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Gilberto Pichetto Fratin

Il nucleare italiano nel panorama internazionale ed europeo

di Gilberto Pichetto Fratin

La prospettiva al 2050 deve essere quella della neutralità carbonica e sostituire il gas con una produzione di energia nucleare aiuterebbe il nostro Paese sul fronte della indipendenza energetica e sul consumo del territorio e tutela del paesaggio, essendo l’ingombro degli Small Modular Reactor (SMR) del prossimo futuro minimo rispetto agli spazi necessari sia per il solare che per l’eolico. Questa consapevolezza dell’utilità “ambientale” del nucleare sta passando in Italia ed è un dato acquisito nel panorama internazionale.

di Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica

Dopo decenni di una narrazione dell'energia atomica che era improntata alla paura, finalmente anche in  Italia si sta cominciando a discutere di nucleare in maniera che definirei “laica”, cioè senza preconcetti, senza dogmi, senza adesioni fideistiche a questa o a quella posizione.

Forse perché l’opinione pubblica sta comprendendo che il no al nucleare, sancito dai due referendum, all’indomani dei due incidenti di Chernobyl e Fukushima, non ci ha portato vantaggi né sicurezze, ma ritardi e rischi ambientali con cui oggi facciamo i conti.

L’impegno per le rinnovabili alla COP e in Italia

Appare evidente oggi che il percorso delle rinnovabili, che questo Governo ha rimesso in moto, è un percorso complesso e non esente da prezzi per il territorio. Ma il nostro impegno in questa direzione è preciso.  Abbiamo aderito alla dichiarazione proposta dalla Presidenza COP28 con l’impegno a triplicare entro il 2030 la produzione di energia da rinnovabili.

Un impegno che è già contenuto nel nostro PNIEC dove si prevede che il solare crescerà da 21.650 MW (2020) a 79.921 MW nel 2030, prevedendo un incremento del 369,15% mentre l’eolico crescerà da 10.907 MW (2020) a 28.140 MW nel 2030, prevedendo un incremento del 258%. Con un incremento complessivo (da 32,5 a 108 GW) di oltre il 300%.

Noi stiamo puntando al massimo sulle rinnovabili, anche con gli stanziamenti del PNRR, ma certamente una quota di nucleare nel nostro mix energetico aiuterebbe molto a raggiungere l’obiettivo di neutralità carbonica nel 2050.  La COP 28 che si è appena chiusa ha indicato il nucleare come una delle tecnologie utili nel percorso di decarbonizzazione al 2050.

Dunque di nucleare si ricomincia a parlare, con una crescente consapevolezza del ruolo che questa tecnologia e lo sviluppo della stessa potrà giocare nella transizione sia in termini di stabilità del sistema che in termini di decarbonizzazione. Certamente l’utilizzo dell’energia nucleare ci farebbe risparmiare molte emissioni di gas serra che altrimenti nei prossimi 26 anni continuerebbero poiché saremmo costretti a usare fonti fossili per colmare la quota di domanda di energia che le rinnovabili non programmabili rischiano di non coprire.

Il percorso che abbiamo delineato è chiaro. Oggi abbiamo un mix con 2/3 di fossile e 1/3 di rinnovabili col carbone in calo, il petrolio stabile, gas e rinnovabili in crescita.

Al 2030 intendiamo invertire questo rapporto e arrivare, dopo aver abbandonato il carbone nel 2025, a lasciarci alle spalle anche il petrolio, ed arrivare ad un rapporto 2/3 e 1/3 a favore delle rinnovabili.

La prospettiva al 2050 deve essere quella della neutralità carbonica e sostituire il gas con una produzione di energia nucleare aiuterebbe il nostro Paese sia sul fronte della indipendenza energetica che su quella del consumo del territorio e tutela del paesaggio, essendo l’ingombro degli Small Modular Reactor (SMR) del prossimo futuro minimo rispetto agli spazi necessari sia per il solare che per l’eolico. Questa consapevolezza dell’utilità “ambientale” del nucleare sta passando in Italia ed è un dato acquisito nel panorama internazionale.

Il nucleare fra i protagonisti della COP 28

Sono reduce dal negoziato della COP 28 a Dubai. Avrete letto quanto il nucleare sia diventato, per la prima volta, un tema chiave nel dibattito e nella trattativa sui cambiamenti climatici.

