Copertina della rivista
Liquirizia

Curare le opere d’arte con l’estratto di liquirizia

DOI 10.12910/EAI2022-020

di Flavia Tasso e Giada Migliore, Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima - ENEA 

Contro il biodeterioramento che colpisce le opere d’arte, i ricercatori dell’ENEA hanno messo a punto una tecnica innovativa, basata sull’utilizzo dell’estratto di foglie di liquirizia. Questa procedura applicata alle statue dei giardini dei Musei Vaticani, nel Battistero del Castello di Santa Severa, sui manufatti lapidei conservati alle Terme di Diocleziano e sulle pareti della Domus Aurea evita l’utilizzo di sostanze chimiche altamente tossiche e aggressive e ha progressivamente conquistato la fiducia e la collaborazione di Soprintendenze e storici del monumento.

Il Biodeterioramento è definito come “l’insieme dei cambiamenti indesiderati, causati dalle normali attività degli organismi viventi, delle proprietà dei materiali di importanza economica, culturale e storica”[1]. I microorganismi svolgono un ruolo ormai ampiamente riconosciuto nella degradazione dei beni culturali causando danni fisico-chimici, estetici e strutturali.

Per la lotta ai biodeteriogeni nel restauro e nella conservazione del patrimonio artistico trovano ampio impiego sostanze chimiche che, sviluppate per altri scopi, sono efficaci e a basso costo. In particolare, i biocidi comunemente utilizzati per contrastare e contenere lo sviluppo di film biodeteriogeni (“biofilm”, vedi box) sono a base di sali di ammonio quaternario e carbammati che destabilizzano struttura e permeabilità delle membrane cellulari. Si tratta di composti altamente tossici, difficilmente biodegradabili e aggressivi sui materiali. Inoltre, questi principi attivi, inducendo resistenza negli organismi bersaglio, stanno perdendo progressivamente la loro efficacia e devono essere utilizzati in quantità crescenti o con intervalli sempre più brevi tra i trattamenti.

Attualmente, quindi, prioritaria è la necessità di trovare alternative "verdi" che soddisfino i criteri di sostenibilità e superino i problemi legati ai prodotti di sintesi. La sfida è quella di sviluppare metodi più sicuri e sostenibili nel restauro e nella conservazione del patrimonio culturale utilizzando prodotti e pratiche che tengano conto degli aspetti ambientali, sociali ed economici, come confermato da molteplici iniziative a livello europeo coordinate dall'Agenzia Chimica Europea (ECHA[2]).

Negli ultimi anni, è cresciuto l’interesse per lo sviluppo di nuovi biocidi bio-based e, in particolare, per lo sfruttamento di fitoderivati, fitoestratti ed oli essenziali come biocidi in molti campi applicativi, quali alimentazione, medicina e industria farmaceutica.  

Gli estratti vegetali esprimono attività biocida attraverso principi attivi e metaboliti secondari che interferiscono con specifiche vie metaboliche, attivano o inattivano enzimi essenziali o alterano le membrane e le strutture dei microrganismi. La loro efficacia contro i comuni agenti patogeni umani (batteri, funghi e lieviti) è ormai nota, ma solo più recentemente è stata sperimentata la loro attività antimicrobica contro i microrganismi associati al biodeterioramento di archivi, biblioteche, musei e monumenti lapidei[3].

La nascita di un estratto vegetale dalle proprietà biocide

Dal 2016 il gruppo di Biotecnologie microbiche del Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima sta collaborando con l’azienda tedesca Trifolio-M[4], leader nella produzione di prodotti fitosanitari a base di estratti vegetali, per saggiare la possibilità di impiego della liquirizia (Glycyrrhiza glabra L.)  come biocida da utilizzare nel settore dei beni culturali.  Le numerose proprietà delle radici di liquirizia sono conosciute fin dai tempi antichi: contengono composti polifenolici, flavonoidi e isoflavonoidi che sono sintetizzati e accumulati dalla pianta in risposta alle infezioni microbiche ed hanno numerose azioni positive, tra cui quella antisettica, antinfiammatoria ed antiossidante.

