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Climate change. Innovare i meccanismi?

T. Fanelli, V. Artale, N. M. Caminiti, C. Manna, M. Clarich, A. Ortis, G. Silvestrini, F. Testa

Sebbene le evidenze scientifiche non lascino dubbi sull’influenza delle attività antropiche sui cambiamenti climatici del pianeta, l’esito negativo delle ormai troppe Conferenze mondiali sul tema non lascia realisticamente molte speranze su un accordo globale che limiti le emissioni di gas climalteranti.

L’Unione Europea, dopo aver adottato la strategia Clima-Energia basata sugli obiettivi del Pacchetto 20-20-20, ha approntato una Roadmap per il 2050 che prevede una progressiva decarbonizzazione dell’economia con un obiettivo di riduzione di gas serra dell’80% al 2050.

Tuttavia il sistema ETS (Emission Trading Scheme), su cui l’Europa ha largamente fondato i suoi obiettivi, si è rivelato inadeguato ed inefficiente non solo a causa della crisi economica, che ha indotto il crollo dei consumi energetici e di conseguenza delle emissioni e dei prezzi dei diritti di emissione, ma soprattutto nella gestione degli effetti dello sviluppo del commercio mondiale di beni e servizi.

Infatti buona parte dell’imponente crescita di consumi energetici e di emissioni di Paesi emergenti come Cina, India, Brasile, Corea non è attribuibile all’espansione demografica o ai maggiori consumi interni, bensì alle esportazioni di beni e servizi verso i Paesi occidentali.

Tutto ciò era difficilmente prevedibile quando venne decisa la strategia europea, in pratica nel periodo 1995-1997 con l’adozione del Protocollo di Kyoto, ben prima dell’ingresso, nel 2001, della Cina nel WTO e in un contesto internazionale molto diverso da quello odierno, in cui il commercio con i Paesi emergenti era trascurabile.

Oggi di fatto la sostituzione di produzioni europee con importazioni dai Paesi emergenti ha indotto un’apparente riduzione delle emissioni dell’Europa ma un sostanziale incremento delle emissioni mondiali a causa della minore efficienza energetica ed ambientale di tali produzioni.

Occorre quindi prendere atto del fatto che l’Europa sul tema dei cambiamenti climatici non solo è in una condizione di sostanziale isolamento nel contesto mondiale ma rischia di pagare un prezzo alto per le sue politiche senza indurre sostanziali benefici all’ambiente.

Il rischio è che gli attuali strumenti per ridurre le emissioni di gas serra costituiscano per l’Europa e per l’Italia un ulteriore fattore di perdita di competitività: l’industria sopporta maggiori costi ma non percepisce concreti benefici da queste politiche.

La strategia che può permettere all’Europa di contemperare gli obiettivi ambientali, non rinunciabili, con quello di mantenere una solida industria manifatturiera deve essere basata innanzitutto sulla possibilità di rendere riconoscibile la maggiore qualità ambientale delle proprie produzioni attraverso la tracciabilità delle emissioni ed un’apposita etichettatura che consenta ai consumatori di esplicare la loro propensione verso prodotti più ecocompatibili. Occorre poi applicare una fiscalità di vantaggio basata su criteri di LCA (Life Cycle Assessment) che potrebbe sostituire il sistema ETS. Una fiscalità che quindi non sia né discriminatoria né protezionista ma che permetta, senza quindi violare i criteri del World Trade Organization, semplicemente di distinguere i prodotti che hanno indotto maggior impatto sull’ambiente da quelli che invece consentono di rispettarlo.

Should we innovate its mechanisms?

Although scientific evidence proves unquestionably that anthropic activities affect worldwide climate change, the negative outcome of the too many world conferences on the subject leaves no realistic hope of a possible global agreement limiting greenhouse gas emissions.

The EU, after adopting the climate-energy strategy based on the goals from the 20-20-20 Package, implemented a Roadmap for 2050 predicting a progressive decarbonisation of the economy with the objective of an 80% greenhouse gas reduction by 2050.

However, the ETS System, on which Europe has largely based its objectives, proved unfit and insufficient not only as a result of the economic crisis, bringing about a fall in energy consumption and consequently emissions and cost of emission rights, but mostly in dealing with the effects of the development of world trading of goods and services.

In fact, most of the massive growth in energy consumption and emissions of emerging countries such as China, India, Brazil, Korea, is not caused by demographic growth or increased domestic consumption, but by the export of goods and services to western countries.

This was hardly predictable when the European strategy was launched, in the period 1995-1997, with the adoption of the Kyoto protocol, well before the entry of China in the WTO, in an international setting very different from today, in which trade with emerging countries was marginal.

Today the replacement of European manufacturing with imported goods from emerging countries has only apparently reduced European emissions, in fact increasing global emissions due to their lower energy and environmental efficiency.

It is necessary to acknowledge that Europe is not only isolated from the global context on the subject of climate change but it’s likely to pay a high price for its policies without real benefits to the environment.

The risk is that the current tools for greenhouse gas reduction could represent an additional factor of loss of competition since industry bears more costs without having real advantages in return.

Europe could meet its fundamental environmental objectives, alongside with maintaining a strong manufacturing industry, primarily by making recognizable the increased environmental quality of its production through the traceability of its products and a special labelling allowing consumers to choose from more eco-friendly options.

It is also necessary to apply an advantageous tax-system based on LCA (Life Cycle Assessment) criteria to substitute the ETS system, a non-discriminatory nor protectionist taxation allowing, without infringing the WTO criteria, to distinguish products that heavily impact the environment from sustainable ones.

T. Fanelli, V. Artale, N. M. Caminiti, C. Manna, M. Clarich, A. Ortis, G. Silvestrini, F. Testa

Tullio Fanelli, Marcello Clarich, Alessandro Ortis, Gianni Silvestrini, Federico Testa - Gruppo di esperti Progetto “Idee per lo Sviluppo Sostenibile”

Vincenzo Artale, Natale Massimo Caminiti ENEA, Unità Tecnica Modellistica Energetica Ambientale

Carlo Manna - ENEA, Unità Centrale Studi e Strategie

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