Copertina della rivista
operai nel settore nucleare

Perché si riparla di nucleare in Italia?

di Roberto Adinolfi

DOI 10.12910/EAI2023-054

La lunga e travagliata storia dell’energia nucleare in Italia ha conosciuto negli ultimi due anni una significativa accelerazione, in larga misura inattesa. Dopo un lungo periodo di rigetto aprioristico delle evidenti ragioni che fanno del nucleare una fonte carbon-free, finalmente si è creata una pre-condizione, necessaria seppur non sufficiente, per un nuovo interesse degli operatori del settore. Questo nuovo capitolo della storia del nucleare nel Paese nasce dalla base, prima ancora che dai decisori politici.

Roberto Adinolfi

Roberto Adinolfi

Presidente di Ansaldo Nucleare

La lunga e travagliata storia dell’energia nucleare in Italia ha conosciuto negli ultimi due anni una significativa accelerazione, in larga misura inattesa.

Ad essa hanno contribuito alcuni fattori esterni, primo fra tutti l’inclusione degli investimenti sull’energia nucleare (per quanto a determinate condizioni) nei criteri della Tassonomia europea. Dopo anni di rigetto aprioristico delle evidenti ragioni che fanno del nucleare una fonte carbon-free, finalmente si è creata una pre-condizione, necessaria seppur non sufficiente, per un nuovo interesse degli operatori europei del settore. Ed ancor più, questo passo ha verosimilmente sgombrato il campo anche nel nostro Paese da tanta disinformazione circa l’impatto ambientale dell’energia nucleare.

Ma in Italia, Paese da decenni disinteressato a progetti nucleari, stanno giocando un ruolo significativo anche fattori più interni al nostro sistema:

  • in primis, la preoccupazione diffusa per la sicurezza degli approvvigionamenti, messa in crisi dallo scoppiare del conflitto tra Russia e Ucraina: un tema scomparso per anni dal dibattito pubblico italiano, ma tornato di interesse anche del più vasto pubblico;
  • di conseguenza, l’allarme delle industrie energivore italiane sia sul livello attuale dei prezzi, sia sulla loro eccessiva instabilità: fattore questo che rischia di penalizzare i nostri produttori rispetto a quelli di Paesi che, come la Francia, possano contare su un mix produttivo meno esposto alle fluttuazioni di mercato;
  • da ultimo, in uno scenario dove gran parte della produzione sarà assicurato dalle fonti rinnovabili non programmabili, la necessità di mantenere la rete sempre bilanciata: la geografia del Paese, con i consumi concentrati al Nord e la produzione da RES in sviluppo principalmente al Sud, comporta non solo il bilanciamento orario e stagionale delle RES, ma anche un bilanciamento geografico, che non può non preoccupare le società elettriche, in particolare quelle a forte connotazione regionale.

L’insieme di questi fattori esterni ed interni ha creato una concomitanza di interesse per il nucleare tra vari soggetti, dai grandi consumatori alle società elettriche, dai cittadini preoccupati per la sicurezza del futuro ai giovani sensibili alle tematiche ambientali (e non ancorati a schemi ideologici…). Possiamo ben dire, anche alla luce dei più recenti sondaggi, che questo nuovo capitolo della storia del nucleare nel Paese nasce dalla base, prima ancora che dai decisori politici.

Peraltro, anche a questo livello si registrano ormai passi significativi: il più rilevante è la Piattaforma di coordinamento sui temi nucleari lanciata dal Ministro dell’Ambiente, che intende raggruppare intorno ad un tavolo comune tutti gli attori interessati a vagliare i pro e i contro di una ripresa di iniziativa e ad individuare una possibile road map per consentire decisioni di investimento in nucleare anche nel nostro Paese.

Non solo: l’Italia ha anche aderito, seppure in qualità di osservatore, ad alcune significative iniziative lanciate in Europa per stimolare il dibattito, quali la Nuclear Alliance promossa dalla Francia e dagli altri Paesi che ospitano impianti nucleari o che intendono dotarsene nel prossimo futuro (es. la Polonia).

Altra iniziativa rilevante è quella promossa dalla Commissione Europea sugli Small Modular Reactors: nell’ambito delle attività esplorative condotte nella fase di Pre-partnership, l’ISIN ha partecipato al gruppo di lavoro costituito dall’European Nuclear Safety Regulatory Group (ENSREG) per valutare le migliori modalità per armonizzare le valutazioni di sicurezza e i percorsi autorizzativi tra i vari Paesi europei. L’obiettivo dell’iniziativa è facilitare la realizzazione di reattori standardizzati, condizione essenziale per una produzione in serie e quindi per il raggiungimento della competitività degli SMR sul mercato. È di novembre l’annuncio da parte della Commissaria UE all’Energia del lancio di una SMR Industrial Alliance, alla quale vari attori industriali italiani guardano già con interesse.

Come ci presentiamo a questo appuntamento?

Questo fiorire di interesse, nell’opinione pubblica come tra i decisori politici, deve comunque misurarsi, in primo luogo, con lo stato dell’arte del Sistema Italia in materia di energia nucleare. Cercherò nel seguito di dare un contributo almeno per quanto concerne lo stato della nostra struttura tecnico-industriale.

