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Microplastiche, una presenza sempre più diffusa negli ecosistemi acquatici

Focus - Capire il nostro ambiente - ENEA per la scuola secondaria di primo grado

DOI 10.12910/EAI2021-051

di Marinella Abbate, Federica Colucci e Maria Sighicelli - Laboratorio di Biodiversità e Servizi Ecosistemici, ENEA

Non possiamo più farne a meno! Si, è vero: della plastica, o meglio di quel mondo di polimeri che chiamiamo plastica, non possiamo più fare a meno. Molti oggetti della vita quotidiana sono realizzati con materiali polimerici: dai vestiti che indossiamo, alla penna con la quale scriviamo, allo zaino per la scuola, alle bustine di patatine e snack che sgranocchiamo a merenda! Non potendo più vivere senza la plastica, dobbiamo imparare a conviverci e ad utilizzarla al meglio, impegnandoci a ridurne il consumo e, in particolare, a eliminarla nel modo corretto: non abbandonarla, ma differenziarla nel modo giusto. Oggi, purtroppo, molti oggetti realizzati con questo materiale indistruttibile, resistente e con un periodo di vita molto lungo, sono ancora dispersi nell’ambiente. E, anche se la portata dell’inquinamento dovuta alle MP è ancora in fase di studio, rappresenta purtroppo una subdola minaccia per gli organismi sia marini che terrestri, compreso l’uomo.

In ENEA, stiamo studiando da alcuni anni il ‘viaggio’ di frammenti di plastica nei mari, nei fiumi, nei laghi e sulle spiagge del nostro Paese. Questi frammenti di dimensioni inferiori ai 5 mm, sono chiamati appunto microplastiche (MP). Come gli altri detriti di plastica, le microplastiche sono osservabili in tutti le parti dell’ambiente acquatico: in superficie, sul fondo, nella colonna d’acqua e nelle spiagge.

Le MP possono avere una duplice origine: primaria e secondaria. Le MP primarie arrivano nelle acque già molto piccole: sono quelle ad esempio contenute in alcuni cosmetici (da gennaio 2020 è stata vietata la commercializzazione di alcune tipologie di cosmetici contenenti MP!) o rilasciate dai lavaggi in lavatrice o dall’usura degli pneumatici o dai campi di calcio in erba sintetica! Per le loro dimensioni, questi frammenti sfuggono ai normali sistemi di depurazione delle acque reflue e attraverso i corsi d’acqua interni terminano il loro viaggio nei mari e nei laghi, diventando un serio problema per la nostra salute e per l’ambiente. Appartengono alle MP primarie anche i ‘pellets’ ovvero granuli un po’ più grandi (2-5 mm di diametro) che vengono utilizzati dall’industria per produrre oggetti in plastica (Fig.1). Questi possono essere facilmente dispersi nell’ambiente durante il trasporto o le fasi di lavorazione.

Le MP secondarie, invece, derivano dalla frammentazione, operata nel tempo, di oggetti di plastica abbandonati e dispersi nell’ambiente dove sono esposte a condizioni che ne possono accelerare o rallentare il degrado fisico e chimico e la successiva frammentazione in particelle sempre più piccole.

La portata dell’inquinamento dovuta alle MP è ancora in fase di studio, ma rappresenta purtroppo una subdola minaccia per gli organismi sia marini che terrestri, compreso l’uomo. L’impatto che le MP possono avere sugli organismi sono molteplici e possono essere di tipo fisico (ostruzione, soffocamento), chimico (rilascio e accumulo di sostanze tossiche) e biologico (diffusione di specie aliene e agenti patogeni).

Uno degli aspetti più preoccupanti è dato dalle sostanze chimiche presenti ‘nelle’ o ‘sulle’ MP che, una volta rilasciate all’interno dell’organismo, infatti, possono trasferirsi e accumularsi lungo la catena alimentare e avere effetti tossici.

Il monitoraggio delle MP: l’attività di ENEA nei mari e nei laghi

Monitorare la presenza di MP nei mari, laghi, fiumi e sulle spiagge del nostro Paese è fondamentale per riuscire a comprendere la loro origine e diffusione e a valutare l’entità del problema, la qualità degli ambienti, gli effetti causati sull’ecosistema. Monitorare significa prelevare periodicamente campioni di acqua e di sabbia, nei diversi periodi dell’anno, per esaminare la quantità delle microplastiche che sappiamo variare durante l’anno, in relazione anche alla presenza e all’attività dell’uomo.

I campioni raccolti vengono analizzati in laboratorio sia per determinare il numero delle MP sia per classificarle in base alla loro forma e al tipo di polimero che le costituisce. Anche se di piccole dimensioni, le MP hanno forme diverse quali frammenti, film, filamenti e ball (come le palline di polistirolo) che ci forniscono indicazioni sulla loro origine e la possibile fonte di inquinamento.  Nel mar Mediterraneo, relativamente piccolo e semichiuso, sono state rilevate le concentrazioni di MP tra le più elevate al mondo! ENEA, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine del CNR, ha effettuato uno studio in alcune spiagge marine situate nel Nord Ovest del mar Mediterraneo, all’interno del Santuario Pelagos, area marina protetta internazionale frequentata da diverse specie di cetacei. Sono state messe a confronto spiagge con caratteristiche morfologiche simili, sia naturali situate in Riserve o Parchi Marini che spiagge urbanizzate (spiagge libere frequentabili) e urbane (con strutture balneari). Nelle spiagge naturali e protette sono state individuate le concentrazioni più elevate di MP e questo probabilmente è dovuto al fatto che le misure di protezione impediscono sia la frequentazione che purtroppo la rimozione dei rifiuti.

