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Claudio Descalzi

La svolta green è irreversibile, dalla crisi lezioni importanti

Intervista a Claudio Descalzi, Amministratore Delegato Eni

Con gli ultimi due Piani strategici Eni ha intrapreso una svolta irreversibile verso l’obiettivo di diventare totalmente carbon neutral al 2050. La crisi ci ha portato definitivamente fuori dalla confort zone e ci ha convinto che dobbiamo accelerare sulla transizione energetica: per questo nei prossimi 4 anni investiremo un miliardo di euro in innovazione tecnologica e 4 miliardi di euro per proseguire nella trasformazione industriale verso la completa decarbonizzazione.

In questi ultimi anni Eni ha intrapreso una trasformazione della sua strategia e del modello di business verso la sostenibilità e la riduzione delle emissioni di carbonio. Una svolta green confermata anche dal posizionamento tra le top 5 del settore oil & gas secondo il FTSE4Good Developed Index, l’indice che misura le performance delle aziende per attenzione all'ambiente, al sociale e alla governance. Dottor Descalzi da che cosa nasce questa scelta e quali sono le prospettive nel contesto degli obiettivi di transizione energetica e del Green Deal?

Il Piano strategico che abbiamo presentato lo scorso anno, insieme alle novità che abbiamo introdotto con quello annunciato recentemente, rappresentano per Eni una svolta irreversibile: abbiamo segnato il percorso che ci porterà a diventare leader nella produzione e vendita di prodotti totalmente decarbonizzati, generati da processi industriali a emissioni nette pari a zero. Con un obiettivo importantissimo, che è la prima novità del piano annunciato recentemente: diventeremo totalmente carbon neutral al 2050.

Questa nuova strategia, però, viene da più lontano. A partire dal 2014, infatti, anticipando la crisi dello scenario energetico, abbiamo deciso di assumerci la grande responsabilità di schierarci in prima linea nella lotta al climate change, con la consapevolezza che la nostra industria doveva giocare un ruolo imprescindibile e di primo piano: abbiamo letteralmente trasformato la società, la sua organizzazione interna e la sua mission, ora ispirata ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ci siamo dotati del sistema di supercalcolo più potente al mondo a livello industriale e abbiamo sviluppato e messo in campo numerosi progetti e tecnologie. Queste sono le fondamenta su cui abbiamo costruito il nostro piano, concreto e scandito da obiettivi intermedi annunciati al mercato. E questo mentre la pandemia, nell’ultimo anno, ci costringeva a un duro lavoro di razionalizzazione di investimenti e costi per tutelare la solidità patrimoniale dell’azienda. Una crisi che ci ha portato definitivamente fuori dalla nostra confort zone, convincendoci che invece di rallentare occorreva accelerare, come provano il miliardo di euro che spenderemo nei prossimi quattro anni in innovazione tecnologica e i 4 miliardi di euro che investiremo per proseguire nel nostro processo di trasformazione industriale verso la completa decarbonizzazione.

Dal punto di vista dei risultati, quali sono state le iniziative più apprezzabili nell’ambito della nuova strategia di Eni?

La nostra nuova strategia ha alcuni grandi punti di forza che mi piace evidenziare: è basata in larga parte su tecnologie già disponibili, su progetti già operativi o implementabili nel breve periodo, è scandita da obiettivi intermedi che ne provano la concretezza e ha in sé i meccanismi di creazione del valore che ne alimentano la realizzazione. Infine, aspetto fondamentale, è basata sullo sviluppo di molteplici filoni di decarbonizzazione integrati tra loro e che porteremo avanti di pari passo, poiché obiettivi così sfidanti e importanti si raggiungono in modo pragmatico utilizzando diversi strumenti.

Di che cosa si tratta?

