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L’innovazione nelle Utility italiane

di Valeria Garotta

L’innovazione sta portando a profondi mutamenti negli assetti organizzativi e gestionali, in particolare delle Local Utilities, con notevoli potenziali di recupero di efficienza operativa e tecnologica. Tuttavia, se i grandi operatori stanno investendo in reti e impianti sempre più “smart” e innovando i modelli di servizio per una maggior qualità, le aziende più piccole sembrano essersi concentrate su altre priorità. La sfida sarà quella di costruire strumenti di policy efficaci per colmare questo gap, a beneficio di una qualità dei servizi erogati ai cittadini uniforme sul territorio nazionale

Valeria Garotta

Valeria Garotta

Direttore Fondazione Utilitatis

L’innovazione in ambito «4.0» è stata fino ad oggi considerata una prerogativa dell’industria manifatturiera, ma le potenzialità di tale approccio rivestono una grande portata anche per le infrastrutture e i servizi pubblici di interesse economico generale.

Da un lato la digitalizzazione e l’interconnessione delle diverse componenti del processo produttivo potrebbero favorire la sua ottimizzazione: in particolare, nelle infrastrutture di rete è ormai frequente inserire dispositivi per ottimizzare la gestione e ridurre le perdite, razionalizzare la manutenzione, diminuire i consumi energetici, minimizzare l’impatto ambientale ecc. Dall’altro una crescente digitalizzazione dei servizi consentirebbe di innalzare gli standard di prestazione, adeguandoli ai target imposti dal regolatore e alle esigenze degli utenti. Più in generale, reti e servizi smart saranno i pilastri degli obiettivi in ambito europeo e nazionale (si pensi alle Direttive UE su “Circular Economy” e “Clean Energy Package” o al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima – PNIEC – recentemente presentato dal Governo italiano).

L’applicazione di queste innovazioni tecnologiche determina profondi mutamenti negli assetti organizzativi e gestionali. Ciò vale in misura particolare nelle Local Utilities che hanno davanti sfide gestionali con potenziali notevoli in termini di recupero di efficienza operativa e tecnologica, puntando sulle specificità dei territori.

Applicazioni tecnologiche innovative e business model

Le nuove tecnologie digitali e dell’informazione che permettono di conoscere e monitorare dettagliatamente i bisogni e di produrre servizi strettamente attinenti ai diversi segmenti della domanda, potrebbero costituire un efficace supporto nel promuovere il consolidamento dimensionale del tessuto delle imprese di servizio pubblico locale senza che venga smarrita la vocazione delle Utilities e senza dover rinunciare ai vantaggi delle economie di scala.

Tuttavia, per cogliere al meglio le opportunità offerte dalla trasformazione digitale, è necessario superare l’illusione che i nuovi business siano quelli “vecchi” ai quali semplicemente aggiungere contenuto tecnologico.

Le nuove applicazioni tecnologiche incideranno certamente sulla capacità di innovare i servizi esistenti o crearne di nuovi (Business models), sui processi produttivi (Operations) e sulle modalità di relazione con i clienti/utenti (CRM).

Per abilitare tutto ciò, sarà indispensabile intervenire sull’Organizzazione e sulla governance aziendale, si dovranno innescare cambiamenti culturali a tutti i livelli e andrà “messa al centro” la capacità di estrarre valore dai molti dati che le aziende hanno ormai a disposizione. Quest’ultima azione è certamente quella più importante nella costruzione della “visione digitale”, nel momento in cui la rilevanza della gestione dei dati rispetto alla fornitura del servizio tradizionale, sta progressivamente “commoditizzando” il secondo e sta imponendo il primo come vera fonte di valore, aprendo nuovi scenari competitivi – in termini di opportunità di diversificazione dei servizi, ma anche di potenziali rischi legati a new comers – per le Local Utilities.

Internet of Things e Intelligenza Artificiale

Ma qual è lo stato dell’arte della trasformazione digitale nelle Utility italiane? Da un’analisi condotta su 104 Utility operanti nei settori dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia elettrica e del gas – recentemente pubblicata nell’Orange Book – per quasi il 90% dei gestori, le soluzioni basate sull’Internet of Things (IOT) saranno quelle che genereranno i maggiori impatti, seguite dai sistemi di Intelligenza Artificiale e dalle opportunità di utilizzo dei droni nell’ispezione di reti e impianti.

Quanto agli ambiti che più verranno trasformati dal digitale, le aziende individuano l’Asset Management (ossia la gestione di Reti, Impianti, Flotte ecc.) e l’area dell’interazione con il cliente, sottolineando tuttavia come le stesse modalità di erogazione dei servizi saranno innovate in chiave 4.0. 