Pur essendo meno conosciute di quelle delle radici, le proprietà degli estratti ottenuti dalle foglie di liquirizia non sono meno importanti: sono stati dimostrati effetti antimicrobici su patogeni clinici mostrando talora un’efficacia maggiore rispetto agli estratti di radice, contro Bacillus subtilis, Candida albicans e Staphylococcus aureus[5].

L'estratto alcolico di liquirizia in uso nel laboratorio OEM nasce dalla ricerca di Trifolio-M, che ha trasformato e nobilitato le foglie, prodotto di scarto della lavorazione della radice della liquirizia, in una risorsa utile per l’agricoltura stessa. I ricercatori della Trifolio-M, infatti, hanno dimostrato con successo l'efficacia dell'estratto alcolico da foglie contro l'infezione da Pseudoperonospora nel cetriolo e ne hanno caratterizzato la composizione chimica attribuendo l’attività biocida a tre flavonoidi, pinocembrina, glabradina e licoflavone[6].

Il laboratorio OEM, sulla base di questi risultati, ha pensato di sfruttare il potenziale biocida dell'estratto di foglia di liquirizia contro i biofilm che deteriorano il patrimonio culturale. Nella prima fase di ricerca, che si è svolta in laboratorio, sono stati scelti come target ceppi batterici e fungini isolati da siti archeologici e storici, ipogei ed epigei, e mantenuti nella collezione microbica in-house ENEA-MIRRI, una banca di ceppi microbici che comprende circa 1500 microrganismi, tra batteri, funghi, alghe e virus[7]. I ceppi batterici selezionati per lo screening appartengono ai phyla che più comunemente sono considerati responsabili del biodeterioramento dei monumenti in pietra, come i Firmicutes e gli Actinobacteria, per i batteri, e i generi Cladosporium, Penicillium ed Aspergillus, per i funghi.

L’efficacia dell’estratto di liquirizia è stata valutata mediante test di laboratorio che si basano sulla diffusione della sostanza in esame nel terreno solido di crescita microbica precedentemente inoculato con i microrganismi scelti (“Disk and Agar Well diffusion methods”[8]). L’efficacia è espressa come diametro (in mm) dell'alone di inibizione della crescita microbica dal centro del punto di applicazione della sostanza (Fig.1a). L’estratto ha mostrato un pattern di efficacia nei confronti dei ceppi batterici testati in linea con la letteratura sul meccanismo di azione antimicrobica dei flavonoidi: i batteri gram-negativi sono più resistenti dei gram-positivi a causa della composizione della parete.

L'efficacia sui ceppi fungini è complessivamente ridotta rispetto a quella sui batteri e molto variabile anche all'interno dello stesso genere. L'estratto è risultato efficace contro Cladosporium, Epicoccum e Aspergillus mentre Penicillium e Fusarium si sono rivelati resistenti. Stabilita l'efficacia dell'estratto, sono stati fatti test in fase liquida per definire la concentrazione minima efficace in termini di azione inibitoria (MIC, Minimum Inhibitory Concentration) e biocida (MBC, Minimum Biocidal Concentration), cioè la concentrazione minima di sostanza che può inibire la crescita di un microrganismo o ucciderlo. Questi esperimenti hanno individuato un range di concentrazione compreso tra lo 0,1 e l’1% (v/v) per batteri e funghi (Fig. 1b).

Questa fase è molto importante perché l’individuazione della minima concentrazione efficace permetterà di ridurre al minimo la concentrazione di estratto da impiegare nelle successive applicazioni in situ, garantendo l’azione biocida, minimizzando gli eventuali effetti collaterali, con vantaggi relativi alla valutazione del rischio per operatori e fruitori e di tipo economico.  