Oltre ad abbattere l’impronta carbonica del nostro portafoglio upstream tramite azioni di efficientamento, una sempre maggiore incidenza del gas, progetti di cattura della CO2 e partecipazione in progetti REDD+ di conservazione delle foreste, produrremo energia verde sviluppando le rinnovabili e gas naturale, GNL, idrogeno verde e blu (a partire da steam reforming del gas con la successiva cattura e stoccaggio della CO2) ENI, produrrà bio carburanti nelle proprie bioraffinerie, nonché metanolo e idrogeno dai progetti di valorizzazione dei rifiuti, farà chimica sostenibile sfruttando i materiali da riciclo e materie prime rinnovabili, e produrrà bio metano da processi di upgrading del biogas. Il tutto potendo indirizzare i prodotti decarbonizzati che genereremo verso un vasto parco clienti retail, commerciale e industriale, domestico e relativo alla mobilità sostenibile. In questo contesto si inserisce la seconda grande novità del Piano presentato recentemente. Integreremo le nostre attività legate alle rinnovabili nella nostra società Eni gas e luce: in questo modo potremo valorizzare al meglio la nostra base clienti retail, destinata a raggiungere gli oltre 11 milioni di clienti nel 2024 e offrendo una gamma sempre più completa di prodotti decarbonizzati.

Quali i punti di forza e quali richiedono di essere rafforzate?

Già nel 2020 abbiamo visto i primi frutti della strategia, con le performance eccellenti raggiunte dai business legati alla produzione e vendita dei prodotti decarbonizzati, con l’Ebit di Eni gas e luce in aumento del 17% e le lavorazioni delle bio raffinerie del 130%, circa a 1GW di capacità di generazione da solare ed eolico già installata o in fase di sviluppo. E stimiamo che nell’arco del Piano il solo segmento bioraffinazione-marketing possa generare 750 milioni di Ebit, mentre l’integrazione tra retail e rinnovabili possa fruttare 1,2 miliardi in termini di Ebitda. In sostanza, anche considerando lo scenario senza precedenti nel quale stiamo operando, stiamo conseguendo risultati al di sopra delle attese e, certamente, se lungo il percorso dovessimo individuare punti di debolezza, ci siamo garantiti tutta la flessibilità necessaria per farvi fronte.

A livello di scenario globale ritiene che la pandemia da COVID-19, potrà in qualche modo rallentare o addirittura frenare il percorso di decarbonizzazione come avvertono alcuni esponenti di rilievo del settore energetico?

No, al contrario, credo che questa crisi ci abbia catapultato fuori dagli schemi nei quali eravamo abituati a vivere, parlo ovviamente dei paesi in fase matura di sviluppo, e abbia messo in discussione tutti i nostri modelli tradizionali. Gli stili di vita, i livelli di consumo, il modo di concepire la globalizzazione. Adesso è chiaro che globalizzazione significa che vaccinare contro il Covid tutti gli europei non servirebbe assolutamente a nulla se non si vaccinassero anche tutti gli africani, tutti gli indiani, il mondo arabo, e così via. Allo stesso modo, la più efficace delle battaglie contro il mutamento climatico condotta a livello europeo sarebbe una goccia nel mare se non associata ad altrettante azioni portate avanti a livello globale: il conto ormai è unico, per tutti i grandi temi alla base della nostra esistenza.

Pannelli fotovoltaici

Questa è una delle grandi lezioni che ci dobbiamo portare a casa, ed è per questo che le istituzioni, gli attori economici, le organizzazioni e gli individui devono approfittare della grande massa di risorse messa a disposizione dagli Stati per questa grande crisi mondiale e destinarla al miglioramento e all’accelerazione delle politiche volte a mettere in sicurezza il nostro pianeta.

L’Eni ha siglato e sta siglando numerosi accordi con istituzioni di ricerca in Italia e all’estero per lo sviluppo di tecnologie innovative e low carbon. Quale ruolo riveste la ricerca scientifica nella strategia del Gruppo e quale è, all’incirca, il valore degli investimenti effettuati e pianificati per la transizione energetica e la decarbonizzazione?

Le attività di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica sono alla base della nostra nuova strategia. Ne sono la base e l’acceleratore. Stiamo parlando di più di 7.500 brevetti e 450 progetti in essere. Oltre alla nostra tecnologia Ecofining, alla base dell’attività di produzione delle nostre bioraffinerie di Venezia e Gela, e a quella waste to fuel, dedicata alla produzione di bio olio dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) e che sta evolvendo verso la realizzazione su dimensione industriale, stiamo allargando l’impiego delle biomasse vegetali per produrre bio-etanolo, bio-carburanti avanzati e bio-monomeri da utilizzare come prodotti intermedi per bio-plastiche, componenti elettroniche, nella cosmetica e nell’agrochimica. Stiamo commercializzando prodotti di elevata qualità derivanti da riciclo meccanico di rifiuti plastici post-consumo, con un contenuto riciclato del 75%, e stiamo sviluppando una tecnologia di pirolisi per riciclare i mix di plastiche miste non riutilizzabili meccanicamente, conosciute come Plasmix.