Nelle spiagge urbanizzate e soprattutto in quelle urbane le MP sono risultate meno abbondanti nonostante siano presenti sia rifiuti plastici che arrivano dal mare che quelli lasciati dai bagnanti. In queste spiagge però, soprattutto nella stagione estiva, viene effettuata più o meno regolarmente un’operazione di pulizia e rimozione dei rifiuti.

Le MP, per le loro dimensioni, sfuggono alle operazioni di pulizia e la loro abbondanza e distribuzione è influenzata prevalentemente dall’apporto diretto del mare più che dal degrado ‘in situ’ di oggetti più grandi. I risultati di questo studio ci fanno riflettere sul fatto che le aree protette potrebbero rappresentare un potenziale ‘serbatoio’ di MP per le aree circostanti.

Anche i laghi possono essere serbatoio o fonte di MP. Nell’ambito del progetto LIFE Blue Lakes[1] , ENEA coordina il monitoraggio stagionale delle MP nelle due aree pilota del progetto, i laghi di Bracciano (Lazio)(Fig 2) e  Trasimeno (Umbria) (Fig.3). I campionamenti prevedono non solo il prelievo di acque superficiali e nella colonna d’acqua ma anche dei sedimenti delle spiagge dei due laghi. Quest’ultimo viene effettuato per valutare, oltre alla quantità delle MP presenti, la complessa dinamica di scambio tra l’ambiente terrestre e quello acquatico al fine di migliorare la comprensione dei percorsi delle MP negli ecosistemi lacustri.

L’obiettivo delle campagne di monitoraggio delle acque e dei sedimenti è di giungere alla stesura di un protocollo di campionamento e analisi delle MP che sarà poi condiviso con le autorità competenti in Italia e Germania e proposto nei programmi di monitoraggio per la valutazione dei livelli di MP negli ecosistemi lacustri.

 

Il ruolo degli ecosistemi acquatici negli equilibri del pianeta

Gli ecosistemi sono comunità di esseri viventi che convivono in un determinato ambiente e sono preziose ‘casseforti’ per preservare la diversità delle specie animali e vegetali: a livello scientifico, comprendere i processi naturali e le interconnessioni negli ecosistemi è il presupposto per valutare correttamente il buono stato di qualità dell’ambiente e per definire criteri e politiche per conservare e salvaguardare la biodiversità e l’utilizzo sostenibile delle risorse.

Quando si parla di ecosistema acquatico, quindi, si parla di un insieme di esseri viventi che coesistono e si sviluppano nelle acque salate (mare e oceani) o dolci (lagune, fiumi, torrenti e laghi). In particolare, le acque dolci, pur rappresentando una porzione limitatissima dell'acqua presente sul pianeta, ospitano circa il 10% di tutte le specie acquatiche. Gli ecosistemi acquatici svolgono inoltre un ruolo significativo nella stabilizzazione delle emissioni di gas serra e nel mitigare gli impatti del cambiamento climatico oltre che per diverse attività umane, in primis l’approvvigionamento idrico.

Sono proprio queste attività a rappresentare una minaccia crescente per gli ecosistemi acquatici in questi ultimi anni a causa della frammentazione e trasformazione territoriale (bonifiche, urbanizzazione), a scala regionale/di paesaggio e, a livello locale; l’inquinamento di origine antropica, derivante anche dall’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi; l’introduzione di specie alloctone invasive; le captazioni idriche per attività zootecniche e agricole; la modificazione dell’idromorfologia dei fiumi prevalentemente per la produzione di energia.

L’analisi, la conservazione, la protezione e la valorizzazione di ecosistemi acquatici con un approccio integrato e multidisciplinare è una delle attività sviluppate nell’ambito del Dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali dell’ENEA, con l’obiettivo di conoscere e valutarne la resilienza per prevenire e mitigare la perdita di biodiversità, assicurare una gestione sostenibile delle risorse e definire misure  per salvaguardarne il valore intrinseco e la funzione ecologica, sociale ed economica.


[1] Il progetto, finanziato dal programma LIFE dell’Unione Europea, è coordinato da Legambiente, cofinanziato da PlasticsEurope e vede la partecipazione di ENEA, Arpa Umbria, Autorità di Bacino dell’Italia Centrale, Global Nature Fund, Lake Constance Foundation e Università Politecnica delle Marche.

Pellets sulla spiaggia
Figura 1 - Pellets sulla spiaggia di San Rossore nel Parco Naturale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli (Toscana)
Ricercatrici che stendono lo striscione del progetto Life Blue Lakes
Figura 2 - Campionamento al lago di Bracciano (Roma) con le ricercatrici ENEA mentre stendono lo striscione del progetto Life Blue Lakes
Lago
Figura 3 - Campionamento microplastiche con retino manta e retino bongo a confronto nelle acque del lago di Bracciano (Roma)

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