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idrogeno

Idrogeno, vettore energetico per la decarbonizzazione

Focus - Fonti rinnovabili, idrogeno, città smart e mobilità sostenibile

DOI 10.12910/EAI2022-061

di Giulia Monteleone, Responsabile Divisione Produzione, Storage e Utilizzo dell’energia - ENEA

È oramai opinione diffusa che l’idrogeno avrà un ruolo chiave come fattore abilitante per conseguire la decarbonizzazione del sistema energetico europeo. Perché proprio l’idrogeno? Perché può generare energia “pulita”, senza che vi sia associata nessuna emissione di CO2 in atmosfera.

L’Europa, con il Green New Deal, si è candidata a diventare nel 2050 il primo continente al mondo ad impatto climatico zero. La transizione verso una società climaticamente neutra coinvolgerà diversi settori della società e dell’economia: energetico, industriale, civile, finanziario, regolatorio. Ed è oramai opinione diffusa che l’idrogeno in tale contesto avrà un ruolo chiave: infatti l’Unione Europea, nelle sue recenti strategie (An EU Strategy for Energy System Integration, A Hydrogen Strategy for a Climate-Neutral Europe) lo indica come uno dei fattori abilitanti per la decarbonizzazione del sistema energetico, individuando tra le priorità la necessità di perseguire una domanda in tutti quei settori dove l’uso diretto dell’energia elettrica è di difficile implementazione.

La carta d’identità dell’idrogeno

L’idrogeno è il primo elemento della tavola periodica ed è, quindi, il più leggero; è più facilmente immagazzinabile a lungo termine rispetto all’energia elettrica; è reattivo, possiede un alto contenuto di energia per unità di massa e può essere prodotto su scala industriale; la sua generazione (idrogeno green) e combustione non sono associati alla produzione di anidride carbonica (CO2) e non comportano emissioni climalteranti dirette.

Allo stato elementare l’idrogeno esiste sotto forma di H2; a pressione atmosferica e a temperatura ambiente è un gas incolore, inodore, infiammabile.

È l'elemento più abbondante dell'universo osservabile e ne costituisce circa il 75%, anche se sulla superficie terrestre non è sostanzialmente presente nella sua forma molecolare. Lo si trova sempre combinato con altri atomi, ad esempio con l’ossigeno nel formare l’acqua, o con il carbonio in diversi idrocarburi (il più semplice è il metano CH4), nonché in piante, animali e in altre forme di vita essendo un costituente essenziale delle molecole organiche.

Per poter essere utilizzato l’idrogeno deve allora essere ‘estratto’ da molecole più complesse, e quindi ‘prodotto’ da uno dei composti in cui si trova.

Le tecnologie per produrre l’idrogeno

Il gas naturale è attualmente la fonte più utilizzata per produrre idrogeno, attraverso il processo di reforming. L’idrogeno, prodotto dai processi di reforming dei combustibili fossili, viene definito idrogeno “grigio”; quello prodotto da gas naturale rappresenta circa i tre quarti della produzione annuale globale con circa 70 milioni di tonnellate, utilizzando circa 205 miliardi di metri cubi di gas naturale (6% del consumo globale di gas naturale). Ciò si traduce in emissioni di CO2: 10 tonnellate di CO2 per tonnellata di idrogeno (tCO2/tH2) prodotto da gas naturale.

Le strategie e le roadmap europee guardano alla produzione di idrogeno “verde”, ovvero ottenuto da fonti rinnovabili senza emissioni in atmosfera di gas climalteranti. Il processo maggiormente consolidato e tecnologicamente maturo per produrre idrogeno verde è l’elettrolisi dell’acqua (ossia la scissione in idrogeno e ossigeno) alimentata da energia rinnovabile, ad esempio fotovoltaico e/o eolico.

Le tecnologie di elettrolisi possono essere distinte tra bassa temperatura e alta temperatura.

Con riferimento alla bassa temperatura, oltre agli elettrolizzatori alcalini, sono oggi disponibili sul mercato elettrolizzatori PEM (a membrana polimerica), caratterizzati da una maggiore flessibilità, a fronte di una minore efficienza. Al fine di accrescere la diffusione delle applicazioni energetiche (integrazione con fonte rinnovabile) occorre potenziare ricerca e innovazione per ridurre i costi di investimento (CAPEX) e di gestione (OPEX), aumentare efficienza e vita utile; migliorare le prestazioni in regime dinamico e la resistenza a frequenti cicli avvio-arresto, etc.. La tecnologia degli elettrolizzatori alcalini con membrana a scambio anionico (AEM), attualmente in fase di sviluppo, presenta le potenzialità per perseguire questi obiettivi.

Con riferimento alle tecnologie ad alta temperatura, un fronte di innovazione di particolare interesse riguarda l’elettrolisi del vapore ad alta temperatura, potenzialmente più efficiente dal punto di vista energetico rispetto all’elettrolisi dell’acqua, in quanto consente di sostituire una parte dell’elettricità necessaria per il processo con calore a bassa temperatura. Le celle elettrolitiche ad ossidi solidi, operanti a temperature superiori ai 700°C, rappresentano i sistemi di elettrolisi del vapore più maturi dal punto di vista tecnologico; più recentemente, sono stati considerati sistemi di elettrolisi del vapore a carbonati fusi, caratterizzati da temperature operative più basse (<650°C), con potenziali vantaggi in termini di sicurezza e gestibilità dell’impianto.