Dal laboratorio all’opera

Per poter passare dal “bancone” di laboratorio all’applicazione sull’opera è necessaria un’ulteriore fase di sperimentazione, da svolgere su provini o copie che riproducano, non solo la problematica (contaminazione microbica), ma anche le condizioni operative, ad esempio il materiale da trattare, lo stato di alterazione di matrici e superfici etc. Questo passaggio è essenziale per ottimizzare le condizioni applicative (ad esempio, concentrazione dell’estratto, modalità e tempi di posa) al fine di ottenere i migliori risultati e escludere o minimizzare gli effetti collaterali.

Le prime applicazioni di estratto di foglie di liquirizia sono state effettuate in laboratorio su una copia de "Il neonato" di Georges de La Tour dipinta nel 2000 con tempera all'uovo su tela industriale bianca (Fig.2a). Durante un precedente restauro nei laboratori dell’Accademia di Belle Arti de l’Aquila, il dipinto era stato foderato con pasta fiorentina e stuccato con gesso e con colla animale. Questo rivestimento, realizzato con materiale organico, in combinazione al luogo di conservazione dell'opera, che non garantiva le condizioni microclimatiche più corrette, ha indotto un esteso attacco microbico della superficie anteriore e posteriore del dipinto. 

La tipologia e il grado di attacco sono stati analizzati mediante microscopio digitale con luce visibile e UV e sono state identificate tre aree classificate a seconda dell’attacco microbico (Fig.2a). L'indagine, che si è concentrata sulla componente coltivabile della comunità microbica, sia batterica che fungina, ha permesso di rilevare una distribuzione peculiare dei microrganismi sull’opera.

Nell'area in cui l’attacco era più forte ed evidente (A) sono stati isolati solo ceppi fungini appartenenti ai generi Arthrinium, Aspergillus e Penicillium, mentre nell'area a moderata contaminazione (B) sono stati isolati 5 ceppi batterici, tutti appartenenti al genere Bacillus ed un solo ceppo fungino, Cladosporium cladosporioides. Nell'area apparentemente priva di patine microbiche (C), non sono stati trovati microrganismi coltivabili

Tra i microrganismi identificati, i più dannosi per l’opera erano C. cladosporioides, per la capacità di degradare carbossimetilcellulosa, xilano e lignina, attraverso il rilascio di xilanasi, Penicillium ed Aspergillus, per la loro capacità di precipitare carbonato di calcio, di produrre acidi corrosivi e precipitare ossidi di ferro, gel amorfi e ossalati.

Prima di procedere al trattamento con estratto di foglie di liquirizia, sono stati condotti test preliminari di efficacia su piastra sui ceppi microbici isolati; l’estratto è stato poi applicato su tasselli di prova, per fugare eventuali alterazioni del materiale o del colore e per valutare il tempo minimo di applicazione, che è risultato tra le 4 e le 24 ore.

A questo punto l'intero dipinto è stato pulito con l’estratto di liquirizia (Fig.2b). L'effetto antimicrobico è stato monitorato nel tempo, dimostrando che, oltre all’attività biocida, l'estratto di foglie di liquirizia ha un effetto batteriostatico e inibisce la ricolonizzazione dell'opera d'arte anche dopo quasi 4 anni (Fig.2c).

Questo è stato solo l’inizio di un’esperienza di ricerca che, negli ultimi anni, ha permesso la realizzazione di numerosi studi e applicazioni dell'estratto di liquirizia su vari materiali e in svariati siti storici ed archeologici, che vanno dai Giardini dei Musei Vaticani, al Battistero del Castello di Santa Severa, ai manufatti lapidei conservati alle Terme di Diocleziano, sede del Museo Nazionale Romano, al Parco del Colosseo[9]. Tra tutti, il caso-studio forse più prestigioso ed importante, che continua tuttora, è quello effettuato nella Domus Aurea di Roma.

Le pareti e le volte mostrano una significativa colonizzazione di biofilm complessi (Fig. 3a) che, nel corso degli anni, sono stati trattati con benzalconio cloruro e coformulati commerciali. Questi prodotti hanno portato allo sviluppo di resistenze e si stanno rivelando sempre meno efficaci, richiedendo applicazioni sempre più ravvicinate.