Il fatto che una ventina di Paesi, tra cui Stati Uniti e Francia, abbiano chiesto in sede di COP di triplicare le capacità energetiche degli impianti nucleari nel mondo entro il 2050 è un evento storico, perché il nucleare viene visto ufficialmente in sede internazionale come una fonte di energia determinante per ottenere la neutralità carbonica entro il 2050 e per fronteggiare l’effetto serra, risorsa in alternativa al carbone e al gas, e quindi come uno strumento per fronteggiare l’effetto serra. 

C’è stato chi ha criticato l’assenza dell’Italia fra i sottoscrittori della proposta. Critica paradossale. Noi siamo pienamente convinti della validità di questa proposta politica, ma non avendo nessun impianto nucleare attivo, né in costruzione, non possiamo ad oggi impegnarci per triplicare ciò che non abbiamo.

E sempre in sede di COP, a riprova che il tema è centrale nella trattativa sul clima, il premier belga ha annunciato che il Belgio organizzerà a marzo 2024, insieme all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), il primo vertice mondiale sul nucleare (Nuclear Energy Summit), a livello di Capi di Stato e Leader di Governo. 

Abbiamo aderito, dopo anni in cui il tema era stato bandito dal tavolo della politica nazionale, alla Alleanza per l’Energia per il Nucleare in Europa in veste di osservatori. Allo stesso modo potremmo partecipare al vertice anche con l’obiettivo di seguire da vicino il confronto istituzionale sulle evoluzioni di questa tecnologia che è stata riconosciuta “green” dalla tassonomia europea. Questi due impegni manifestati alla COP danno la misura del ruolo che l’energia nucleare si appresta a svolgere nella questione ambientale come risorsa determinante per l’uscita dai combustibili fossili.

Guardando avanti verso la fusione

E dobbiamo tener conto che stiamo discutendo di un uso del nucleare a breve-medio termine. Stiamo ragionando su piccoli reattori modulari, impianti che producono energia nella massima sicurezza, sempre con la tecnologia della fissione. Ma non dobbiamo solo guardare il prossimo futuro, dobbiamo guardare avanti e l’orizzonte del nucleare è la fusione, l’energia pulita e sicura del futuro.

E per guardare avanti, nell’ambito del decreto “Mission Innovation” abbiamo stanziato 135 milioni di euro dedicati al settore nucleare, prevedendo la realizzazione di attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli reattori modulari nel breve-medio periodo e sulle tecnologie di fusione per il lungo periodo. In questo ambito una quota delle risorse sarà utilizzata specificatamente per attività di formazione, con l’obiettivo di rafforzare le competenze professionali, tecniche e specialistiche in questo settore.

Anche il Presidente Giorgia Meloni a Dubai ha sottolineato come “la grande sfida italiana sia il tema della fusione nucleare, che potrebbe essere la soluzione di tutti i problemi energetici”.  “L’Italia su questo sta pensando in grande” ha detto il premier e lo ha detto a ragion veduta perché proprio mentre si apriva la COP contemporaneamente in Giappone il cammino verso la fusione faceva un altro passo con la partecipazione strategica dell’Italia.

Infatti il 1° dicembre è stato inaugurato il “JT-60SA“, la più grande macchina da fusione a confinamento magnetico mai realizzata fino ad oggi nel mondo. L’Italia ha fornito a questo progetto supporto scientifico e componenti importanti, realizzati da aziende del nostro Paese anche grazie ai fondi, circa 70 milioni di euro, messi a disposizione dal Governo italiano. L’impianto “JT-60SA” rappresenta una pietra miliare nello sviluppo dell'energia da fusione e noi Italiani siamo pronti a contribuire alla messa in servizio della macchina e al suo sfruttamento scientifico. 

È altresì importante implementare la collaborazione di questo progetto con il nuovo esperimento di fusione italiano che l’ENEA sta realizzando nel nostro Paese, il tokamak DTT (Divertor Tokamak Test). Entrambi questi progetti sono complementari e di supporto al progetto sperimentale ITER, in corso di costruzione a Cadarache, nel Sud della Francia, al quale l’Italia e l’UE contribuiscono in maniera determinante insieme ad altri partecipanti mondiali.

Così come è importante ricordare l’accordo di cooperazione che ENI ha sottoscritto negli Stati Uniti con CFS (Commonwealth Fusion Systems), di cui detiene un'importante quota di capitale (rispetto a un investimento iniziale di 50 milioni di dollari, attualmente l’impegno di Eni è di diverse centinaia di milioni di dollari) con l’obiettivo di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione a confinamento magnetico.