Oltre all’elettrolisi, altre soluzioni basate sull’utilizzo delle biomasse o del calore solare, sono da considerare per la produzione di idrogeno verde, anche nell’ottica di valorizzare la flessibilità del vettore idrogeno rispetto al mix energetico ed al contesto produttivo locale. Ad esempio, il calore rinnovabile ad alta temperatura ottenuto in impianti solari a concentrazione può essere utilizzato per alimentare cicli termochimici di water splitting (ovvero scissione della molecola di acqua in idrogeno ed ossigeno).

Sempre nell’ambito dei processi termochimici, è anche possibile adattare i processi di produzione di idrogeno convenzionali basati sulla trasformazione di fonti carboniose (ad es. steam reforming) all’alimentazione con energia e materie prime rinnovabili quali biogas o biometano. Quest’ultimo approccio, che presuppone un cambiamento meno radicale nei sistemi produttivi rispetto alle altre soluzioni proposte, potrebbe essere accolto con maggior favore dall’industria nel breve periodo, consentendo di valorizzare almeno parzialmente know-how e asset già disponibili.

Nonostante i rilevanti investimenti in R&D&I su processi e tecnologie per produrre idrogeno verde, l’idrogeno grigio non potrà essere nel breve termine completamente sostituito, soprattutto per aspetti di natura economica; oggi l’idrogeno prodotto da elettrolisi dell’acqua costa circa tre volte in più di quello prodotto da metano. In questo scenario e con un obiettivo di accompagnamento graduale all’idrogeno verde si colloca l’idrogeno “blu”, ossia quello prodotto dagli stessi processi di reforming, integrati con sistemi di cattura e sequestro della CO2 generata durante il processo stesso.

La catena del valore dell’idrogeno – potenziali applicazioni

Insieme alle fonti rinnovabili, l’idrogeno rappresenta un candidato di primo piano per garantire la sostenibilità energetica e promuovere lo sviluppo ecosostenibile. Ciò anche grazie alla sua peculiarità di poter agire come vettore energetico nei diversi settori applicativi: industriale, civile, residenziale, mobilità e trasporto, energetico.

  • Mobilità: si identificano come settori a maggior potenziale le filiere del trasporto pesante su gomma (truck e autobus), material handling, trasporto ferroviario e marittimo. Nel breve periodo, il ricorso a flotte di mezzi (trasporto pubblico, mezzi per la raccolta dei rifiuti, mezzi di movimentazioni merci) potrebbe accelerare la penetrazione dell’idrogeno nel settore della mobilità, garantendo la possibilità di ricorrere a stazioni di rifornimento centralizzate. Nel lungo periodo si dovrà favorire la penetrazione e la diffusione omogenea delle tecnologie ad idrogeno per la mobilità in ambito nazionale; sarà, di conseguenza, necessario realizzare stazioni di rifornimento di idrogeno coprendo le principali direttrici di trasporto di persone e di merci sul territorio nazionale.
  • Decarbonizzazione dei carburanti: la combinazione di idrogeno, ottenuto dal surplus di rinnovabili, con la CO2 da effluenti industriali o da impianti a biogas/biometano, permetterebbe la produzione di combustibili a bassa impronta di carbonio, favorendo al tempo stesso la crescita di un settore industriale e manifatturiero già esistente e di riconosciuto valore nazionale.
  • Settore industriale: promuovendo nel breve l’utilizzo, almeno parziale, di idrogeno verde e/o blu (in sostituzione di quello grigio) nei settori maggiormente energivori (hard to abate) o ad alta emissione di CO2, come le raffinerie ed alcune industrie chimiche, le acciaierie ed altri settori che impiegano calore di processo ad alta temperatura (industria del vetro, ceramica, industria alimentare, cemento) attualmente prodotto con il metano.
  • Settore termico residenziale: rappresenta un interessante settore di utilizzo, che può favorire la domanda diffusa di idrogeno, contribuendo, nel contempo, al processo di de-carbonizzare del patrimonio edilizio nazionale, in particolare di elevato valore storico-architettonico per il quale l’elettrificazione diretta con pompe di calore non è sempre possibile, nonché alla crescita dell’industria manifatturiera nazionale che vanta numerosi produttori in ambito termotecnico (caldaie, valvolame, controlli, componenti, etc..). Infine, i sistemi di riscaldamento per il settore termico residenziale sono già in parte pronti per l’alimentazione con miscele idrogeno/gas naturale.

La possibilità di trasporto del vettore idrogeno nelle reti gas, combinato a soluzioni di accumulo di piccola-media scala per contesti distribuiti, e di grande scala per accumuli stazionari e stagionali, potrà consentirne un utilizzo distribuito. L’utilizzo dell'asset esistente delle reti gas, diffuso e capillare nel contesto nazionale, potrebbe essere di notevole ausilio, nel breve termine, per decarbonizzare parte degli utilizzi finali dalle utenze distribuite a quelle concentrate in cluster industriali. Ciò permetterebbe, inoltre, di consolidare e potenziare la competitività di mercato della filiera industriale nazionale relativa ai cluster termico e meccanico, che riveste, già oggi, un ruolo di primo piano a livello comunitario.

In questo contesto è da evidenziare, anche, la promozione dei sistemi cogenerativi a celle a combustibile, tecnologia d’elezione per la conversione energetica dell’idrogeno, che presenta adeguate caratteristiche di flessibilità alla composizione del gas di alimentazione (anche miscele H2/CH4), elevate efficienze di conversione a zero emissioni di particolato, e requisiti per il raccordo fra i settori power e gas.


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