Le uniche attività realizzative in campo nucleare in Italia ormai da venti anni sono solo quelle correlate alla sistemazione dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento delle centrali all’arresto. Ma l’industria italiana ha continuato a ricercare lavoro all’estero, posizionandosi su molti dei (pochi) progetti in corso in Europa, sia nel campo dei Nuovi Impianti che nel campo delle migliorie agli impianti in esercizio. Cito i più significativi:

  • La realizzazione delle due unità CANDU in Romania (Cernavoda 1 &2), un progetto completato da tempo (2007) ma che fino all’inizio di quest’anno è rimasto l’unico nuovo impianto entrato in esercizio in Europa dopo Chernobyl. Importante notare come l’unità 2 di Cernavoda sia stata completata (dal consorzio AECL- Ansaldo, col coinvolgimento di numerosi fornitori italiani) con soli due mesi di ritardo e con un extra-costo del 7% rispetto alla stima iniziale. Oggi l’industria italiana, forte di questo risultato, è ben posizionata per la realizzazione di due ulteriori unità, nonché per il revamping della prima unità, prossima ad esaurire la vita iniziale di progetto.
  • La realizzazione delle due unità VVER in Slovacchia (Mohovce 3&4) che ha visto impegnata ENEL sia come owner che come integratore, e che quest’anno ha conseguito il traguardo della messa in servizio dell’Unità 3.
  • L’upgrade di sicurezza dell’impianto PWR in Slovenia (Krsko), per tener conto delle lessons learned dall’incidente di Fukushima: Ansaldo ha progettato e realizzato due nuovi sistemi di sicurezza “ultima” (ovvero di back up ai sistemi già esistenti, anche in condizioni estreme, quale terremoto limite), rendendo così possibile l’estensione della vita dell’impianto per altri venti anni.
  • La risoluzione della problematica di stress corrosion cracking emersa sugli impianti francesi: le nuove tubazioni che sono state montate sugli impianti sono state approvvigionate da due aziende italiane (Tectubi e IBF), a testimonianza dell’alto livello di qualità della nostra manifattura.

Peraltro, anche in termini di tecnologia le nostre strutture sono state, e sono, all’avanguardia:

  • Abbiamo sviluppato in Italia i più innovativi componenti richiesti dal ricorso ai cd. sistemi di sicurezza passiva, adottati per i reattori di terza generazione avanzata, quali gli scambiatori immersi in piscina utilizzati nell’AP1000 e nello SBWR o il Contenitore metallico per lo smaltimento finale del calore dell’AP1000. Componenti non solo progettati e realizzati come prototipi nelle nostre fabbriche, ma anche testati nelle facilities sperimentali di ENEA e SIET.
  • Per primi abbiamo esplorato progetti di piccoli reattori (gli antesignani degli SMR), uno per tutti il reattore IRIS (proposto dal Politecnico di Milano ad inizio anni 2000)
  • Abbiamo condotto la ricerca europea sulla quarta generazione, sviluppando in particolare la filiera dei reattori veloci raffreddati a piombo, oggetto ai giorni nostri di due progetti proposti da compagini italiane (ENEA, Ansaldo Nucleare e Newcleo), sui quali si stanno aggregando crescenti interessi europei.
  • Last but not the least, siamo presenti da protagonisti sul fronte più avanzato delle tecnologie nucleari, quello della fusione. Le imprese italiane rappresentano oggi il secondo fornitore di ITER, con commesse relative a componenti di primaria rilevanza, quali il Vacuum Vessel, i magneti toroidali, ecc. E non va dimenticato l’impegno per la realizzazione del Divertor Tokamak Test facility di ENEA, nonché la partecipazione attiva di ENI all’innovativo progetto CFS negli Stati Uniti.

Quali prospettive per la nostra industria?

Questo per il passato e per il presente: ma cosa possiamo pensare di fare per il futuro, come industria italiana, per esser parte attiva nell’evoluzione dei mercati nucleari in Europa, e anche essere pronti a sostenere un nuovo scenario nel nostro Paese, qualora se ne aprisse l’opportunità?

Senz’altro possiamo continuare, ed anzi incrementare, la nostra partecipazione ai progetti oggi allo studio in vari Paesi europei: solo così potremo mantenere aggiornate le nostre conoscenze, progredire nell’innovazione di processo e di prodotto, e soprattutto creare reali opportunità di crescita professionale ai tanti giovani che anche nel nostro Paese tornano a guardare al settore nucleare con interesse.

Per la nostra industria, le opportunità più interessanti potrebbero essere offerte dal nascente mercato degli SMR, dove almeno in linea di principio ci possono essere maggiori spazi liberi per inserirsi nelle catene di fornitura che si stanno formando a livello europeo. Inoltre, proprio sugli SMR sembra che  più facilmente si potranno creare opportunità nel mercato domestico. Infatti gli SMR meglio si attagliano ad attori che si affacciano per la prima volta alla generazione elettronucleare, come molte nostre utilities nonché i grandi consumatori; meglio si combinano con una forte presenza di RES nella rete; meglio rispondono alla difficoltà di trovare siti, che da sempre costituiscono in Italia una barriera per la localizzazione dei grandi impianti.