Nell’ambito della cattura e utilizzo della CO2, abbiamo un progetto in corso per la realizzazione di un impianto pilota a Ravenna per la mineralizzazione della CO2, che può essere utilizzata per la realizzazione di prodotti impiegabili nel settore edilizio. Stiamo inoltre sviluppando un’altra tecnologia per la bio-fissazione algale dell’anidride carbonica, con impianto pilota a Gela in Sicilia.

Secondo lei perché è importante un rapporto più stretto e continuativo tra sistema della ricerca e sistema industriale e come si può promuoverlo?

Alla luce di questi tanti esempi, posso affermare che il nostro impegno è massimo, e in questo ambito stiamo collaborando con oltre 70 tra università e istituti di ricerca, tra i quali ENEA è senz’altro tra i più prestigiosi. In particolare, con ENEA stiamo portando avanti il promettente progetto sulla fusione a confinamento magnetico.

Altri temi che stiamo sviluppando con ENEA riguardano il Supercomputing (HPC), lo stoccaggio energetico, il solare a concentrazione, la valorizzazione delle biomasse, l’individuazione delle soluzioni ottimali per la gestione del fine vita delle tecnologie, comprese quelle rinnovabili come per esempio le batterie, e infine il recupero e riciclo di prodotti di scarto di processi industriali e municipali.

Il rapporto tra sistema di ricerca e industria, per noi è imprescindibile rispetto al raggiungimento dei nostri obiettivi e dovrebbe essere incentivato affinché rientri in modo consolidato in quella grande operazione di sistema di cui il Paese ha bisogno in questo momento di crisi pandemica ed economica. Questo rapporto ha un valore fondamentale per l’intero sistema Paese, specialmente ora che si deve avviare concretamente il processo di transizione ecologica ed energetica.

Veniamo al nostro Paese. A suo giudizio, quali sono i principali punti di forza e le eventuali criticità da superare per raggiungere l’obiettivo europeo della neutralità climatica al 2050?

I punti di forza del nostro Paese sono tantissimi: abbiamo risorse, competenze, grande spirito di imprenditorialità e innovazione. Il nostro tessuto economico è fatto sicuramente di grandi aziende con le spalle larghe ma soprattutto di piccole e medie realtà dalla grande capacità di innovazione. L’unica, grande criticità si presenterebbe qualora fallissimo nel fare sistema e nell’unire le forze dei settori pubblici e privati per mettere a fattor comune quello che siamo capaci di fare. La dimensione della sfida che abbiamo davanti e la posta in gioco non ci consentono di giocare ognuno la propria partita.

Sul fronte delle tecnologie innovative state puntando anche su settori di frontiera come la fusione nucleare e l’idrogeno, un elemento, quest’ultimo, che si sta affermando come strategico per l’obiettivo ‘emissioni zero’. Secondo alcuni studi1 al 205 l'idrogeno potrà coprire il 24% della domanda finale di energia, contribuire a ridurre 560 milioni di tonnellate di CO2, creare un giro d’affari di 820 miliardi di euro/anno e 5,4 milioni di posti di lavoro. Inoltre, come sottolineato dalla presidente della Commissione, Ursula Van der Leyen, l’idrogeno sarà una priorità in Next Generation Eu. Quale è la vision di Eni rispetto a questo elemento? E quali prospettive per l'Italia?

Eni è storicamente il primo produttore e il principale consumatore di idrogeno in Italia.

