Copertina della rivista
Virus

One Health: la lezione del Coronavirus

di Massimo Iannetta e Roberto Morabito

Il Coronavirus rappresenta l’espressione più chiara ed evidente del fallimento del nostro attuale modello di vita. Non possiamo più andare avanti, né come individui né come specie, pensando alla salute dell’Homo sapiens come se fosse un obiettivo prioritario, svincolato dal resto e più in generale dalla salute del pianeta e delle sue risorse. Dobbiamo cercare di far convergere la salute in un unicum come sistema e da qui il concetto di “One Health”

di Massimo Iannetta, Responsabile Divisione Biotecnologie e Agroindustria, ENEA - Roberto Morabito, Direttore del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, ENEA

L’antropocene, in un mondo sempre più globalizzato, ci ha portato il Coronavirus, che rappresenta l’espressione più chiara ed evidente del fallimento di questo modello di vita. Piuttosto che mirare a un progresso responsabile dell’umanità, attraverso il miglioramento dell’ambiente in cui viviamo, abbiamo messo in campo sistemi di sfruttamento e di rapina delle risorse, che ci hanno indeboliti e resi più vulnerabili all’alea degli eventi esterni ed estremi, con la presunzione di poterli controllare comunque e sempre, attraverso lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. Non è così!

Innovazione responsabile significa ottimizzare le risorse ed utilizzare al meglio quello che già esiste, superando il livello di verticalizzazione e iperspecializzazione oggi così profondi, che non ci consentono di valorizzare tutte le infinite potenzialità che abbiamo incredibilmente a disposizione. Con una realtà molto fluida e complessa come quella attuale, occorre un sapere ampio, far lavorare insieme competenze diverse, per agire in tante direzioni diverse, ma convergenti in un obiettivo finale comune.

La lezione: dobbiamo incoraggiare un progresso complessivo e responsabile del sistema, seguendo cioè un ragionamento circolare, in cui l’innovazione non deve essere più concepita come uno strumento che porta un miglioramento da un lato e distruzione dall’altro. Un tempo questo problema non era all’ordine del giorno: c’erano delle conquiste da raggiungere e, allo stesso tempo, non c’erano gli strumenti di indagine e di conoscenza che sono oggi disponibili.

Le nuove tecnologie, come quella digitale, rappresentano nuove opportunità solo se adatteremo il nostro modo di ragionare in modo da valorizzarle adeguatamente (tecnologie digitali coniugate ad una razionalità digitale).

Tutto ciò ci impone pertanto di ripensare completamente il nostro modo di rapportarci alla salute. E non parlo solo della ricerca scientifica: dobbiamo fare anche i conti con un altro fronte che vuole anch’esso il cambiamento, quello del mondo dei pazienti. È inevitabile che la loro voce si farà sentire più forte e, speriamo, sempre più istruita e consapevole. Il che rappresenta una grandissima opportunità; se da un lato è chiaro che occorre imparare ad ascoltare di più le necessità dei portatori d’interessi, dall’altro ci sono strumenti che prima non c’erano per capire determinati meccanismi.

Cura della salute e condivisione delle informazioni

Oggi questo si può fare, anche attraverso i social, e quindi il rapporto con il paziente in senso lato diventa attivo e bidirezionale. Diventa un passaggio obbligato per arrivare a una maggiore responsabilizzazione di tutti rispetto alla propria salute, e ognuno può fare la sua parte attraverso la condivisione delle informazioni. Si tratta di dati raccolti passivamente, ovvero «rilevati», e di dati invece generati attivamente: informazioni sulla propria salute e sui parametri vitali, sulle proprie abitudini alimentari e motorie, ma anche dati ambientali come il livello di inquinamento. Ci sono gli strumenti per farlo; la fonte di informazioni si moltiplica attraverso smartphone, automobili, elettrodomestici, termostati e rilevatori presenti in ogni impianto, nelle case, in fabbrica, nelle aziende agricole o negli allevamenti.

Oltre a questa lettura «passiva» ce n’è una più attiva che riguarda, per esempio, la partecipazione alla raccolta dati. Non è solo una questione di tecnologie. Oltre a internet e ai big data, c’è un’altra dimensione che abbiamo tralasciato e che oggi tendiamo a dare per scontata, l’internazionalizzazione. La scoperta origina quasi sempre da un processo di comprensione e di sfruttamento di opportunità al di fuori dei confini geografici e mentali. Le grandi scoperte si nutrono di punti di vista, culture e interpretazioni diverse. La globalizzazione della scienza non l’abbiamo inventata adesso, è una tendenza che c’è da sempre tra gli studiosi e i ricercatori di tutto il mondo.

Non possiamo più andare avanti, né come individui né come specie, pensando alla salute dell’Homo sapiens come se fosse un obiettivo prioritario, svincolato dal resto e più in generale dalla salute del pianeta e delle sue risorse. Dobbiamo cercare di far convergere la salute in un unicum come sistema e da qui il concetto di “One Health”.

