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L’innovazione energetica nel contesto europeo: dal SET Plan a Mission Innovation

di Riccardo Basosi

Al centro del programma di ricerca europeo Horizon 2020 c’è il superamento della cosiddetta ‘’Valle della Morte’’, quella zona grigia dove si perdono molti ottimi progetti tra il trasferimento tecnologico, il lancio di un nuovo prodotto e il suo successo prima tecnico e poi anche commerciale. Questa linea strategica è confermata nel nuovo programma quadro Horizon Europe, che prevede 100 miliardi di euro per la Ricerca e l’Innovazione

di Riccardo Basosi, Rappresentante Italiano nel Comitato Energia “Horizon 2020” e SET Plan EU, membro del Consiglio Tecnico Scientifico dell’ENEA

L'VIII Programma Quadro dell’Unione Europea, meglio noto come Horizon 2020 (H2020), ha stanziato 78 miliardi di euro per la Ricerca e l’Innovazione. Fin da subito il Programma, articolato nei due Pilastri delle Sfide Sociali e della Leadership Industriale, si è distinto dai precedenti per una particolare attenzione al Technology Readiness Level (TRL), l’indice di maturità tecnologica che segnala lo stato dell’arte dei prodotti o dei processi tecnologici impiegati. L’indice, che deriva dall’esperienza della NASA, l’Ente spaziale americano, si articola in nove livelli che vanno dalla formulazione di un principio base (TRL 1) attraverso la prova del concetto (TRL 3) e la realizzazione di un prototipo (TRL 6) fino alla immissione del prodotto o tecnologia sul mercato (TRL 9). Ovviamente, nella fase di valutazione dei progetti da finanziare, si pone molta attenzione al TRL di partenza e a quello di arrivo che, per una progettualità triennale, non possono essere molto distanti per risultare credibili e garantire il massimo impatto (Figura 1). 

L’obiettivo conclamato da H2020 è il superamento della “Valle della Morte”, che è quella zona grigia dove si perdono molti ottimi progetti tra il trasferimento tecnologico, il lancio di un nuovo prodotto e il suo successo prima tecnico e poi anche commerciale (Figura 2).

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Fig. 1 L’indice di maturità tecnologica (Technology Readiness Level) si articola in nove livelli che vanno dalla formulazione di un principio base (TRL 1) attraverso la prova del concetto (TRL 3) e la realizzazione di un prototipo (TRL 6) fino alla immissione del prodotto o tecnologia sul mercato (TRL 9)
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Fig 2 Superamento della “Valle della Morte” delle tecnologie

Per quanto riguarda l’ambito energetico (SC3), l’analisi statistica dei Progetti approvati e finanziati mostra che, a partire dal 2014 quando il Programma H2020 è iniziato, il TRL medio è passato da un valore di poco superiore a 3 ad un valore tra 6 e 7, rispondendo perfettamente alle aspettative della Commissione Europea e del Comitato Energia. Naturalmente ciò si è verificato senza penalizzare il terzo Pillar di Horizon, dedicato alla Scienza di Eccellenza (Excellent Science) che sviluppa la ricerca di base e fondamentale.

Parlando di sostegno alla innovazione tecnologica nel contesto internazionale, un ruolo molto importante va attribuito alla Politica Europea dell’Energia che negli ultimi anni è stata determinata dalla Energy Union1 e orientata a raggiungere entro il 2020  cinque obiettivi strategici prioritari:

  • la sicurezza dell’approvvigionamento;
  • un mercato interno, sia elettrico sia del gas, pienamente integrato;
  • l’efficienza energetica come contributo fondamentale alla riduzione della domanda di energia;
  • la decarbonizzazione dell’economia grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili;
  • un’unione dell’energia europea per la ricerca, l’innovazione e la competitività.

