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Fonti rinnovabili e reti intelligenti per ridisegnare il mercato elettrico italiano

di Valeria Termini - Componente dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, Membro del Board of Regulators dell’Agenzia Europea ACER, Professore ordinario di Economia

Dalla fine dello scorso anno, lo scenario energetico nazionale è attraversato da profondi mutamenti. Un aspetto importante è riconducibile alla spinta, intensa e molto rapida, proveniente dalla generazione distribuita, in particolare da fonti rinnovabili, al quale il nostro sistema dovrà rapidamente adeguarsi. Alle grandi centrali che utilizzano fonti fossili si stanno, infatti, affiancando migliaia di piccoli e piccolissimi impianti in gran parte alimentati da fonti rinnovabili e, in particolare, da solare fotovoltaico ed eolico. Per capire le dimensioni di questo fenomeno basta considerare che alla fine del 2011 la capacità degli impianti eolici ha raggiunto i 6.600 MW e circa 12.500 MW quella da impianti fotovoltaici, con un aumento del 460% rispetto all’anno precedente.

Se questi numeri tratteggiano la portata della produzione di energia elettrica “green”, senza dubbio per molti aspetti positiva, è necessaria tuttavia un’analisi approfondita e rigorosa per valutarne l’impatto sul sistema e per individuare proposte e soluzioni necessariamente flessibili e innovative da parte del Regolatore. Infatti, la crescente penetrazione di impianti da fonti rinnovabili, per definizione intermittenti e non programmabili, ha determinato un progressivo scardinamento dei fondamentali del mercato elettrico in particolare e della dinamica di formazione dei prezzi sul mercato del giorno prima (MGP).

Dall’ottobre scorso, in particolare, le rilevazioni dell’Autorità hanno evidenziato che nelle ore di maggior produzione da fotovoltaico si registra una compressione relativa dei prezzi all’ingrosso, mentre nei momenti in cui il fotovoltaico è assente o trascurabile (al calare del sole), i prezzi aumentano notevolmente. Una spiegazione di questo andamento è nel fatto che la produzione da fotovoltaico durante il giorno provoca una significativa riduzione delle ore di produzione degli impianti termoelettrici, i quali coprono così le eventuali perdite sui costi variabili che si generano nelle ore in cui devono comunque rimanere in servizio per i vincoli tecnici di funzionamento e per garantire un indispensabile back-up agli impianti rinnovabili, per loro natura intermittenti e non programmabili.

L’esigenza di coprire i costi variabili di produzione e parte dei costi fissi in un numero più concentrato di ore concorre quindi a spiegare l’aumento relativo dei prezzi all’ingrosso nelle prime ore serali (17-21). Rispetto a questo fenomeno emergente, l’Autorità ha sviluppato analisi e approfondimenti anche in vista di futuri provvedimenti che si rendono necessari, fra i quali una nuova articolazione delle diverse fasce orarie, per assicurare ai clienti finali i corretti segnali di prezzo.

Ma vi è anche un altro aspetto di rilievo, connesso al tumultuoso sviluppo di fonti rinnovabili, intermittenti e di limitata programmabilità: il loro impatto sulle reti, soprattutto di distribuzione in media e bassa tensione, alle quali i nuovi impianti di piccole e medie dimensioni si connettono. Anche su questo fronte sono quindi necessari interventi all’insegna di una nuova filosofia di progetto e di esercizio del sistema elettrico, nel quale le reti devono assumere un ruolo diverso e tale da consentire l’integrazione di una generazione distribuita in forte crescita.

Si tratta di utilizzare meglio la capacità delle reti esistenti, rendendole capaci di gestire la variabilità dei flussi di potenza con opportuni sistemi di controllo in tempo reale sugli impianti di produzione. Anche perché, come evidenzia uno studio realizzato dall’Autorità in collaborazione con il Politecnico di Milano, sulle reti di distribuzione esiste già un notevole potenziale di connessione di nuova generazione da fonti rinnovabili: circa l’80% dei nodi delle reti di distribuzione di media tensione sono in grado di connettere 3 MW.

