Copertina della rivista
casa distrutta dal terremoto

'Prevenire' i terremoti con la cultura della sicurezza

Focus - Capire il nostro ambiente - ENEA per la scuola secondaria di secondo grado

DOI 10.12910/EAI2021-055

di Paolo Clemente - Laboratorio Analisi e Protezione delle Infrastrutture Critiche, ENEA

Se pensiamo al tributo in vite umane, ma anche in termini economici causato dai terremoti che hanno colpito il nostro Paese, avremmo dovuto imparare che prevenire è molto meglio che ricostruire. Lo si dice sempre e poi nella pratica lo si dimentica. E invece la cultura della sicurezza è fondamentale così come quella dell’informazione: essere informati non deve procurare inutili allarmi, ma è molto importante per prepararci a fronteggiare il pericolo. È questo il punto di partenza per le giovani generazioni.

"Non riesco a capire perché in Italia quando parlate di ricostruzione antisismica pensate sempre a qualcosa che si fa dopo un terremoto e mai prima": quest’affermazione di Shun Niitsu del Shigeru Satoh Laboratory della prestigiosa Università Waseda di Tokyo sull’approccio alla sicurezza sismica nel nostro Paese è, purtroppo, vera. E la storia lo dimostra.

Quando nel dicembre 1908 una forte scossa distrusse Messina e Reggio Calabria, in nessun comune italiano era richiesto di tener conto degli effetti dei terremoti nella progettazione delle strutture, come se il nostro Paese non si fossero verificati eventi sismici significativi. Invece nel corso dei secoli vi sono stati numerosi e intensi eventi sismici, a seguito dei quali erano state emanate norme severe.

Dopo il terremoto del 30 luglio 1627 in Campania e Puglia, ad esempio, per la ricostruzione fu prescritto il “sistema baraccato alla beneventana”, un’ingegnosa struttura intelaiata in legno per rafforzare i muri; a seguito del sisma del 5 febbraio 1783 in Calabria e Sicilia, Ferdinando IV di Borbone impose rigide regole per la scelta dei siti, delle tipologie strutturali e dei dettagli costruttivi. E dopo il terremoto di Norcia del 22 agosto 1859, Papa Pio IX emanò norme molto severe per la ricostruzione. Tuttavia, dopo l’unificazione dell’Italia le regole sismiche preesistenti furono rese meno stringenti in base al principio “liberi edifici in libera nazione” e così, anche dopo il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, la necessità di favorire lo sviluppo turistico dell’isola ebbe il sopravvento sulle rigorose norme approvate per la ricostruzione.

La classificazione sismica

La prima classificazione sismica in Italia risale al Regio Decreto n. 193 del 18 aprile 1909, emanato a seguito del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, in cui si elencavano i comuni in Sicilia e Calabria, nei quali era posto l’obbligo di rispettare le norme tecniche per l’edificazione delle nuove costruzioni e per la riparazione di quelle danneggiate dal sisma. Il decreto, però, riguardava soltanto i comuni dove si era appena verificato un terremoto.

Con questo criterio di inseguire gli eventi che man mano si verificavano, si è operato fino a tempi recenti, tanto che al momento di un altro violento evento sismico, quello Campano-Lucano del 1980, soltanto il 25% del territorio nazionale era classificato sismico.

Dal passato avremmo dovuto imparare anche che prevenire è molto meglio che ricostruire, cosa ovvia se si pensa al tributo pagato in vite umane ma anche in termini puramente economici. Stimare l’impegno economico necessario per un’adeguata riduzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale è difficile; certe sono, invece, le somme già stanziate per le ricostruzioni dopo i vari eventi dal 1968, anno del sisma del Belice, che secondo una ricerca del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ammontavano già nel 2012 a oltre 120 miliardi di euro, cifra destinata a crescere sia a causa delle ricostruzioni ancora in corso sia per gli eventi futuri, ma che non tiene conto degli ingenti danni economici causati dalle interruzioni delle attività produttive, del commercio, del turismo e altro.

Oggi tutta l’Italia è considerata sismica, con intensità variabile da sito a sito. Eppure negli anni si è costruito tanto, al più rispettando le norme vigenti al momento della costruzione, con la ovvia conseguenza che gran parte delle strutture e infrastrutture esistenti non ha un grado di sicurezza soddisfacente.