Horizon Europe 100 miliardi per ricerca e innovazione 

Il lancio dell’Unione per l’Energia chiama tutti gli Stati membri ad un impegno particolare sugli investimenti in ricerca e innovazione e per lo sviluppo di tecnologie per la “green economy”. Questa linea strategica è confermata nel IX Programma Quadro (FP) che si chiamerà Horizon Europe e che prevede lo stanziamento di 100 miliardi di € per la Ricerca e l’Innovazione (Figura 3). Il fatto che lo stanziamento previsto rimanga consistente, anzi aumentato rispetto al VIII FP malgrado la Brexit, segnala un atteggiamento molto positivo della Commissione, del Parlamento europeo e del Consiglio verso i temi strategici della Ricerca.

Oltre al Programma HORIZON 2020, la Commissione Europea sta sviluppando da una decina di anni, il SET (Strategic Energy Technology) Plan che disegna il quadro tecnologico innovativo per le scelte delle Sfide Sociali (come Energia, Ambiente, Cambiamenti Climatici, Trasporti) e per quelle della Leadership Industriale.

Il SET Plan è lo strumento più efficace per affrontare le nuove sfide e costituirà nei prossimi anni il punto di riferimento per gli investimenti pubblici a livello nazionale e della UE, ma anche e soprattutto per gli investimenti privati a favore della ricerca e dell’innovazione nel settore energetico.

La strategia europea in materia di tecnologie a basse emissioni di carbonio deve accelerare il ritmo dell’innovazione e colmare il divario tra ricerca e mercato avendo come “driver” la lotta contro i cambiamenti climatici.

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Fig. 3 Il IX Programma Quadro per la ricerca e l’innovazione, chiamato Horizon Europe, prevede 100 miliardi di finanziamenti. Nel grafico la ripartizione percentuale fra i settori in cui si articola il Programma

’analisi della Commissione Europea parte dallo sforzo supplementare che dobbiamo fare per arrivare al rispetto degli obiettivi fissati dalla conferenza sul clima di Parigi (COP21, dicembre 2015), cioè contenere il riscaldamento globale entro un aumento di temperatura compreso tra 1,5 e 2 gradi rispetto all’era preindustriale. Raggiungere questo target vuol dire tagliare, al 2030, 14,5 miliardi di tonnellate l’anno di emissioni di CO2 che non hanno ancora trovato una allocazione adeguata. Anche immaginando che tutti gli impegni volontariamente assunti dagli Stati vengano rispettati, questo vuol dire aumentare in tempi brevi di almeno un quarto i tagli alle emissioni che alterano il clima. Dunque efficienza energetica e rinnovabili avranno priorità assoluta. E, in effetti, molti Paesi si stanno già muovendo in questa direzione. L’India, ad esempio, eliminerà 14 mila gigawatt a carbone e li sostituirà in larga parte con fotovoltaico ed eolico. E, con gli Stati Uniti frenati dalla presidenza Trump, ad avere le carte migliori in mano per lo sviluppo di nuove tecnologie sono la Cina e, se rimane coerente agli obiettivi, l’Europa.

Una road map integrata per l’innovazione

In questo contesto in rapida evoluzione, la leadership mondiale dell’UE nello sviluppo delle tecnologie per l’energia dovrà essere conservata e sviluppata al fine di valorizzare pienamente le opportunità offerte in termini di mitigazione dell’impatto ambientale, creazione di posti di lavoro e rafforzamento della competitività industriale.

L’Unione per l’Energia prevede infatti una serie di azioni per l’innovazione che dovranno articolarsi su alcune priorità che gli Stati membri e la Commissione hanno sottoscritto e si sono impegnate ad implementare:

  1. essere leader mondiale nello sviluppo della prossima generazione di tecnologie delle energie rinnovabili con una produzione rispettosa dell’ambiente
  2. agevolare la partecipazione dei consumatori alla transizione energetica mediante reti intelligenti e città intelligenti
  3. dotarsi di sistemi energetici efficienti
  4. dotarsi di sistemi di trasporto più sostenibili e innovativi per migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di gas a effetto serra
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Fig 4 Le 10 Azioni chiave del SET Plan

