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POC

Nuovi modelli per il trasferimento della conoscenza dalla ricerca all'impresa

DOI 10.12910/EAI2023-048

di Gaetano Coletta, Responsabile Servizio Offerta e Valorizzazione Servizi di Innovazione - ENEA

ENEA sta sviluppando un nuovo modello del trasferimento tecnologico e della conoscenza basato su partnership strategiche di lungo periodo. In questo contesto assumono un ruolo di rilievo i programmi di Proof of Concept.

La maggior parte dei risultati della ricerca pubblica (sviluppata dalle università e dagli enti pubblici di ricerca) difficilmente raggiunge un livello di maturità tecnologica (misurata dal TRL – Technology Readiness Level su una scala da 1 a 9) tale da attrarre gli investimenti privati che sarebbero necessari per valorizzarli sul mercato e generare, di conseguenza, un impatto reale sui nostri sistemi socio-economici. Nella fase iniziale dello sviluppo di un’innovazione, spesso, non solo il nuovo prodotto non è ancora pronto, ma, il più delle volte, lo stesso mercato cui si rivolge ancora non esiste; inoltre, nel corso della definizione della forma definitiva di una tecnologia, questa potrebbe ulteriormente evolvere per portare alla creazione di prodotti differenti e per target di mercato diversi da quelli inizialmente ipotizzati. In altri termini, per tecnologie con TRL relativamente basso, la value proposition per il mercato non è ancora chiara ed è difficile calcolare il potenziale ritorno di un investimento nel suo sviluppo.

Per tentare di evitare che troppi risultati della ricerca pubblica non vengano pienamente sviluppati e non riescano a trasformarsi in nuovi prodotti e processi, fin dai primi anni 2000 negli USA sono stati costituiti dei programmi di proof of concept finalizzati ad accelerare la commercializzazione delle invenzioni scaturite dai laboratori universitari: del 2001 è il “von Liebig Center”, dell’Università della California di San Diego (UCSD), mentre del 2002 è il Deshpande Center, del Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Tali esperienze si sono successivamente e rapidamente diffuse sia negli USA che in Europa, soprattutto nei paesi del nord-ovest, e in Israele. Negli ultimi 6/7 anni, anche in Italia si è finalmente assistito ad una forte crescita di programmi di proof of concept, con i programmi finanziati internamente da alcune università (ad esempio, Politecnico di Torino ed Università di Bologna) ed enti di ricerca (come l’ENEA), con i finanziamenti governativi alla base dei bandi PoC del Ministero dello Sviluppo Economico/Ministero dell’Industria e del Made in Italy (oltre 13 milioni di euro per due bandi), con la creazione di fondi di venture capital dedicati alla valorizzazione della ricerca pubblica italiana nell’ambito della piattaforma ITAtech di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Fondo Europeo degli Investimenti (EIF) o i Poli di Trasferimento Tecnologico coordinati dal Fondo di Technology Transfer sempre di CDP.

La creazione di start up è solo uno dei possibili canali per il trasferimento tecnologico

La stragrande maggioranza di tutte queste iniziative, sebbene rappresentino un’importante svolta nella politica dell’innovazione nazionale, accendendo in particolare l’attenzione sulla necessità di migliorare l’efficienza dei processi di trasferimento della conoscenza dal mondo della ricerca pubblica a quello del tessuto produttivo, si caratterizzano per un bias verso la creazione di start up come canale privilegiato per il trasferimento tecnologico. Tuttavia, la creazione di start up è solo uno dei possibili canali per il trasferimento tecnologico: fra gli altri canali si considerino, ad esempio, le pubblicazioni e le collaborazioni strutturate, il trasferimento di personale e il licensing, …. E così come i modelli di innovazione sono settorialmente caratterizzati, anche i vari meccanismi di trasferimento della conoscenza assumono diversa importanza in funzione del settore applicativo cui si rivolgono.

Si considerino al riguardo le profonde disparità, sia territoriali che settoriali, che si osservano per gli investimenti di venture capital in start up. Inoltre, i ricercatori a cui viene chiesta la creazione dei veicoli societari finalizzati al trasferimento tecnologico delle loro attività di ricerca, spesso non hanno le competenze manageriali e la visione del mercato necessari per integrare nel processo di sviluppo di una tecnologia la gestione del rischio di mercato, e se anche tali competenze fossero acquisibili con corsi dedicati, si potrebbe discutere se, in un’ottica sistemica basata sulla divisione del lavoro, modificare l’impiego di risorse umane specializzate nella ricerca, soprattutto nel caso di ricercatori con anni di esperienza, sia una strategia efficiente.

Tutti i percorsi di valorizzazione (che avvengano attraverso il licensing ad un’impresa già costituita o tramite la costituzione di una nuova società spin-off, ad esempio) devono avere da un punto di vista del trasferimento tecnologico la loro validità e vanno tenuti aperti come possibili opzioni per massimizzare il coinvolgimento e la collaborazione con il sistema imprenditoriale e finanziario.

I programmi di proof of concept possono rivelarsi uno strumento molto importante in tale direzione, soprattutto se nella loro definizione non si dimentica che al cuore dei processi di trasferimento della conoscenza vi sono le interazioni fra ricercatori e uomini delle imprese e della finanza e l’incontro delle loro conoscenze complementari (tecniche e di mercato).