Secondo lo speciale ENEA “100 anni di ingegneria sismica (https://www.eai.enea.it/archivio/anno-2015.html) pubblicato in occasione del centenario del terremoto di Avezzano del 1915 che fece ben 30.000 vittime e distrusse circa 20 centri abitati, i ricercatori dell’Agenzia sottolineano che ad oggi, in Italia, “oltre il 70% dell’edificato attuale non è in grado di resistere ai terremoti che potrebbero colpirlo, comprese scuole, ospedali e molti altri edifici strategici”. Lo Speciale si sofferma sulle problematiche della pericolosità sismica, le indagini storiche, l’analisi dei danni causati dai recenti terremoti e, soprattutto, sulle moderne tecnologie antisismiche per la progettazione di nuove costruzioni e l’adeguamento di quelle esistenti.

Le iniziative per la prevenzione: incentivi e tecnologie

Negli ultimi anni, qualche iniziativa interessante per avviare un processo di prevenzione è stata presa: ad esempio, le detrazioni fiscali delle spese per interventi strutturali antisismici e il cosiddetto sismabonus mentre una certa delusione c’è stata nel verificare che il recente Recovery plan non contempla nulla in tema di prevenzione sismica: la politica sembra essersi dimenticata ancora una volta della sicurezza delle nostre case e dei nostri luoghi di lavoro.

Tuttavia, non è solo colpa dei politici se troppo spesso si guarda ad un orizzonte breve, perché va riconosciuto che non c’è una decisa domanda di sicurezza da parte dei cittadini se non dopo un disastro: questo è un limite negativo che deve essere superato.

Ad esempio, la fase di emergenza, che segue un terremoto e che dura almeno alcuni mesi, attira l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media: per giorni e giorni non si parla di altro e tutti all’unisono invocano maggiore impegno nella prevenzione delle catastrofi naturali e nella mitigazione dei loro effetti. Poi l’attenzione scema rapidamente, i media si occupano di altro, il tema non fa più audience e la sicurezza viene gradualmente e inesorabilmente dimenticata … in attesa dei futuri disastri.

Non mancano le contraddizioni: si chiede maggiore sicurezza per le scuole (si ricordi lo scalpore suscitato dal crollo della scuola Jovine a San Giuliano di Puglia nel 2002, con la morte di 27 bambini e di una maestra), ma poi ci si lamenta quando una scuola viene chiusa a scopo preventivo.

Un contributo di rilievo alla messa in sicurezza sismica può venire dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica. In ENEA, ma non solo, vengono sviluppate numerose attività e progetti per la prevenzione, grazie anche alla presenza di infrastrutture uniche, in grado di simulare le azioni sismiche sulle costruzioni o parti di esse. Vengono inoltre sviluppati sensori avanzati per monitorare il comportamento statico e sismico di monumenti ed edifici strategici e di particolare rilevanza ma anche di ponti, viadotti e altre infrastrutture.

Di recente ENEA ha presentato un brevetto per realizzare edifici ex novo “a danno zero” e per ricostruire in sicurezza i centri storici, sviluppato in collaborazione con Tekva, azienda toscana che opera in Italia e all’estero nel mercato delle opere civili. Si tratta di una piattaforma in cemento armato, alleggerita mediante tubi in vetroresina e dotata di isolatori sismici, che consente di abbattere fino all’80% gli effetti delle scosse sismiche sugli edifici, con tempi di costruzione ridotti e a costi competitivi, rispettando l’assetto urbanistico e architettonico dei centri urbani preesistenti. Oltre al vantaggio dell’isolamento sismico, il sistema offre la possibilità di utilizzare i tubi per il passaggio dei servizi (acquedotto, fognature, gas, impianti elettrico e telefonico, teleriscaldamento) rendendone semplici ed economiche l’installazione, l’ispezione e la manutenzione.

Tuttavia, anche le migliori soluzioni tecnologiche necessitano che vi sia la percezione del rischio, rispetto al quale la ‘terapia’ non può che essere un cambio radicale della nostra cultura della sicurezza. È questo il punto di partenza da trasmettere alle giovani generazioni.

Prevenzione ed educazione all’informazione

Ma che cosa vuol dire fare prevenzione, questa sconosciuta? Vuol dire arrivare ‘prima’ del disastro, farsi trovare preparati in modo da mitigarne gli effetti e poter ripristinare rapidamente la situazione preesistente e, se possibile, migliorarla. L’efficacia della prevenzione non può essere valutata “col senno del poi”: bisogna intervenire ovunque per essere preparati in quei pochi casi in cui ce ne sarà effettivamente bisogno. Dobbiamo, in altre parole, puntare a una maggiore resilienza e per far questo dobbiamo intervenire in tempo utile, prima del disastro, ma anche prima che le condizioni delle nostre strutture non siano tanto deteriorate da non essere recuperabili se non a costi proibitivi: si pensi alla situazione delle nostre infrastrutture stradali e ai numerosi crolli cui abbiamo assistito negli ultimi anni.

