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L’informazione ambientale in Italia

di Massimiliano Pontillo

DOI 10.12910/EAI2022-051

È fondamentale che la sostenibilità ambientale non continui ad essere relegata alle emergenze, al meteo e ai disastri naturali, ma abbia uno spazio più ampio, visibile e costante sui media che possa alimentare un circolo emulativo virtuoso. L’informazione ha un ruolo decisivo: non è un mestiere semplice, ma è un compito necessario.

Massimiliano Pontillo

Massimiliano Pontillo

Giornalista e comunicatore

La società in cui viviamo e che abbiamo delineato (e contribuito) a costruire, soprattutto negli ultimi decenni, si poggia ancora e prevalentemente su un modello energivoro e consumista che continua a produrre danni sempre più difficili da ricomporre.      

La maggiore consapevolezza dei disastri indotti dai cambiamenti climatici, la grave pandemia, la diffusa informazione sui rischi per la salute legati all’inquinamento, le preoccupazioni per i livelli occupazionali derivanti dalla crescente automazione, la presa di coscienza delle forti disuguaglianze esistenti all’interno dei Paesi industrializzati e non, le guerre commerciali (e non solo) tra le superpotenze, sono tutti fattori che interrogano e preoccupano buona parte  della comunità globale sulla tenuta complessiva dell’attuale modello di sviluppo. 

Oggi ci troviamo di fronte a cambiamenti radicali che necessiterebbero di una guida strategica più lungimirante e responsabile e, invece, continuiamo ad assistere all’espandersi e intrecciarsi di alcune questioni rilevanti assai critiche: climatica, economica, sociale e proprio quella dell’informazione.

L’articolo 21 della nostra Costituzione sancisce “la pienezza dei diritti di ciascuno all’accesso all’informazione e all’espressione libera delle proprie opinioni e alla possibilità di diffonderle con ogni mezzo”.  

L’informazione ha un ruolo decisivo: non è un mestiere semplice, ma è un compito necessario. È uno dei passaggi fondamentali per la costruzione di un “eco-Rinascimento”, con un ruolo determinante sia nella promozione di un diverso e migliore sviluppo economico (per diffonderne i suoi valori), sia nel modificare gli atteggiamenti delle persone.   

La sua rilevanza è stata riconosciuta sistematicamente anche dall’Ipcc, il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico e dalle Nazioni Unite, come la piattaforma necessaria per la riconversione ecologica dell’intero sistema.

Disastri ambientali e opinione pubblica

Tornando un po' indietro nel tempo, sono stati i disastri ambientali causati dalle centrali atomiche che hanno sensibilizzato l’opinione pubblica. Questa ha trasformato i media.      
Negli anni ‘80 abbiamo assistito a uno sviluppo di riviste specializzate in natura (Airone e Oasis), in politiche ambientali (La Nuova Ecologia), di altre legate a un filone scientifico (Gea), altre ancora al mondo dei consumi (Gambero rosso, il Salvagente).

Certo è che, rispetto a quegli anni, l’informazione ambientale è senz’altro cresciuta nel nostro Paese, ma c’è bisogno di un giornalismo più moderno, capace di cogliere la sostenibilità in tutti i settori, e soprattutto di connettersi con le questioni economiche: il green, purtroppo, tende ad essere eccessivamente spettacolarizzato e non viene percepito nelle forti attinenze con il sistema produttivo; c’è ancora poca attenzione alle eco-soluzioni tecnologicamente sempre più possibili e vantaggiose.

In questo scenario si muove OSA, l’Osservatorio sulla sostenibilità e l’ambiente nei media (www.osa-ecomedia.it), promosso da Pentapolis, che viene istituito nel giugno 2014, con l’obiettivo prioritario di stimolare coloro che “governano” il settore dei media, ossia i grandi editori, affinchè le tematiche di sostenibilità non siano solo relegate alle emergenze e ai disastri naturali, ma abbiano uno spazio più visibile e costante che possa alimentare un circolo emulativo virtuoso generale. Incentivando una filiera produttiva di settore a zero emissioni, più amica dell’ambiente.

Ogni anno pubblica il Rapporto Eco Media che nell’edizione 2021 ha fotografato come la pandemia da coronavirus ha continuato ad essere il tema centrale nei media italiani, in particolare i vaccini e i no-vax, a discapito delle tematiche sulla sostenibilità. Anche alcune notizie di attualità (la crisi in Afghanistan su tutte) l’hanno un po' oscurato, ma l’ambiente è tornato in primo piano in concomitanza a catastrofici eventi climatici in Europa - Germania e Belgio - e in Italia - Sicilia in particolare - durante l'estate. Nel complesso, quindi, ha evidenziato una presenza mediatica discontinua, salvo qualche più che apprezzabile eccezione.        

Molto si è parlato di “climate change” e “green” a ridosso delle ricorrenze globali e degli appuntamenti politici che ruotano attorno al tema (gli ultimi G20 e COP26). 

Ma generalmente, da parte dei media monitorati, si è teso a portare all’attenzione e conferire centralità al topic in occasione di fatti di cronaca molto rilevanti, come eventi legati al surriscaldamento globale, situazioni meteorologiche estreme o disastri naturali.     
Il mainstream può continuare a fare la differenza affinchè la sostenibilità e l’ambiente entrino più facilmente nelle case della gente, la quale attribuisce proprio alla tv un carattere di autorevolezza. Ugualmente fondamentali sono carta stampata e radio.
 

Ma sicuramente, e sempre di più, il web e i social network possono dare un forte contributo, dando potenza, profondità e scambio; ma c’è ancora un gran rumore di fondo, è un “ambiente” ancora confuso dove permane una criticità delle fonti: basti pensare a tutta la vicenda delle fake news.

Il PNRR e la designazione di un ministero della Transizione ecologica non hanno portato l'attenzione che ci si aspettava sul tema del cambiamento (meglio crisi) climatico e dell'ambiente.                
All’inizio del 2020 erano stati finalmente accesi i riflettori, grazie anche al Green New Deal, a Papa Francesco e al Movimento dei giovani; poi la pandemia globale ha ridisegnato le priorità dei media e del dibattito pubblico mettendo all’angolo quello che dovrebbe essere il tema che guida le nostre vite e sarebbe la risposta più sostenibile alle crisi sanitarie e socioeconomiche. 

Esiste un problema di priorità: quando la pressione e l’attivismo da parte della stampa “più influente” sulle questioni d’interesse raggiungerà un giusto livello produrrà un’attenzione maggiore della politica, che tende a concentrarsi sulle sollecitazioni maggiormente avvertite dall’opinione pubblica.

È fondamentale poi che la sostenibilità ambientale non continui ad essere relegata alle emergenze, al meteo e ai disastri naturali, ma abbia uno spazio più ampio, visibile e costante che possa alimentare un circolo emulativo virtuoso generale.

Nostro compito, a vari livelli, sarà dunque quello di amplificare un messaggio chiaro e corretto che sappia connettere i vari aspetti e tenga conto della complessità dell’ecosistema, soprattutto enfatizzi il concetto che la sostenibilità non è un di cui o un settore (anche in termini giornalistici) dell’agire umano, ma la rotta da seguire in ciascuna nostra azione, in qualsiasi campo. A prescindere dal luogo in cui viviamo, dalla nostra età, dal nostro lavoro, dalla nostra estrazione sociale.

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