È quindi necessario dotare i sistemi di distribuzione di dispositivi di controllo (sensori e attuatori) che permettano di valutare lo stato della rete e di inviare segnali agli impianti in modo da massimizzare l’energia immessa in rete in condizioni sicure di tensione, corrente e frequenza. Proprio in questa direzione va la recente delibera 84/2012, che richiede alla generazione distribuita di contribuire in modo positivo in caso di eventuale perturbazione di frequenza. Questo intervento di regolazione è solo un esempio di un cambiamento di paradigma più generale: le reti, in particolare quelle di distribuzione, devono diventare ‘intelligenti’ (smart). E non a caso quello delle smart grids è un tema centrale nell’agenda della Commissione Europea, anche in prospettiva degli obiettivi 20-20-20.

Oggi le reti elettriche sono un canale per trasmettere e distribuire energia elettrica in maniera “unidirezionale”, dalle grandi centrali fino al contatore del cliente finale. Ma in futuro dovranno poter soddisfare anche le esigenze legate alla presenza di numerosi impianti di piccola dimensione, con una localizzazione decentrata e, soprattutto, intermittenti e non programmabili.

Da un servizio sostanzialmente “passivo” (prevalentemente indirizzato al consumo), dovranno passare ad un ruolo “attivo”, prevalentemente indirizzato alla produzione e alla gestione dei carichi, per il quale sarà possibile monitorare in tempo reale i flussi di energia e nel quale giocheranno un ruolo basilare i nuovi contatori elettronici e quindi lo smart metering per la misura dei consumi. E dove gli stessi consumatori saranno chiamati ad essere sempre più protagonisti attivi nel sistema.

In sostanza, la rete si sta trasformando per essere funzionale al perseguimento di tre obiettivi: ottimizzare la potenzialità di allacciamento degli impianti da fonti rinnovabili; consentire che la possibilità della clientela diffusa di modificare i propri carichi possa essere utilizzata vantaggiosamente per la gestione del sistema elettrico nazionale; garantire e, dove possibile, migliorare ulteriormente la qualità del servizio.

Tutto ciò richiede investimenti per massimizzare l’immissione in rete di energia da generazione diffusa, anche in presenza di un carico assai variabile per esempio tra il giorno e la notte; d’altra parte, serve un nuovo complesso di regole che riguardino le caratteristiche tecniche più evolute degli impianti di produzione ma anche nuove forme di incentivazione degli investimenti e l’utilizzo degli smart meter.

Su questo fronte l’Italia non è una Cenerentola ma, anzi, detiene un primato mondiale, tenuto conto che – come evidenzia uno studio del Joint Research Center della Commissione Europea – la metà degli investimenti in smart grids e smart metering di tutta Europa sono stati fatti nel nostro Paese. In quest’ambito si colloca la decisione dell’Autorità di premiare otto progetti pilota per le smart grids sulle reti di distribuzione, selezionati con bando a evidenza pubblica, prevedendo una specifica remunerazione tariffaria per incentivare investimenti in sistemi di automazione, di protezione, controllo e storage dell’energia elettrica anche abbinati a sistemi di ricarica di veicoli elettrici, su reti di distribuzione in media tensione. Si tratta di un’iniziativa piuttosto innovativa, che consentirà anche di raccogliere informazioni utili per incentivare un nuovo uso delle reti e rendere ‘intelligenti’ porzioni di reti già interessate dal fenomeno della inversione di flusso.

Quindi, anche se c’è molta strada da fare, siamo partiti. Ma se vogliamo che la generazione distribuita e le fonti green divengano a pieno una risorsa per il Paese, occorre continuare nella direzione intrapresa, perché senza smart grids lo sviluppo delle fonti rinnovabili rischia di essere un investimento importante ma dai benefici limitati. Per sfruttarne al meglio le potenzialità migliorando la qualità del servizio reso ai clienti e per ridurre la nostra dipendenza da fonti fossili, non possiamo non raccogliere questa sfida.

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