Se questi saranno i target per i prossimi anni, fino ad oggi le aziende hanno rivolto i propri sforzi di innovazione e cambiamento alla razionalizzazione e al miglioramento dei processi interni e alla digitalizzazione di reti e impianti (Asset Management). Analizzando le aree di maggiore investimento nel triennio 2015-2017, il 60% delle aziende dichiara di aver investito in App Mobile, il 55% in sensoristica IOT, mentre circa il 45% ha investito in Cloud Computing e Cyber-Security.

La trasformazione 4.0 sta permeando prevalentemente le aziende di maggiore dimensione (in particolare le aziende con fatturato superiore a 100 milioni di euro, nel seguito definite Top) – sia multiutility che monoutility – le quali, potendo contare su una maggiore massa critica di utenti/clienti, risultano meglio organizzate per far fronte agli investimenti necessari (grazie a strutture tecniche adeguate e ad una maggiore capacità di approvvigionamento finanziario) ed attrarre sul mercato le nuove competenze abilitanti. In tali società, infatti, grazie ad una visione strategica del top management, sta maturando una cultura digitale che progressivamente si sta propagando ad aree sempre più estese dell’azienda. Vi è quindi una elevata percezione dell’impatto delle tecnologie 4.0 e una buona capacità di gestire i processi di cambiamento, grazie a modalità piuttosto strutturate quali Comitati di Innovazione, funzioni aziendali dedicate, o team trasversali. Inoltre, le stesse aziende sono destinate ad accrescere le proprie skill digitali attraverso l’iniezione di nuove figure professionali nei prossimi anni: infatti, il 65% delle aziende Top dichiara che assumerà digital specialists nei prossimi due anni.

D’altro canto, relativamente in particolare al tema delle competenze, occorre tener presente che le società di dimensione medio piccola operano per lo più in regime di “In House”, con i conseguenti vincoli assunzionali.

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Fig. 1Principali ostacoli “interni” per i processi di innovazione (possibile scelta multipla)Fonte: Orange Book Utilitatis, 2018

Al 2020 gli investimenti nel digitale cresceranno del +118%

In generale, oltre alla dimensione aziendale, che sembra costituire una barriera oggettiva alla diffusione del digitale, la larga maggioranza delle Utility (60%) individua un freno nel “prevalere” di altre priorità aziendali, mentre il 33% riconosce la mancanza di cultura aziendale. Rispetto al dibattito sul potenziale conflitto tra digitalizzazione e occupazione, il settore delle Utility non sembra al momento percepire un impatto negativo in termini di perdita di posti di lavoro.

Le valutazioni espresse in riferimento alla frammentazione gestionale – che interessa soprattutto i settori idrico e dei rifiuti, meno maturi rispetto a quelli dell’energia e del gas – e all’effetto frenante che questa produce sulla digitalizzazione, sono confermate anche dallo spaccato relativo agli investimenti realizzati nel triennio 2015-2017: su un volume complessivo di 165 milioni di euro investiti nel digitale (con un’incidenza pari a circa il 4% degli investimenti complessivi), ben il 90% è ascrivibile alle Utility più grandi (Top).

Segnali positivi emergono per i prossimi anni, nei quali è atteso un forte impulso degli investimenti in digitale: secondo i piani delle Utility intervistate, nel triennio 2018-2020 si assisterà ad una crescita del +118%, che porterà gli investimenti in digitale al 6,5% degli investimenti complessivi. L’aumento interessa in particolare il settore dell’acqua, su cui l’intervento di ARERA ha messo in moto piani di investimento orientati alla qualità tecnica fortemente permeati dalla digitalizzazione, e quello dei rifiuti, per la crescente spinta ad adottare sistemi di riconoscimento dell’utente finalizzati ad un suo maggiore coinvolgimento nella raccolta differenziata finalizzata al riciclo.

Il settore delle Utility mostra quindi di essersi a pieno titolo incanalato nel solco della trasformazione 4.0, pur evidenziando una risposta variegata: da un lato i grandi operatori, che stanno investendo in reti e impianti sempre più “smart” e innovando i modelli di servizio puntando ad una maggior qualità. Dall’altro le aziende più piccole, che sembrano essere state fino ad oggi concentrate su altre priorità. La sfida sarà quella di costruire degli efficaci strumenti di policy per colmare questo gap, a beneficio di una qualità dei servizi erogati ai cittadini uniforme sul territorio nazionale.

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