Perché gli SMR possano affermarsi sul mercato e trovare un adeguato spazio affianco ai grandi impianti che altrove in Europa continuano ad essere il riferimento anche per il futuro, è necessario soddisfare alcuni criteri insiti nel modello di business associato a questi impianti che non usufruiscono del beneficio della grande taglia. Non basta infatti disegnare un reattore di piccola taglia da commercializzare in moduli successivi per assicurarne la competitività (il recente caso di cancellazione del progetto pilota Nuscale nello Utah ne è un esempio).

Bisogna innanzitutto individuare la taglia ottimale per contenere comunque i costi fissi di impianto, assicurando allo stesso tempo la possibilità di assemblare il reattore in officina, evitando così i costi (e gli extracosti!) della costruzione in sito, ove ogni ritardo genera sia maggiori oneri diretti sia maggiori oneri finanziari.

Bisogna assicurarsi poi i vantaggi associati alla realizzazione in serie, quindi standardizzare non solo il progetto e renderlo fruibile in svariati Paesi, ma anche adottare soluzioni tecniche e processi di costruzione che sfruttano pienamente la learning curve.

E ancora, bisogna semplificare quanto più possibile il progetto, ricorrendo laddove possibile a componenti standard industriali di alta qualità, ma non disegnati e costruiti specificamente.

Tutto ciò aiuta a comprendere come nel caso degli SMR bisognerà rivedere dalle fondamenta l’organizzazione della Supply Chain, passando da un approccio “project oriented” nell'impostazione e nell’organizzazione del lavoro ad un approccio “factory oriented”.

Ne consegue che, almeno in linea teorica, per la penetrazione degli SMR si creerà un campo di gioco più livellato, dove anche i fornitori “storici” dovranno rimettersi in discussione e fornire nuove soluzioni fit for purpose, rinunciando in buona misura alle rendite di posizione acquisite negli anni. Una buona opportunità per le industrie italiane che da venti anni conquistano spazi puntando proprio sulla propria capacità di adattamento alle specifiche esigenze dei clienti.

Come ripartire?

Nel ricostruire le condizioni per una ripartenza del nucleare in Italia, sembra sensato:

  • partire dai punti di forza ancora esistenti, e
  • fare leva su quanto accade intorno a noi in Europa.

Da qui, alcune proposte:

  1. Partecipare sin da subito alle iniziative internazionali in corso per accrescere le competenze: poter contare su una struttura industriale, e di ricerca, di elevata qualità non solo contribuirà alla credibilità di un programma nucleare presso i cittadini, ma consentirà anche di far ricadere nel Paese buona parte degli investimenti ad esso associati. Senz’altro questo compito ricade in primo luogo sugli operatori economici interessati: ma non si può ignorare la rilevanza di accordi di collaborazione a livello politico nel favorire il dialogo a livello operativo.
  2. Avviare una campagna di informazione corretta e neutrale sui temi dell’energia, evidenziando benefici e problemi associati alle varie fonti, prendendo spunto dall’esperienza in corso in altri Paesi (ad esempio riguardo alla sistemazione dei rifiuti radioattivi): anche se le scelte ottimali in una materia così complessa vanno assunte nelle sedi preposte, la sensibilità oggi esistente per le problematiche ambientali richiede che queste scelte siano comprensibili per i cittadini.
  3. Avviare percorsi di formazione per le molteplici professionalità richieste a supporto di un programma nucleare: professionalità tecniche, sia a livello ingegneristico che di manodopera specializzata, ma anche professionalità per la messa a punto della legislazione e la sua applicazione, ovvero per la gestione di grandi progetti e per il loro finanziamento, ed ancora per la gestione degli impianti e la loro sorveglianza. Anche in questo caso, la collaborazione internazionale può tornare utile: la carenza di risorse non è un problema solo italiano!

Le precedenti proposte, si noti bene, possono essere messe in atto, ed anzi è bene che lo siano, prima ed indipendentemente da decisioni circa il varo di nuovi impianti in Italia: se opportunamente strutturate, esse potranno anche trovare copertura dei costi associati tramite il ritorno in termini di crescita dell’export e di formazione, e quindi di occupazione, in un settore ad alto valore aggiunto e tecnologicamente avanzato.

Molti altri passi saranno necessari se si vorrà giungere al varo di un programma di costruzione di impianti nucleari: ma anche qui l’esperienza internazionale potrà essere un valido riferimento per approntare una precisa e completa road map: si pensi all’avvio di analoghi programmi in Paesi che partivano da un livello di conoscenze decisamente inferiore, quali la Polonia o gli Emirati Arabi.

È questo è il compito al quale è chiamata la Piattaforma lanciata dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, piattaforma alla quale le industrie italiane del settore son pronte a fornire il proprio contributo di idee ed esperienze.

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