L’Italia in prima linea nella collaborazione internazionale

Ma l’impianto giapponese “JT-60SA”, frutto di una collaborazione tra il Giappone e l’UE, non è l’unico che vede le aziende italiane in prima linea in questo settore. Non posso non ricordare l’iniziativa che vede fra i protagonisti l’AIN con Ansaldo nucleare in un accordo di collaborazione con EDF e con un consorzio di industrie francesi finalizzato a rafforzare la cooperazione tra i due Paesi per collaborare nello sviluppo di soluzioni innovative in grado di garantire una produzione di energia nucleare pulita ed efficiente. E la cooperazione che si sta mettendo in campo riguarda anche la Romania, con l’accordo fra AIN e il “Romanian Atomic Forum”, al fine di consolidare i rapporti italo-rumeni in ambito nucleare, caratterizzati dalle interazioni tra aziende italiane, con a capo Ansaldo Nucleare, e aziende rumene.

La “Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile” e il percorso italiano

In questo scenario acquisisce un maggiore rilievo l’iniziativa che abbiamo avviato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con la creazione della “Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile”.

Il nostro obiettivo di mettere a sistema Istituzioni, enti universitari e di ricerca, aziende private attorno all'ipotesi di un ritorno al nucleare – così come richiesto dal Parlamento che ha approvato una mozione in questo senso – sta diventando un obiettivo strategico del Paese. A tal proposito ribadisco due elementi chiave del nostro percorso:

  • non è prevista né ipotizzata la realizzazione di grandi centrali nucleari nel nostro Paese, anche perché gli esperti ci dicono che in termini di tempo complessivo per la disponibilità dell’impianto dovrebbero arrivare prima i piccoli reattori modulari che si stima saranno sul mercato tra una decina di anni;
  • è molto probabile che il ruolo dello Stato sia di compartecipazione con i privati da un punto di vista finanziario, oltre che di regolazione e autorizzazione. Saranno i privati, i poli industriali, le comunità locali a investire e decidere sulla base di una valutazione di sostenibilità economica dell’investimento.

Va chiarito che il contributo che il nucleare potrebbe dare al nostro mix energetico avrebbe una finalità ambientale e di indipendenza energetica, consentendo al nostro Paese una piena autonomia e mettendo l’Italia al riparo dalle turbolenze della geopolitica che negli ultimi anni abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo.

Io vorrei però che di questa “opportunità nucleare” se ne discutesse con pacatezza e tenendo presente i dati scientifici e tecnici del nucleare di oggi e di quello che l’Italia potrebbe utilizzare domani.

Penso che parallelamente a tutti gli approfondimenti e le verifiche tecniche, a tutto l’impegno del sistema industriale per essere competitivo e pronto in questo campo, sia necessaria una “political suasion” nei confronti dell’opinione pubblica.

Dobbiamo riuscire a comunicare la qualità e i vantaggi ambientali delle nuove tecnologie del nucleare. Dobbiamo essere in grado di sovvertire la cultura della paura alimentata da un ideologismo che ha fatto del contrasto al nucleare una battaglia identitaria.

Ho letto che fra i giovani oggi l’avversione al nucleare è meno marcata, e voglio ricordare qui come la stessa Greta Thunberg ha criticato la chiusura delle centrali in Germania visto che l’alternativa era il ritorno al carbone, che inquina ed emette gas serra, al contrario dei reattori nucleari. 

Ci sono insomma ragioni ambientali in primo luogo – le centrali nucleari non producono CO2 – ma anche economiche e sociali per sostenere l’opportunità di valutare in Italia un ritorno al nucleare civile.

Una recente ricerca ha stimato in 45 miliardi di euro l’impatto economico della realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte nucleare di ultima generazione (Small e Advanced modular reactor) in Italia. Si ipotizza inoltre la creazione di 52 mila posti di lavoro stabili a tempo pieno.

Al di là delle stime in ogni caso è evidente la spinta anche economica e occupazionale che un ritorno al nucleare implicherebbe per il nostro Paese.

Credo quindi che dobbiamo proseguire nel nostro impegno, per attrezzarci tecnologicamente e attrezzare il sistema produttivo italiano nel breve periodo, e guardare in prospettiva al nucleare come una possibile importante fonte di energia green per l’Italia.

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