eventi quali alluvioni, piogge intense, ondate di calore estive, ecc. E’ importante imparare a comprendere il contributo che proviene dalla ricchezza della vita presente nelle foreste e nei boschi, l’importanza di conservare la qualità di fiumi e laghi, l’opportunità di tutelare le aree costiere e montane e la necessità di migliorare la qualità dell'ambiente nelle nostre città aumentando gli spazi verdi.

I rischi, le opportunità e l’impatto della pandemia

Nel 2005 è stato pubblicato il risultato della “Valutazione degli ecosistemi del millennio” [3], un report promosso dalle Nazioni Unite, che già allora mostrava come il 60% dei servizi ecosistemici venisse utilizzato in maniera non sostenibile, mettendone a rischio la disponibilità per le generazioni future. E l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) nel suo ultimo rapporto del 2019 [4] evidenzia una sostanziale, e in gran parte irreversibile, perdita di biodiversità con circa 1 milione di specie animali e vegetali minacciate di estinzione entro pochi decenni.

Il 2020 è stato invocato da molte istituzioni ed associazioni ambientaliste come l’anno in cui ripensare il ruolo del Capitale Naturale, indicando nuovi e più ambiziosi obiettivi internazionali ed europei per arrestare la perdita di biodiversità e il consumo di nuovo suolo ed adottare tutta una serie di azioni concrete (soluzioni basate sulla natura [5]) per il “restauro” o “recupero” degli ecosistemi. Questa volontà è stata bruscamente interrotta dalla diffusione della pandemia.

Ironia della sorte, la cattiva gestione dell’ambiente è tra le cause della pandemia da COVID-19, in quanto è noto come la distruzione degli habitat favorisca il passaggio di virus dagli animali selvatici a quelli domestici e all’uomo (effetto spillover) [6]. Sembra che la Terra, mai come questa volta, abbia voluto darci un segnale della sua capacità, ormai al limite, di tollerare le pressioni cui viene sottoposta dalle attività umane.

Prendere consapevolezza che proteggere l’integrità del Capitale Naturale vuol dire proteggere la nostra stessa salute ed il nostro benessere (paradigma dell’One Planet, One Health) è il primo passo. Mentre in passato questa consapevolezza era quasi del tutto assente tra i cittadini ed i governi, oggi lo sviluppo sostenibile è al centro delle decisioni di molti Stati, spinti anche dall’impeto delle giovani generazioni che pretendono un mondo vivibile e prospero. Solo continuando a conoscere, agire ed esigere cambiamenti nel modello socio-economico sarà possibile orientarci verso uno sviluppo migliore, compatibile con le esigenze della nostra “casa” comune.  

Figura 1 – Il capitale naturale fornisce differenti categorie di servizi ecosistemici: il loro bilanciamento è essenziale per il funzionamento degli ecosistemi e per la tutela della biodiversità. (Modificato da: Unione Europea, 2017. Science for Environment Policy, In-depth report 16. Taking stock: progress in natural capital accounting)
Figura 2 – L’ampia gamma di servizi culturali offerti da un parco urbano. (Modificato da Agenzia Europea per l’Ambiente (2019), Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health and well-being in Europe)
Figura 3 – L’impronta ecologica rappresenta la capacità del Pianeta di tollerare il carico di pressioni delle attività umane. (Modificato da https://www.footprintnetwork.org/our-work/ecological-footprint/)

Per info: 

 

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