Nessuna organizzazione (impresa o organizzazione della ricerca pubblica) possiede tutte le competenze necessarie per gestire la rapida evoluzione della tecnologia e dei mercati, nessuna organizzazione può fare affidamento solo sulle proprie idee. Secondo un approccio di open innovation, quindi, è necessario gestire le connessioni con gli altri attori detentori di conoscenze e competenze, aumentando le occasioni di collaborazione e di knowledge exchange. Proprio i programmi di PoC possono rappresentare un modello che favorisca il matching tra i soggetti del sistema innovativo che possiedono know-how complementari fra loro, collocandolo nelle fasi embrionali di definizione di una tecnologia, con flussi di conoscenza scambiati in maniera multidirezionale tra di loro.

Il matching fra i diversi attori coinvolti

Come la letteratura di settore e l’esperienza maturata negli anni sul campo evidenziano, il matching, la collaborazione, tra i diversi attori coinvolti nel processo di sviluppo fin dalle fasi embrionali di definizione di una tecnologia è cruciale per aumentare sensibilmente le probabilità di adozione dei risultati della ricerca pubblica da parte del mondo produttivo. Il rischio tecnologico e quello di mercato, entrambi impliciti nello sviluppo di una nuova tecnologia, devono essere gestiti da subito in maniera integrata con flussi di conoscenza scambiati in maniera multidirezionale. Di conseguenza, sia la maturità tecnologica dell’innovazione che la sua value proposition devono essere sviluppate contemporaneamente.

Dal punto di vista del trasferimento tecnologico, questo implica uno spostamento dal tradizionale approccio di “technology push”, in cui il processo è guidato dai risultati scientifico-tecnologici realizzati autonomamente, ad un approccio “market pull”, in cui una collaborazione precoce con le imprese non significa che queste dettino e decidano l’orientamento della ricerca pubblica, ma che le competenze scientifico-tecnologiche si confrontino con i bisogni e le opportunità del mercato nella progettazione di nuove idee di ricerca, mirando ad un modello di open innovation, basato su un sistema di consolidate relazioni di lungo termine.

A partire dal Piano Triennale di Attività (PTA) 2018-2020, l’ENEA ha adottato una nuova strategia finalizzata proprio a spostare il focus delle attività di trasferimento tecnologico dal tradizionale approccio di “technology push” ad un approccio “market-pull”, e il proprio programma di PoC è stato conseguentemente disegnato per cercare di favorire questo processo. Fin dal primo bando, i progetti finanziati per innalzare il livello di maturità tecnologica delle innovazioni dell’ENEA (non necessariamente già coperte da privative industriali) si sono caratterizzati per la centralità della collaborazione ricerca pubblica-impresa; le imprese sono state coinvolte nella scrittura dei progetti per sviluppare le tecnologie per cui avevano manifestato il proprio interesse e, per ridurre il rischio dell’investimento in innovazione in una fase ancora embrionale della nuova tecnologia, nei primi 2 bandi sperimentali è stato richiesto al partner industriale solo un contributo in-kind, se il TRL non superava un livello minimo.

In alcuni casi la collaborazione che ne è conseguita è stata pienamente soddisfacente, evidenziando tutto il potenziale di questo strumento e il superamento del bias verso lo strumento del nuovo veicolo societario che caratterizza, invece, la gran parte dei programmi di PoC fin qui creati. In un caso, ad esempio, dopo la conclusione del progetto di PoC, avendo trovato il partner industriale molto soddisfacenti i risultati per i propri bisogni innovativi, questo ha deciso di investire ulteriormente nello sviluppo della tecnologia, finanziando un nuovo progetto di ricerca commissionata all’ENEA e acquisendo l’opzione per la licenza esclusiva del nuovo brevetto generato dal progetto di PoC.
In un altro caso, al termine del progetto di PoC, il partner industriale e il gruppo di ricerca ENEA hanno deciso di valorizzare i risultati ottenuti creando una start up partecipata da entrambi i partner di progetto, riconosciuta come spin-off ENEA. Anche in questo caso, i risultati del progetto di PoC sono stati concessi in licenza esclusiva, ma questa volta alla start up.

La partecipazione finanziaria ai progetti PoC

Tuttavia, il coinvolgimento di partner industriali in progetti PoC, richiedendo loro, in caso di TRL di partenza basso, solo un cofinanziamento in-kind e non finanziario, troppo spesso non ha generato il contributo atteso in termini di visione di opportunità e bisogni di mercato e non si è tradotto in un serio impegno nella valorizzazione dei risultati comunque ottenuti dai progetti. La partecipazione anche finanziaria da parte dei partner industriali ai progetti PoC, sebbene con un contributo ridotto e comunque commisurato al livello di TRL raggiunto, potrebbe contribuire a selezionare solo i partner veramente interessati ad una partnership strategica per l’innovazione con l’ENEA.

Tale esperienza conferma, quindi, che il cambiamento da un approccio basato sulla promozione e la vendita, ad uno fondato sull’integrazione e sulla gestione delle relazioni, per coniugare bisogni sociali e del mercato con le competenze maturate dalla ricerca, debba implicare l’adozione di una strategia volta alla costruzione e al mantenimento di relazioni continuative e di lunga durata con gli stakeholder del sistema innovativo disposti ad essere coinvolti in tale approccio: il valore creato da un’efficace attività di valorizzazione della tecnologia, piuttosto che nelle singole transazioni, quindi, è nella costruzione di relazioni con imprese e finanziatori che vogliono investire in innovazione e collaborare allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche in una logica “win-win”.


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