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Un centro di eccellenza mondiale al servizio della ricerca

Intervista a Gino Cocchi, Presidente di OCEM

Fin dalla sua nascita negli anni ‘40, l’attenzione al mondo della ricerca è parte del DNA di OCEM Power Electronics, società bolognese specializzata in apparati e sistemi elettronici di potenza per applicazioni speciali.  Oggi OCEM è parte del Gruppo Aretè & Cocchi Technology che opera in 92 paesi, genera 150 milioni di euro di ordini ed occupa 500 addetti, l’80% dei quali sono ingegneri e tecnici. Nel campo della fusione opera dagli anni ‘70, inizialmente con il progetto JET e, successivamente con esperimenti quali FTU ed RFX in Italia, TCV in Svizzera, TORE SUPRA in Francia, JT60 in Giappone. Attualmente è coinvolta nella realizzazione di ITER e del JT-60SA in Giappone

Fin dalla sua nascita negli anni ‘40, l’attenzione al mondo della ricerca è parte del DNA di OCEM Power Electronics, società bolognese specializzata in apparati e sistemi elettronici di potenza per applicazioni speciali.  Oggi OCEM è parte di Aretè & Cocchi Technology, gruppo impegnato in settori ad elevato contenuto tecnologico, dall’elettronica di potenza, al broadcasting, al medicale, alle tecnologie applicate agli aeroporti, automazione e packaging per processi industriali che opera in 92 paesi, genera 150 milioni di euro di ordini ed occupa 500 addetti, l’80% dei quali sono ingegneri e tecnici.
A Gino Cocchi, fondatore di OCEM Power Electronics e del gruppo Aretè & Cocchi Technology, Professore  di Strategia e Gestione di Impresa all’Università di Ferrara abbiamo chiesto come è nato l’interesse per la fusione?

L’interesse per la fisica del plasma e la fusione risale alla fine degli anni ‘70, quando in Inghilterra iniziò la realizzazione del reattore sperimentale JET (Joint European Torus). In quegli anni, con l’evoluzione dei dispositivi a stato solido e dei semiconduttori di potenza, l’elettronica rendeva possibili soluzioni impensabili fino a poco prima; le aziende in grado di sfruttare tempestivamente questi sviluppi erano grandi gruppi industriali (realtà come Ansaldo, Siemens, Brown Boveri), o PMI nate dalla passione e dall’ingegno di singoli imprenditori, come è stato nel nostro caso. La realtà che oggi è OCEM si è sviluppata dalle intuizioni del prof. Stefano Basile, docente e direttore dell’istituto di Elettrotecnica dell’Università di Bologna, e dal talento e dalla passione del figlio, Gian Luigi Basile, professore universitario di elettrotecnica e grande esperto di elettronica di potenza.

In che cosa consiste il vostro contributo?

Il contributo di OCEM al mondo della fusione ha interessato i principali progetti internazionali; il sistema di alimentazione per gli iniettori di neutri del JET negli anni 1970-80 e, in seguito, gli apparati di alimentazione ed i riscaldamenti addizionali per esperimenti quali FTU ed RFX in Italia, TCV in Svizzera, TORE SUPRA in Francia, JT-60 in Giappone. In questo ultimo periodo siamo attivi su grossi progetti quali le alimentazioni dei Neutral Beam Injectors per ITER e per la Test Facility di Padova, le Switching Network Units per JT-60SA in Giappone, e le sorgenti di ioni dell’Istituto di Fisica del Plasma in Germania.

Qual è stata sin qui la vostra esperienza di collaborazione con il mondo della ricerca a livello nazionale e internazionale?

OCEM Power Electronics è cresciuta a fianco dei principali laboratori di ricerca, in particolare nel campo della fisica del plasma e della fisica delle particelle, contribuendo con soluzioni customizzate a rispondere alle esigenze sempre più stringenti e sfidanti. Oltre alle già citate realizzazioni nel campo della fusione termonucleare, OCEM Power Electronics ha realizzato centinaia di sistemi per i più rinomati laboratori di fisica delle particelle mondiali, come ELETTRA, DAFNE e CNAO in Italia, il CERN in Svizzera, GSI in Germania, DIAMOND in Inghilterra, ESS in Svezia, TRIUMF in Canada, Brookhaven National Laboratories e SLAC negli Stati Uniti, e tanti altri.

Crediamo che ci sia stato uno scambio molto proficuo, che da un lato ha permesso alla nostra azienda di crescere, acquisire know-how e presidiare il fronte più avanzato della tecnologia, dall’altro ha aiutato i laboratori di ricerca a raggiungere i loro obiettivi scientifici.

Quali effetti ha avuto l’attività nel campo della fusione sulla vostra crescita produttiva e organizzazione interna, e quali prospettive di sviluppo per il futuro?

Il mondo della ricerca pone sfide sempre nuove. Lo sviluppo di applicazioni per la fusione in particolare richiede una capacità, un coraggio e una dedizione speciali, perché si tratta spesso di realizzazioni uniche, ai limiti della tecnologia attuale, un passo avanti rispetto a quanto precedentemente realizzato a livello internazionale. L’impegno nell’affascinante mondo della ricerca ha aiutato OCEM ad arricchire e sviluppare costantemente le proprie capacità e competenze, che vengono messe a frutto anche in settori e in mercati adiacenti quali il medicale, il ferroviario, l’industriale avanzato e più recentemente l’automotive.

Sono in molti a ritenere che operare nel campo della fusione richieda particolari capacità. Condivide questa analisi?

I progetti nel campo della fusione sono particolarmente complessi, lunghi e impegnativi: richiedono alle aziende non solo grandi capacità di coordinazione e sviluppo degli aspetti tecnici, ma anche doti gestionali e organizzative non banali e complete su tutti i processi aziendali, debitamente supportate da un sistema di qualità efficace, completo e trasversale a tutte le funzioni aziendali. Questi ultimi anni sono particolarmente intensi ed eccitanti per il mondo della fusione, con le grandi opportunità del progetto ITER, del Broader Approach, gli studi su DEMO, ed in particolare il progetto DTT, il Divertor Tokamak Test di imminente realizzazione a Frascati: un progetto molto ambizioso che riporta l’Italia sotto i riflettori di tutto il mondo scientifico.

E per il futuro? Nelle vostre prospettive di sviluppo quale è il ‘peso’ della fusione?

Gestire contratti pluriennali di grande valore, come spesso sono quelli nel campo della ricerca, ci permette di guardare al futuro con speranza e fiducia e di individuare la nostra pianificazione su orizzonti di lungo periodo. Va però detto che nella gestione di commesse così complesse non è sempre facile raggiungere un equilibrio nel rapporto tra i grandi investimenti necessari in termini di personale e tecnologie, ed i corrispondenti ritorni economici. Proprio in questi giorni OCEM Power Electronics, con il gruppo Aretè & Cocchi Technology di cui fa parte,  ha perfezionato l’acquisizione e una alleanza strategica con l’azienda svizzera Ampegon, uno dei principali player di questo difficile mercato, con l’obiettivo di insieme rappresentare un riferimento unico nel mondo delle applicazioni di Power Electronics, costituendo un centro di eccellenza mondiale al servizio del mondo della ricerca, del settore medicale e dell’industria avanzata.

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