
Gli scarti della vite per produrre energia e fertilizzanti
DOI 10.12910/EAI2025-041
di Alice Avila, Unità Relazioni e Comunicazione - ENEA
Dalla decomposizione termochimica dei residui della potatura si possono ottenere diversi sottoprodotti: gas di sintesi, oli combustibili per la produzione di energia elettrica e calore e il biochar, un fertilizzante che può aumentare la resilienza dei vigneti a fattori esterni. ENEA partecipa a un progetto da 1,5 milioni di euro, coordinato dal Crea, per la messa a punto di un protocollo per produrlo.
Dalla decomposizione termochimica degli scarti di potatura della vite si possono produrre fertilizzanti e ammendanti come il biochar, un carbone vegetale ottenuto dalle biomasse per migliorare la fertilità del suolo, oltre a gas di sintesi e oli combustibili per la generazione di energia elettrica e calore. È questo uno dei risultati portanti di REVINE (Regenerative agricultural approaches to improve ecosystem service in Mediterranean vineyard), progetto internazionale da 1 milione e mezzo di euro coordinato dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), al quale partecipa ENEA. Il progetto coinvolge quindici partner di sei paesi del Mediterraneo (Italia, Portogallo, Cipro, Egitto, Tunisia e Francia), oltre a enti di ricerca, aziende vitivinicole e associazioni di categoria e si avvia alla conclusione, dopo quattro anni di attività. L’obiettivo principale è stato aumentare la resilienza dei vigneti ai fattori esterni attraverso tecniche agricole che preservano la fertilità e la biodiversità dei suoli e riducono il consumo di acqua e l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi.
Nel Centro ricerche ENEA della Trisaia (Rotondella, provincia di Matera), i ricercatori della Divisione di Bionergia, bioraffineria e chimica verde del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili hanno messo a punto un protocollo per la produzione di biochar da scarti di potatura della vite, trattati tramite un processo termochimico di pirolisi in un impianto pilota che ne può lavorare 40 chili/ora.
Inoltre, i ricercatori ENEA hanno esaminato con la metodologia del Life Cycle Assessment l’impronta ambientale del biochar ricavato dagli scarti della vite e ne hanno studiato l’effetto sui microganismi del suolo attraverso l’analisi del loro DNA.
L’agricoltura moderna deve affrontare sfide sempre più complesse
La tecnica utilizzata per l’analisi del DNA – il metabarcoding – ha studiato brevi sequenze di DNA di ciascuna specie. Ogni sequenza è una sorta di codice a barre utile per l’identificazione della specie stessa. Una successiva analisi bioinformatica ha confrontato i microrganismi rinvenuti nel terreno trattato con le specie microbiche presenti nei suoli non trattati con biochar. Da qui è emerso che il biochar influenza in modo significativo e positivo la componente microbica del suolo. Un elemento di rilievo per la crescita delle piante e la loro resilienza.
Come spiega la responsabile del progetto REVINE per ENEA, Fiammetta Alagna, “le conoscenze acquisite nel corso del progetto potranno essere utilizzate per lo sviluppo di biochar di nuova generazione per rispondere in maniera calibrata alla diversa natura dei suoli e delle piante coltivate. L’agricoltura moderna, infatti, deve affrontare sfide sempre più complesse per far fronte a vere e proprie emergenze ambientali che vanno dalla desertificazione all’eccessivo utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, dall’inquinamento atmosferico e del suolo ai cambiamenti climatici. In questo contesto, l’applicazione di pratiche colturali che siano al tempo stesso altamente produttive e sostenibili dal punto di vista ambientale risulta di fondamentale importanza per tutta la filiera agroalimentare”.
La valorizzazione degli scarti mediante il loro riutilizzo costituisce uno strumento efficace per migliorare la sostenibilità e la circolarità delle produzioni agricole. Per questo ENEA partecipa anche ad altri progetti “nei quali stiamo approfondendo i meccanismi di azione del biochar. Ad esempio, tramite il sequenziamento dell’RNA prodotto in diversi organi e tessuti delle piante, si può valutare l’effetto del biochar sull’espressione genica, ovvero il processo per cui ogni cellula è in grado di attivare, o esprimere, solo alcuni dei geni contenuti nel suo DNA e questo fornisce una sorta di fotografia dello stato fisiologico della pianta”.
Il biochar prodotto da ENEA è stato sperimentato in un’azienda agricola pugliese (società agricola D’Alessandro a Conversano) su vigneti di Primitivo e Nero di Troia per la produzione vinicola, ma non è esclusa la sperimentazione su vigneti per la produzione di uva da tavola. Le altre aziende italiane partner di REVINE (l’azienda agricola San Marco a Turi, Ermes a Noicattaro e il consorzio Nu.Va.U.T - Nuove Varietà di Uva da Tavola, composto da ventitré produttori impegnati nella sperimentazione di nuove varietà) hanno impiegato altri fertilizzanti sviluppati nell’ambito del progetto, come consorzi microbici e compost, per rendere i vigneti più adattabili alle condizioni climatiche sempre più mutevoli.