Per dare le gambe a queste azioni prioritarie, la Direzione del SET Plan ha predisposto una “road map integrata” sull’intera catena di innovazione, dalla ricerca di base fino all’immissione dei prodotti sul mercato. La Roadmap Integrata del SET Plan, la cui elaborazione è iniziata nel dicembre 2014 con la Conferenza di Roma organizzata da ENEA e Ministero Istruzione Università e Ricerca nell’ambito del semestre di Presidenza Italiana UE, è basata su 10 Azioni chiave (Figura 4). La Road Map intrecciandosi con le cinque dimensioni della Energy Union contribuisce a definire per gli Stati membri e i principali stakeholder il livello di ambizione in termini di priorità e finanziamenti, le modalità di implementazione per ciascuna azione-chiave, i prodotti attesi dalle attività di R&S e i tempi necessari per il conseguimento dei risultati.

L’attività di elaborazione si è sviluppata per tre anni articolandosi in 13 TWP (Temporary Working Groups) gruppi di lavoro. L’Italia è stata presente in tutti i TWP, accumunata in questo sforzo dalla sola Germania; inoltre il nostro Paese è co-leader in tre settori Smart Grids (con l’Austria), Biofuels (con la Finlandia) e Geothermal Energy (con l’Islanda). Il lavoro dei gruppi ha permesso di definire delle Dichiarazioni di Intenti condivise per ciascuna azione chiave/gruppo e di elaborare dei Piani di Implementazione di settore che sono stati tutti approvati dalla Direzione del SET Plan e offrono un quadro di riferimento importante per le politiche energetiche di tutti gli Stati membri (e associati) a livello nazionale.

Il ruolo strategico di Mission Innovation

Anche la nostra ricerca nazionale sta evolvendo verso un quadro più coordinato di iniziative, favorite proprio dalla partecipazione unitaria al SET Plan e al Programma Horizon 2020.

L’importanza delle tecnologie energetiche e dell’innovazione per conseguire gli obiettivi UE 2020 è ben espressa dagli investimenti pubblici e privati di ricerca e sviluppo nei settori prioritari del SET Plan che sono passati da 2,8 miliardi di euro nel 2007 a 21,5 miliardi nel 2010 e a 23,1 miliardi nel 2015. Di questi, il 77% a carico dell’industria, mentre gli Stati membri hanno contribuito per il 18% e la Commissione europea per il 5%.

A rafforzare la strategia sopra delineata, a margine della COP 21 di Parigi, l’Italia ha sottoscritto, insieme ad altri 21 Paesi (oggi sono 25), la dichiarazione di “Mission Innovation”, una iniziativa promossa per formare un’alleanza globale per la lotta al cambiamento climatico attraverso lo sviluppo e l’adozione di innovative tecnologie energetiche pulite. I Paesi firmatari hanno preso l’impegno a raddoppiare entro il 2020 la spesa pubblica in ricerca e innovazione destinata alle tecnologie low carbon, con l’obiettivo di concorrere all’accelerazione dello sviluppo e conseguente adozione di queste tecnologie da parte del sistema economico e industriale.

Anche in Mission Innovation sono state definite delle sfide innovative prioritarie su cui sviluppare la cooperazione internazionale:

  1. le Smart Grid
  2. l’ accesso off-grid all’elettricità
  3. la cattura e sequestro del carbonio
  4. i biocombustibili sostenibili
  5. la conversione solare
  6. i materiali per l’energia pulita
  7. il riscaldamento e il raffrescamento
  8. le rinnovabili e l’idrogeno pulito

È facile notare le connessioni tra le azioni chiave del Set Plan e le sfide innovative prioritarie di Mission Innovation, che rappresenta in pratica l’estensione a livello mondiale degli obiettivi del SET Plan europeo. L’Italia condivide con Cina e India il ruolo di coordinatore in uno dei settori più strategici: le Smart Grid.