La collaborazione con Soprintendenze e storici del monumento

La collaborazione con i funzionari della Soprintendenza e gli storici del monumento è stata fondamentale non solo per realizzare importanti esperimenti volti a testare l’efficacia e le molteplici modalità di applicazione dell’estratto da solo e in formulazione con diversi oli essenziali[10] ma anche perché ha permesso al mondo della ricerca di incontrare e confrontarsi con chi è impegnato nella gestione e nella tutela del patrimonio artistico.

In questi anni abbiamo osservato e, forse nel nostro piccolo, contribuito ad alimentare un cambiamento nella gestione e conservazione del patrimonio culturale e un'apertura verso la ricerca e l'innovazione: mentre prima i funzionari erano scettici e cauti e rispondevano alle nostre richieste di provini con piccoli frammenti di pochi cm2 (Fig. 3b), ora sono loro che ci propongono nuove sfide e ci forniscono intere stanze su cui testare i nostri prodotti (Fig.3c).

Figura 1- Test su piastra per la valutazione dell’azione antimicrobica dell’estratto di liquirizia. a) Agar well-diffusion method: l’efficacia è valutata sulla base dell'alone di inibizione della crescita dal punto di applicazione della sostanza. b) Test per definire la concentrazione minima di sostanza che può inibire la crescita di un microrganismo (MIC, Minimum Inhibitory Concentration) o ucciderlo (MBC, Minimum Biocidal Concentration). Si nota come per i due ceppi fungini rappresentati la concentrazione efficace sia differente.
Figura 2 - Copia dipinta da L. De Gasperis di “Le Nouveau-Né” di Georges de La Tour. a) l’opera prima dell’intervento di pulitura. Sono evidenti i segni di alterazione dovuti all’ attacco microbico. Sono ben identificabili tre aree, quella a sinistra (A) con una patina diffusa e omogenea, quella centrale (B) con un attacco moderato e quella a destra (C) in cui non sono visibili segni di alterazione della superficie pittorica. b) Opera durante l’applicazione dell’estratto di liquirizia. L’estratto è stato applicato a pennello con interposta carta giapponese e lasciato in posa over-night. c) l’opera a distanza di 4 anni dal trattamento di pulitura. La superficie pittorica risulta priva di patine biologiche.
Figura 3 - Domus Aurea, Parco Archeologico del Colosseo, Roma. a) Le pareti e le volte mostrano una significativa colonizzazione di film biodeteriogeni complessi b) 2017 - interventi iniziali su frammenti di reperti affrescati applicati in maniera reversibile alle pareti e trattati in laboratorio c) 2021-applicazione mediante lancia telescopica di una miscela sperimentale a base di estratti vegetali in una sala della Domus Aurea.

I BIOFILM NEL DETERIORAMENTO DEI BENI CULTURALI

Flavia Tasso & Giada Migliore

Il biodeterioramento di rocce monumentali e resti archeologici è un processo complesso in cui intervengono ed agiscono sinergicamente fattori fisici, chimici e biologici.

Gli agenti atmosferici rendono la superficie più porosa e incoerente favorendo la deposizione di particelle atmosferiche inquinanti che, a loro volta, accelerano la perdita di coesione e la desquamazione del materiale lapideo e forniscono un terreno di crescita ottimale per diversi tipi di organismi biodeteriogeni. La formazione di un biofilm deteriogeno può comportare un danno al bene di tipo puramente estetico, o chimico, dovuto alla secrezione di enzimi, acidi inorganici e organici e di sostanze che solubilizzano i minerali del substrato, o meccanico, se la crescita microbica induce uno stress fisico e rotture.

La formazione di un biofilm si realizza mediante una “Successione ecologica”: su matrici prive di materia organica si insediano microrganismi pionieri litofili, fotoautrofi e chemiolitotrofi, mentre su superfici con quantità molto piccole di materia organica si insediano microrganismi oligotrofi eterotrofi, quali batteri, attinomiceti e funghi. Lo sviluppo e la morte di successive generazioni di microrganismi, insieme all'accumulo di composti azotati e fosfati atmosferici, arricchisce la pietra di materia organica e di fattori di crescita essenziali, permettendo il successivo sviluppo di altri microrganismi eterotrofi.