Vivere entro il limite imposto dalla natura

Le nostre capacità di previsione crescono a un ritmo vertiginoso: in questo nuovo scenario, per esempio, non si possono più studiare la malaria o la Zika ignorando fenomeni come il riscaldamento globale. La conoscenza, in fondo, si sviluppa sempre di più cogliendo i collegamenti tra le cose e le informazioni; adesso possiamo farlo incrociando e analizzando dati che già esistono. Per esempio, i meccanismi di produzione e distribuzione del cibo possono portarci sulla tavola dei microbi che proprio non dovrebbero esserci, come è accaduto alla fine del 2018 negli Stati Uniti, con una contaminazione da Escherichia coli, derivata da una partita di insalata infetta, che ha interessato 16 Stati. L’insalata contaminata non solo era finita nel bancone dei frigoriferi della grande distribuzione, ma anche nella produzione su scala industriale di panini. La contaminazione è arrivata attraverso la fertirrigazione dei campi con liquami zootecnici contaminati ed è una tossinfezione che può essere molto grave, causare una malattia invalidante o anche rivelarsi mortale, per la quale non ha senso usare antibiotici.

Capire ed affrontare queste emergenze richiede interdisciplinarietà e transdisciplinarietà, spingendole in ogni ambito: la storia ci insegna che è grazie a loro che sono possibili le grandi scoperte che consentono di trasformare la salute da «cilindro» a «sfera», da un approccio iperspecialistico e settoriale ad uno olistico e di sistema. Cercare nuovi punti di vista è sempre utile, a volte è necessario. Quando si tratta di salute, può essere vitale.

Serve quindi un nuovo Illuminismo nella definizione delle politiche, che dovrà essere caratterizzato da un equilibrio migliore tra uomo e natura, tra mercati e legge, tra consumo privato e beni pubblici, tra pensiero a breve e lungo termine, tra giustizia sociale e incentivi per l’eccellenza. Essere in grado di vivere bene entro il limite imposto dalla natura è la grande sfida del nostro secolo e richiede un cambio di mentalità che deve avvenire il prima possibile, se si vuole provare a invertire la rotta.

L’ENEA ha sposato questo approccio da tempo, favorendo un dialogo attivo tra scienza, politica e società, con una partecipazione sempre più attiva dei cittadini, per sviluppare iniziative e progetti basati su innovazione trasversale e servizi avanzati nell’ottica della sostenibilità e della circolarità, nella consapevolezza che la nuova frontiera oggi è sempre più culturale che tecnologica. Il nostro mindset, le nostre abitudini consolidate sono in realtà il maggiore ostacolo alla sperimentazione di nuovi modelli, ciò che ci rende miopi alimentando egoismi, ritardando il processo di cambiamento e finendo per prolungare la crisi strutturale che stiamo vivendo, con una profonda frattura da sanare: quella creatasi, nel tempo, tra economia e società, tra sviluppo e territori.

Per questo è essenziale il contributo della scuola e delle università per una educazione e formazione di qualità, facendo in modo che gli insegnamenti siano multidisciplinari e sistemici e mettano insieme la formazione scientifica e tecnologica con quella economico/umanistica, permettendo anche esperienze sul campo che allenino alla costruzione di valore condiviso.

Occorre una contaminazione tra scienza e tecnologia da un lato e saperi dall’altro, per superare il paradigma della competenza e della leadership individuale, abbracciando temi come l’etica, per essere donne e uomini prima ancora che scienziati, imprenditori ecc.. Altrimenti, come ci ricorda Bertolt Brecht nella Vita di Galileo, “se gli uomini di scienza [...] si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, e ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità”.

FONTI

Ilaria Capua, Università della Florida, Dipartimento Emerging Pathogens Institute. Intervista rilasciata in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro “Salute Circolare”

Catia Bastioli, Presidente di Novamont. Dissertazione fatta in occasione del conferimento del dottorato di ricerca ad honorem presso l’Università di Bologna, Alma Mater Studorium

Coronavirus e sistemi agroalimentari

Tra Coronavirus e sistemi agroalimentari vi è un insieme di interrelazioni che è importante evidenziare. Un primo elemento riguarda le difficoltà per le attività del sistema agroalimentare – dalla produzione alla distribuzione al consumo – che si ripercuotono sui mezzi di sussistenza dei professionisti, in particolare dei piccoli agricoltori e delle piccole imprese e rivendite di generi alimentari. Vi è poi il ruolo delle diete nell’esacerbazione dell’impatto sulla salute di COVID-19 e la preoccupazione per l’accesso a cibi sani e nutrienti, soprattutto da parte dei soggetti più vulnerabili della popolazione come i bambini e gli anziani. Infine, vi è la crescente evidenza della relazione tra sistemi alimentari e l’incremento di epidemie e di malattie infettive emergenti che rappresentano una minaccia per la salute e la stabilità economica globale. Per ognuna di queste tre aree di interesse occorre fare le seguenti considerazioni.