Fare prevenzione, però, non è semplice: come affermava Kofi Annan, quando era Segretario Generale ONU: “Strategie di prevenzione più efficaci consentirebbero non solo di risparmiare decine di miliardi di dollari, ma anche di salvare migliaia di vite umane. Ma costruire una cultura della prevenzione non è facile, perché mentre l’investimento in prevenzione si paga subito, i benefici si potranno avere solo a distanza di tempo. Inoltre, i benefici non saranno tangibili in quanto consisteranno nei disastri che saranno stati evitati”.

Di fatto, fare prevenzione significa investire affinché strutture e infrastrutture siano concepite e realizzate tenendo conto che il nostro è un Paese a rischio sismico, e che quelle esistenti vengano migliorate con opportuni interventi. Purtroppo, i numeri relativi all’utilizzo del sismabonus di cui detto, introdotto proprio con questi obiettivi, non sono al momento incoraggianti.

In questo contesto, l’informazione riveste un ruolo di particolare rilievo: chi deve prendere decisioni importanti preferirebbe, anche in buona fede, non dover dare molte spiegazioni, non avere contraddittorio, non subire critiche, ma ciò non è possibile in democrazia. Appare ovvio che i cittadini abbiano il diritto/dovere di essere informati e di difendere la propria vita; è altrettanto ovvio, però, che dovrebbero essere educati ad essere informati e a saper riconoscere le informazioni utili.

D’altra parte, se l’informazione crea allarme e panico, rischia di diventare controproducente: quando capiremo che essere informati può aiutare a prepararci a fronteggiare il pericolo, allora saremo in grado di utilizzare l’informazione al meglio.

L’educazione all’informazione e a come reagire razionalmente non può che partire dalle scuole, dove viene anche costruita la futura classe dirigente del paese. Al riguardo, risuonano ancora le parole del famoso Discorso agli Ateniesi di Pericle: “Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così”. Era il 461 a.C., ma sembrano parole di un futuro ancora molto lontano.

Effetto dei terremoti sui fabbricati e tecnologie per la sicurezza sismica - Alternanza scuola/lavoro

L'Italia è un paese ad alto rischio sismico. In 2500 anni, infatti, la Penisola è stata interessata da più di 30.000 terremoti di media e forte intensità. Alla elevata pericolosità, dovuta alla frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e all'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, si somma una vulnerabilità molto elevata, per la notevole fragilità del patrimonio edilizio, nonché del sistema infrastrutturale, industriale, produttivo e delle reti dei servizi. L’elevatissimo impatto sociale ed economico dei terremoti rende estremamente urgente una azione preventiva di adeguamento sismico del patrimonio edilizio e di creazione di una cultura della sicurezza. E’ nata da queste motivazioni l’iniziativa di alternanza scuola/lavoro dell’ENEA per informare gli studenti sugli effetti dei terremoti sui fabbricati, sulle tecnologie di miglioramento sismico e sui principi di sperimentazione sismica. L'azione di formazione consiste in 5 lezioni da 1 ora, nel corso delle quali i ricercatori mostreranno l'uso delle tecnologie illustrate. Le lezioni sono propedeutiche all'esperienza diretta presso il laboratorio dove gli alunni assisteranno alle prove su tavola vibrante di dispositivi di protezione sismica per statue, teche museali e apparecchiature delicate per infrastrutture strategiche.

Sviluppo competenze

Gli studenti potranno acquisire le conoscenze sugli effetti dei terremoti sui fabbricati ed assistere direttamente a tutte le fasi dell'organizzazione di una prova sperimentale in laboratorio, il cui esito dipende anche dal lavoro in team, relazionandosi con il mondo della ricerca applicata. Inoltre, i ragazzi potranno verificare sperimentalmente le nozioni teoriche di fisica e scienza, acquisendo altresì una maggiore consapevolezza della prevenzione sismica.

Metodologie e strumenti di lavoro

Durante lo svolgimento delle attività, gli studenti utilizzeranno, o comunque avranno  modo di osservare da vicino, le strumentazioni per le indagini non distruttive:

  • ultrasuoni, prove soniche, termocamere, laser scanner;
  • per il monitoraggio sismico come sismometri e accelerometri;
  • le tavole vibranti per prove sismiche, sistemi di controllo e pilotaggio della tavola vibrante;
  • sistema di motion capture 3D Vision.

La strumentazione citata non richiede l'uso di particolari dispositivi di protezione individuale.


Per info:

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