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Economia circolare: a che punto siamo?

di Roberto Morabito

Contrariamente a quanto accade in altri Paesi europei, l’Italia non si è ancora dotata di una strategia nazionale per la transizione verso modelli economici più sostenibili e circolari e manca un’agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse. Ciò nonostante, le prestazioni del nostro Paese sono molto soddisfacenti nel confronto con le altre grandi economie europee, con punti di forza ed opportunità. Stanno tuttavia emergendo debolezze, minacce e un preoccupante rallentamento che richiedono infrastrutture, interventi e una governance armonizzata

Roberto Morabito

Roberto Morabito

Direttore Dipartimento Sostenibilità Sistemi Produttivi e Territoriali, ENEA

L'attuale sistema economico, basato su un sistema lineare in cui le risorse sono prelevate, utilizzate e al termine scartate come rifiuti, comporta non solo un elevato impatto ambientale negativo, con produzione di rifiuti ed emissioni di gas serra, ma soprattutto una perdita di competitività del sistema produttivo, soprattutto per i Paesi poveri di materie prime. L’Economia Circolare è un modello economico volto alla chiusura dei cicli che si contrappone al modello lineare e che, attraverso l’innovazione e la collaborazione, segue i principi della rigenerazione dei materiali e della creazione di valore nei processi, nei prodotti e nei servizi promuovendo il prolungamento del ciclo di vita dei prodotti e delle risorse. Tale modello ha lo scopo di ottimizzare la produzione di beni, ridurre i consumi, gli scarti e i rifiuti, basandosi su approcci partecipativi che tengano in conto orizzonti temporali più estesi del breve termine.

In tale ottica di sistema, l’elemento centrale è la ridefinizione del modello relazionale di collaborazione e condivisione non solo all’interno del sistema produttivo, ma anche con la filiera della distribuzione/utilizzo dei beni, nonché tra questi ed il più ampio sistema sociale (consumatori, famiglie, istituzioni ecc.) e l’ambiente (in termini di capitale naturale da preservare). In questo quadro è necessario accelerare la transizione verso l’Economia Circolare a vari livelli sul territorio: all’interno delle singole aziende, tra imprese diverse, nella relazione tra imprese e territorio e lungo l’intera catena di valore dei prodotti, con il coinvolgimento di produttori, consumatori, istituzioni e società civile.

Che cosa si sta facendo in Europa?

L’Europa sta già puntando su questo modello economico innovativo  a partire dalla roadmap su Resource Efficient Europe del 2011, per proseguire con il pacchetto per l’economia circolare lanciato a fine 2015, le successive iniziative correlate e, da ultimo, con l’adozione, da parte del Consiglio UE del 4 ottobre 2019 delle conclusioni “Maggiore circolarità - Transizione verso una società sostenibile” in cui si sottolinea che servono ulteriori sforzi ambiziosi per stimolare una transizione sistemica verso una società sostenibile. L'Economia Circolare è evidenziata inoltre come un importante fattore propulsivo per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, rispettare i limiti del nostro pianeta e conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Le azioni previste sono numerose e complesse e risultano necessari strumenti efficaci che consentano di valutare e monitorare lo stato d’implementazione del Piano d’Azione Europeo. Tra questi la definizione di indicatori di circolarità basati su dati Eurostat COM(2018) 29 final «on a monitoring framework for the circular economy» e la Piattaforma Europea degli attori dell’Economia Circolare ECESP  (European Circular Economy Stakeholder Platform). In questo contesto, diversi Paesi come Germania, Regno Unito e Danimarca, si sono dotati di strategie integrate per l’economia circolare. Per garantire immediata operatività all’indirizzo politico e coerenza tra le diverse azioni intraprese, tali strategie normalmente vengono abbinate all’istituzione di un’Agenzia per l’economia circolare e l’uso e la gestione efficiente delle risorse.

E in Italia?