1. Politiche di risposta socioeconomica del Paese al COVID-19.

Le attuali deliberazioni sulla natura delle politiche di risposta e i pacchetti di finanziamento si sono incentrati, in alcuni casi, sull’accesso al cibo e sui salari per i lavoratori a basso reddito, nonché sulla liquidità per le imprese e sull’esenzione dei pagamenti di credito/mutui/affitti.
È essenziale riconoscere le esigenze uniche dei piccoli e medi agricoltori e delle imprese legate al settore agroalimentare, dei lavoratori dei sistemi alimentari, dei lavoratori formali e stagionali, della distribuzione e dei trasporti e delle imprese del settore dei servizi alimentari, compresi i venditori ambulanti, nonché le esigenze dei consumatori più vulnerabili. La preoccupazione è legata al fatto che molte di queste categorie non fa ricorso a mezzi di sussistenza alternativi o all’accesso a reti di sicurezza pubblica. È fondamentale che le esigenze specifiche di questi soggetti vulnerabili siano prioritarie nelle politiche di risposta alla pandemia di COVID-19.
Sottolineiamo inoltre l’importanza che le politiche di risposta e i pacchetti di stimolo economico siano allineati con impegni internazionali critici, come gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo sui cambiamenti climatici di Parigi. È essenziale indirizzare gli sforzi verso una ripresa sostenibile, aggiungendo il potenziale della creazione di posti di lavoro verdi sia come percorso per una ripresa più rapida sia come strategia di resilienza.

2. COVID-19 e le diete sane e sostenibili.

Le attuali tendenze di consumo alimentare stanno comportando un enorme onere per la salute delle persone a causa di malattie non trasmissibili. Durante la pandemia di COVID-19, i pazienti con malattie pre-esistenti non trasmissibili (ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete ecc.) hanno una maggiore probabilità di contrarre l’infezione e una prognosi peggiore, incluso un tasso di mortalità più elevato. Ciò evidenzia la necessità di concentrarsi su misure che promuovano abitudini alimentari più sane e attente alla sostenibilità del pianeta, come pilastro essenziale di misure preventive verso i futuri focolai. L’isolamento prolungato porterà inoltre ad un aumento delle abitudini sedentarie e ad un possibile accesso più limitato ad alimenti sani, nutrienti e sostenibili. Le politiche di risposta dovrebbero garantire un accesso adeguato a tali alimenti e includere misure di sensibilizzazione su come mantenere una dieta sana e sostenibile.

3. Relazione tra i sistemi alimentari e le malattie infettive emergenti.

Questa crisi richiederà, a tempo debito, profonde riflessioni sul rischio per la salute globale causato da alcuni sistemi di produzione alimentare (incluso il commercio di specie selvatiche). Mentre l’origine di COVID-19 deve ancora essere completamente accertata, vi sono chiare prove di un aumento dei focolai di malattie infettive emergenti come influenza suina (H1N1), influenza aviaria (H5N1 ecc.), AIDS / HIV o Ebola, associati alle relazioni umane con animali selvatici e i loro habitat naturali. Le prove indicano che il cambiamento nell’uso del suolo nei sistemi tropicali – o in cui la ricchezza della biodiversità della fauna selvatica è elevata – presenta un rischio particolarmente elevato. I cambiamenti climatici potrebbero inoltre avere un ulteriore ruolo nell’aumentare la prevalenza di focolai infettivi. Una volta che la situazione ci consentirà di approfondire questi meccanismi, sarà opportuno incoraggiare la comunità globale ad accelerare la discussione sulle relazioni dei nostri sistemi agroalimentari con i focolai di malattie infettive emergenti (EDI).

Maggiori informazioni

Per ulteriori informazioni e indicazioni sulle relazioni tra i sistemi agroalimentari e il COVID-19, consultare i seguenti siti Web e documenti:

  • CFS & HLPE: CFS Chair’s Statement on COVID-19 pandemic + HLPE Interim Issues Paper on the Impact of COVID-19 on Food Security and Nutrition
  • FAO: Coronavirus disease (COVID-19) outbreak
  • IFPRI: IFPRI Resources and Analyses on COVID-19 (also known as Coronavirus)
  • UNSCN: Resource list on Food Systems and Nutrition responses to the COVID-19 pandemic
  • G20: Extraordinary G20 Leaders’ Summit: Statement on COVID-19
  • WBCSD: How business is responding to COVID-19
  • Consumer Good Forum: Industry action to tackle COVID-19 & support people
  • The Lancet, Public Health: Armitage, R. and Nellums, L.B. (2020) COVID-19 and the consequences of isolating the elderly, DOI: https://doi.org/10.1016/S2468-2667(20)30061X
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