Utilizziamo l’idrogeno principalmente come materia prima nei tradizionali processi di raffinazione, oltre che nelle bioraffinerie di Venezia e Gela per la produzione di biocarburanti HVO, ovvero “oli vegetali idrotrattati”. Nell’ambito della nostra strategia di decarbonizzazione dei processi produttivi abbiamo individuato proprio nei cosiddetti settori altamente energivori (cosiddetti hard to abate), tra cui la raffinazione, una possibilità disponibile sin da subito per l’abbattimento delle emissioni, attraverso l’iniezione della CO2 catturata dai camini degli impianti di steam methane reforming in un sito di stoccaggio sicuro. Questo potrà avvenire nell’area di Ravenna dove abbiamo a disposizione uno dei siti di stoccaggio più grandi al mondo.
Questo processo, che ci consentirà anche di ottenere Idrogeno blu, si basa su tecnologie sicure, provate e già utilizzate in molte parti del mondo, e rappresenta la via più veloce per abbattere concretamente le emissioni di CO2 senza stravolgere i processi industriali esistenti.

Stiamo anche lavorando a progetti di produzione di idrogeno tramite elettrolisi dell’acqua, utilizzando elettricità generata da fonti rinnovabili (il cosiddetto idrogeno verde) e, seguendo un approccio di economia circolare, anche su tecnologie per la produzione di idrogeno sostenibile dai rifiuti.

In quest’ottica, abbiamo aderito alla European Clean Hydrogen Alliance e stiamo partecipando allo studio “Hydrogen for Europe” assieme a 17 player del settore energetico, il cui scopo è valutare come l’idrogeno possa contribuire a raggiungere la neutralità climatica nel continente.

Promuovere l’utilizzo di idrogeno low-carbon nel processo di decarbonizzazione darebbe indubbiamente un contributo importante alla riduzione delle emissioni e al percorso verso la neutralità carbonica UE al 2050, rappresentando una soluzione alla decarbonizzazione anche di settori industriali hard to abate, laddove l’elettrificazione non rappresenta un’opzione attualmente percorribile o risolutiva. In questo senso, le iniziative industriali che Eni intende mettere in campo per decarbonizzare le proprie operazioni di raffinazione potranno offrire beneficio ad interi distretti, per i quali potrà essere possibile convogliare le emissioni di impianto nei medesimi siti di stoccaggio utilizzati da Eni.

Possiamo realisticamente diventare un hub dell’idrogeno?

Dal punto di vista generale della strategia dell’idrogeno, credo sia presto per dire se l’Italia potrà o meno diventare un vero e proprio hub, ma per poterlo diventare dovremo imparare a considerare le diverse tecnologie di produzione come complementari, non concorrenti, e procedere a una loro classificazione condivisa e basata sul contributo alla riduzione delle emissioni di gas serra ad esse associato. Ritengo che sia cruciale seguire un approccio tecnologicamente neutrale, sviluppando e applicando tutte le tecnologie disponibili e sostenibili in ottica low-carbon, senza escluderne alcuna. Un’efficace strategia idrogeno deve riconoscere e sostenere il contributo di tutte le forme di idrogeno low-carbon alla decarbonizzazione, anche al fine di massimizzare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e nell’attuazione dei principi di economia circolare.

Un’ultima domanda. La svolta green di’Eni è stata accolta molto positivamente, ma non sono mancate contestazioni di "green washing”. Che cosa risponde a queste critiche?

Rispondiamo con quello che abbiamo fatto finora. La profonda riorganizzazione che abbiamo compiuto la scorsa estate, che con la creazione delle due nuove Direzioni generali Energy Evolution e Natural Resources ha rivoluzionato la struttura interna di Eni al fine di supportarne al meglio il percorso di transizione energetica e la strategia di decarbonizzazione; la grande novità che abbiamo introdotto con il nuovo Piano, vale a dire l’integrazione delle rinnovabili nelle nostra società di vendita di gas e luce, importante passo nel nostro posizionamento come leader nella vendita retail di prodotti decarbonizzati; l’ingente quantità di investimenti già realizzati e previsti nel nuovo piano per ricerca, sviluppo e trasformazione; il ritmo degli obiettivi intermedi che abbiamo fissato e comunicato al mercato su ogni linea di business legata ai prodotti decarbonizzati; i relativi impianti già in funzione, come le bioraffinerie, e i piloti già in corso di scale-up industriale basati sulle tecnologie più importanti, come il waste to fuel. Questi sono solo alcuni esempi di iniziative e cambiamenti concreti attraverso i quali poter toccare con mano la trasformazione in atto, che è profonda e irreversibile.

 


1 "Hydrogen Roadmap Europe: A sustainable pathway for the European Energy Transition" e il recente report H2.it

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