Contrariamente a quanto accade in altri Paesi europei, l’Italia non si è ancora dotata di una strategia nazionale e manca un’agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse. Ciò nonostante, siamo un Paese naturalmente vocato all’Economia Circolare. Il tessuto produttivo, le tipicità culturali, lo spirito creativo, innovativo e resiliente del nostro Paese, ne fanno un substrato ideale per la transizione verso nuovi modelli economici più sostenibili e circolari. Se si analizza la situazione italiana sulla base degli indicatori di circolarità stabiliti a livello europeo (Approccio Eurostat), facendo riferimento al recente Rapporto sull’economia circolare in Italia – 2019, pubblicato dal Circular Economy Network, in collaborazione con ENEA, il nostro Paese ha già oggi uno dei punti di forza nella circolarità, frutto di una lunga tradizione come approccio e modo di fare impresa che si sposa con i principi dell’economia circolare.

L’Italia mostra ottime prestazioni nella produttività delle risorse rispetto alle altre grandi economie europee, sebbene con un andamento alla diminuzione. Cresce purtroppo la dipendenza nell’approvvigionamento di materie prime dall’estero; i servizi di sharing economy sono in lieve aumento, ma crescono più lentamente rispetto agli altri Paesi europei.

La produzione pro-capite di rifiuti urbani è in diminuzione anche all’aumentare del PIL, in linea con la media europea, mentre permane una stretta correlazione tra PIL e produzione di rifiuti speciali; le prestazioni sono tra le migliori in Europa, ma la non efficace implementazione della normativa End of Waste potrebbe impattare molto negativamente su questo settore già nei prossimi mesi.

Per le materie prime seconde, il tasso di utilizzo circolare è positivo, sebbene mostri un trend in diminuzione; inoltre la quantità di materiale riciclato importato supera largamente quella di materiale esportato. Ciò testimonia che il sistema produttivo italiano è capace di valorizzare il materiale riciclato ed esiste un mercato per le materie prime seconde, ma non siamo in grado di soddisfare appieno questa domanda. È dunque necessario potenziare l’infrastrutturazione del settore del trattamento mirato alla valorizzazione di scarti e rifiuti sul nostro territorio.

In termini di investimenti, l’Italia mostra grande capacità di eco-innovazione anche in presenza di input (investimenti pubblici e privati) tra i più bassi a livello europeo. Questo denota una grande capacità di innovare anche in assenza di investimenti mirati, suggerendo come gli investimenti nel settore possano trovare terreno fertile nel nostro Paese con potenziali ricadute molto positive.

In conclusione, nell’ambito del sistema italiano, si possono evidenziare punti di forza e opportunità alla realizzazione dell’Economia Circolare, ma anche debolezze e minacce. Sebbene le prestazioni dell’Italia siano molto soddisfacenti nel confronto con le altre grandi economie europee, i dati evidenziano un preoccupante rallentamento del nostro Paese contrapposto ad un’accelerazione degli altri Paesi.

The Italian way for circular economy

Emerge dunque la forte esigenza di una governance armonizzata che metta a sistema aspetti tecnici, economici e normativi e che agevoli il dialogo multisettoriale di attori pubblici e privati, istituzioni, imprese, mondo della ricerca e innovazione e società civile. In questo quadro, a seguito della selezione nel Gruppo di Coordinamento della Piattaforma Europea per l’Economia Circolare ECESP, ENEA ha promosso la realizzazione di un’interfaccia nazionale attraverso l’istituzione della Piattaforma Italiana per l’Economia Circolare (ICESP – www.icesp.it). ICESP è stata lanciata a fine maggio 2018 e si configura come un network di attori rappresentativi nel settore dell’economia circolare con l’obiettivo di creare un punto di convergenza nazionale sulle iniziative, le esperienze, le criticità, le prospettive e le aspettative che il sistema Italia vuole e può rappresentare in Europa con un’unica voce. In particolare, ICESP si propone di diffondere le eccellenze ed il modo italiano di fare economia circolare, a partire dalle tradizioni e dalle tipicità del nostro Paese e dai relativi modelli culturali, sociali ed imprenditoriali: “The Italian way for circular economy”. A inizio anno vi erano oltre 50 membri aderenti e 120 partecipanti ai Gruppi di Lavoro, rappresentanti delle istituzioni locali e centrali, settore produttivo, mondo della ricerca e innovazione e società civile. Questo anno sono pervenute decine di richieste di nuove adesioni che dovranno essere vagliate dall’Assemblea Nazionale ICESP di fine novembre 2019.

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