Diagramma a flusso circolare. Cinque cerchi con figure che rappresentano in modo schematico i microrganismi nella formazione di un biofilm complesso

Infine, con il progressivo peggioramento delle condizioni fisiche di superficie, si instaurano condizioni che permettono l'impianto e la germinazione di spore di crittogame fino ai semi di piante superiori e si stabilisce una microfauna specializzata molto adattabile.

Le attività metaboliche e la successione di diversi gruppi microbici danno luogo ad una comunità microbica complessa con dominanza di microrganismi eterotrofi, tra cui batteri e funghi, immersi in una matrice di sostanze polimeriche extracellulari (EPS), come polisaccaridi, lipidi, proteine, acidi nucleici, pigmenti ed enzimi, che ricoprono e collegano le cellule per formare un biofilm stabile. Il biofilm fornisce vantaggi a tutti i microrganismi che lo abitano: migliora l'adesione al substrato, protegge dall'essiccazione e dalla predazione, media il trasferimento di sostanze nutritive tra le specie, così come l'intrappolamento di particelle trasportate dall'aria contenenti composti organici e inorganici. I biofilm maturi hanno un'architettura stabile e la capacità biochimica di amplificare il biodeterioramento di vari materiali. Inoltre, conferiscono ai microrganismi una maggiore resistenza ai composti biocidi.

La comprensione dei processi di biodeterioramento delle opere d'arte del patrimonio culturale richiede un monitoraggio a lungo termine per evitare conclusioni fuorvianti e perché la comunità microbica è soggetta a variazioni legate ai cambiamenti stagionali, ai cicli vitali delle singole specie e alle molte strategie di sopravvivenza.

Bibliografia

[1] Hueck, H.J. The Biodeterioration of Materials as a Part of Hylobiology. Material und Organismen, 1965, 1, 5-34.

[2] https://echa.europa.eu/

[3] Barresi G., Cammarata, M., Palla F. Biocide. In Biotechnology and Conservation of Cultural Heritage; Palla, F., Barresi, G., Eds.; Springer International Publishing: Cham, Switzerland, 2017; pp. 49–65

[4] https://www.trifolio-m.de/en/

[5] Irani, M., Sarmadi M., Bernard F., Ebrahimi G.H., Ebrahimi G.H., Bazarnov H.S. Leaves antimicrobial activity of Glycyrrhiza glabra L. Iran. J. Pharm. Res. 2010, 9, 425–428.

[6] Scherf A., Treutwein J., Kleeberg H., Schmitt A. Efficacy of leaf extract fractions of Glycyrrhiza glabra L. against downy mildew of cucumber (Pseudoperonospora cubensis). Eur. J. Plant Pathol. 2010, 134, 755–762.

[7] https://sostenibilita.enea.it/news/microbial-resource-research-infrastructure-italian-node-mirri-it

[8] Mounyr Balouiri, Moulay Sadiki and Saad Koraichi Ibnsouda. Methods for in vitro evaluating antimicrobial activity: A review, Journal of Pharmaceutical Analysis, 2015, 6 (2), 71-79.

[9] Sprocati AR., Alisi C., Migliore G., Marconi P., Tasso F. (2020) Sustainable restoration through biotechnological processes: a proof of concept. In press in “Roles of microorganisms in heritage degradation and preservation” ( E Joseph, P Junier eds.) Springer. ISBN 978-3-030-69411-1

[10] Rugnini L., Migliore G., Tasso F., Ellwood N.T.W., Sprocati A.R., Bruno L. Biocidal Activity of Phyto-Derivative Products Used on Phototrophic Biofilms Growing on Stone Surfaces of the Domus Aurea in Rome (Italy). Appl. Sci. 2020, 10, 6584. https://doi.org/10.3390/app10186584


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