L’obiettivo per le fonti rinnovabili è arrivare prima possibile alla massima competitività di costo, cioè alla grid parity, obiettivo già raggiunto dal fotovoltaico in alcune aree del mondo. Anche l’eolico off shore ha fatto un balzo: per la prima volta a dicembre, in Scozia, ha raggiunto lo stesso prezzo della produzione elettrica da combustibili fossili.

Le altre tecnologie che stanno crescendo in modo interessante sono il solare a concentrazione, l’energia dal mare (onde e maree) e il geotermico a emissioni zero, cioè con re-iniezione totale dei fluidi. Ma il futuro è roseo soprattutto per lo storage (accumulo). Con il rilevante aumento della quota di rinnovabili nel mix elettrico, l’accumulo è diventato un elemento essenziale perché permette di eliminare la discontinuità nella fornitura di elettricità che è uno dei problemi intrinseci delle rinnovabili basate sul sole. Si tratta di un mercato in fase di velocissima espansione: lo dimostra la batteria al litio da 100 megawatt di potenza appena costruita in Australia in soli 100 giorni da Elon Musk, il cofondatore della Tesla e la batteria da 150 megawatt che stanno realizzando i sudcoreani.  In questa corsa verso una capacità di accumulo sempre più spinta che dovrà coinvolgere anche il settore della mobilità, responsabile di circa un terzo del totale dei consumi energetici essenzialmente di natura fossile, l’Italia deve giocare un ruolo di prima fila. Terna ha investito 70 milioni di euro per creare a Sassari un laboratorio in cui vengono sperimentate sette diverse tecnologie di accumulo. smart grid è fondamentale per un Paese che è passato da una rete formata da poche grandi centrali a una rete composta da migliaia di punti di fornitura elettrica.

"Fare sistema" per diventare più competitivi

Nel contesto internazionale gioca un ruolo molto importante per il nostro Paese il Piano Energia/Clima la cui prima stesura è stata consegnata alla Commissione Europea il 31 dicembre 2018 e dopo una procedura abbastanza complessa dovrebbe assumere il valore cogente alla fine dell’anno in corso. Il Piano deriva almeno in parte dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017, che suggerisce una gestione organica della ricerca nel settore dell’energia, sia del SET Plan che di Mission Innovation, per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle risorse stanziate. L’obiettivo è quello di creare le condizioni di sistema affinché la partecipazione dell’industria e dei centri di ricerca pubblici e privati italiani ai futuri programmi di ricerca previsti sia dal SET Plan/Horizon 2020 sia da Mission Innovation sia più ampia e meno frammentata.

Va comunque rilevato che le performance italiane nel settore Energia di Horizon 2020 sono decisamente migliori rispetto alla percezione media che abbiamo del nostro Paese. Nel 2017 il tasso di successo dei Progetti coordinati da Partner italiani o in cui l’Italia era coinvolta è stato del 14,8% (nel 2014 era l’11,3%). In termini di fondi ottenuti i risultati sono apparentemente meno positivi, ma solo perché scontiamo le croniche difficoltà legate a problemi strutturali: abbiamo un terzo dei ricercatori che ha la Germania e metà di quelli che ha la Francia. Inoltre, i nostri ricercatori delle Università e degli Enti di Ricerca hanno in generale salari meno ricchi dei competitori e questo si riverbera sui Progetti che sono tipicamente basati sul cofinanziamento.  Perciò sul piano del recupero dei fondi EU siamo penalizzati: restiamo all’11%, ma siamo comunque passati dal sesto posto del VI Programma Quadro alla lotta per il secondo, spalla a spalla con la Spagna e dietro solo alla Germania.  Comunque i Ricercatori del nostro Paese finora sono riusciti a difendersi basandosi sulla fantasia e sull’intelligenza. Se cominciassimo anche a “fare sistema” con una politica di sostegno attiva da parte dello Stato e delle Regioni potremmo diventare veramente molto competitivi.

 


1 COM(2015) 80 final, “A Framework Strategy for a Resilient Energy Union with a Forward-Looking Climate Change Policy”, 25.2.2015

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