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Ricerca e innovazione al centro delle nuove politiche per lo sviluppo e la competitività

di Lorenzo Fioramonti

L’Italia è uno dei pochi paesi avanzati che ha interpretato le restrizioni di bilancio pubblico indotte dalla crisi economica come tagli all’innovazione ed alla ricerca. Aumentare le risorse disponibili in questi settori strategici è un passaggio ineludibile. Ed è fondamentale invertire rapidamente e sostanzialmente le dinamiche degli investimenti richiedendo, ove necessario, un trattamento speciale per questa classe di spese alle Autorità di vigilanza della stabilità dei conti pubblici

Lorenzo Fioramonti

Lorenzo Fioramonti

Vice-Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Professore Ordinario di Economia Politica all’Università di Pretoria e fondatore del Centre for the Study of Governance Innovation

Conquistare e difendere un alto livello di competitività economica è uno strumento necessario per il mantenimento della prosperità del “sistema Paese” che dovrebbe necessariamente tradursi nella diffusione di un maggiore standard di benessere. In questo senso, un’elevata competitività esterna nasconde, spesso, anche un alto grado di collaborazione interna, intesa come la capacità di fare rete da parte dei principali protagonisti coinvolti nelle scelte.

La competitività, però, non è una misura unidimensionale ma, al contrario, può essere declinata in diversi modi. La politica economica italiana degli ultimi decenni ha intrapreso sistematicamente un percorso di raggiungimento della competitività attraverso la riduzione dei costi di produzione. L’evidenza dei risultati macroeconomici degli anni recenti ha visto il nostro Paese subire un ritardo permanente nella crescita economica stimabile in circa l’1% del PIL rispetto alla media dei partner europei, questo a testimonianza del fallimento delle politiche di competitività basate sui ridotti costi di produzione.

Alla luce di queste considerazioni, oggi è diventato sempre più necessario ripensare l’impostazione del percorso di sviluppo: sembra essenziale perseguire la strada della competitività declinata verso la qualità dei prodotti e dei servizi offerti come il risultato di un efficace sistema di innovazione.

In Italia debolezze strutturali, ma Università ed EPR sono all’avanguardia scientifica

L’Italia soffre di alcune debolezze strutturali ben note. Le risorse investite in ricerca e sviluppo, ad esempio, sono tradizionalmente più scarse rispetto a quanto osservato in altri paesi europei. Il tessuto produttivo è dimensionato su scala nettamente inferiore rispetto a quanto avviene per i nostri principali competitors. D’altra parte, il Paese vanta anche alcuni tradizionali vantaggi come l’eccellenza della formazione terziaria del sistema universitario e diverse istituzioni di ricerca all’avanguardia scientifica, tra le quali l’ENEA è, da sempre, protagonista. La politica economica deve, quindi, essere calibrata sulle condizioni del Paese identificando il percorso più promettente al fine di porre le eccellenze scientifiche e tecnologiche al servizio della creazione di ricchezza diffusa sul territorio.

Uno dei temi centrali del periodo storico che stiamo attraversando, è dato dalla possibilità di accedere a fonti energetiche compatibili con la stabilità ambientale. Per raggiungere questo scopo è necessario investire in ricerca in un ampio numero di settori scientifici e nuove tecnologie, in materiali innovativi ed infrastrutture dedicate. Come per i grandi progetti nazionali del secolo scorso, di cui il Programma Apollo è il principale protagonista con lo sbarco dell’uomo sulla Luna avvenuto esattamente cinquant’anni fa, le competenze che scaturiranno dalla ricerca sui temi energetici ed ambientali forniranno le basi per la creazione di nuovi prodotti e servizi in grado di costituire la struttura produttiva portante del nostro Paese per i decenni futuri.

In questo contesto, la ricerca sulla fusione può aprire prospettive di grande interesse. Da qui il ruolo centrale dei laboratori di Frascati e Brasimone dove l’ENEA coordina le attività sul processo di fusione per ottenere energia pulita. In questo quadro il “Divertor Tokamak Test facility” (DTT), si rivela come un’opportunità straordinaria per il nostro Paese. Il DDT è, infatti, un esperimento che unisce studi di fisica e tecnologia e che, tra i principali obiettivi, si prefigge la sistematizzazione dei test sui materiali avanzati oltre a delle nuove soluzioni per lo smaltimento del carico termico. Evitando di entrare troppo nei tecnicismi, è importante sottolineare che questo esperimento consentirà alla comunità scientifica del nostro Paese di continuare la propria tradizione di eccellenza mondiale nel campo della fusione.

Appare necessario, quindi, invertire il paradigma in modo da considerare la lotta all’inquinamento ambientale non come un vincolo alla produzione di ricchezza ed un costo da pagare per la libera attività economica, ma come un’opportunità per impostare una forma di sviluppo economico sostenibile non solo in termini ambientali, ma anche economici e sociali per realizzare quello che negli Stati Uniti viene definito il Green New Deal. Per intraprendere tale percorso, è però necessario integrare le competenze esistenti nei centri scientifici del paese e “metterle a sistema” con il resto delle istituzioni attraverso un adeguato intervento del decisore politico.

Aumentare le risorse per la ricerca

Il primo, ineludibile passaggio consiste nell’aumentare le risorse disponibili per le varie forme di ricerca, da quella di base alla formazione superiore, a quelle dedicate alle imprese. L’Italia è uno dei pochi paesi avanzati che ha interpretato le restrizioni di bilancio pubblico indotte dalla crisi economica in termini di tagli all’innovazione ed alla ricerca. È fondamentale invertire rapidamente e sostanzialmente le dinamiche degli investimenti richiedendo, ove necessario, alle autorità di vigilanza della stabilità dei conti pubblici un trattamento speciale per questa classe di spese.

Il secondo tema centrale è l’aumento dell’impatto economico della ricerca, favorendo lo sviluppo di attività economiche basate sulle alte tecnologie. A questo scopo è necessario stimolare le aziende a controllo pubblico con grandi patrimoni tecnologici, affinché siano sempre più reattive rispetto alle potenzialità di applicazioni talvolta lontane dal loro core business.

È diventato, inoltre, sempre più strategico aiutare le università e gli enti di ricerca pubblici ad integrarsi maggiormente nel tessuto produttivo del nostro Paese. In questi casi, oltre a contributi finanziari, è necessario favorire lo snellimento delle procedure burocratiche di gestione di queste organizzazioni. Le norme progettate per garantire l’efficienza di costo diventano spesso un impedimento allo svolgimento di attività non previste dalle tabelle prescritte per le istituzioni. Pur nel rispetto della natura di ogni attore istituzionale, è essenziale favorire la contaminazione delle competenze per generare nuove realtà economiche e indirizzare i percorsi di ricerca nella direzione più proficua per l’intero sistema Paese.

In tale contesto diventa prioritario il ruolo svolto dal trasferimento tecnologico nel consentire all’industria di ricevere i risultati della ricerca, assimilarli ed utilizzarli nella concreta applicazione quotidiana attraverso produzioni ad alto livello di conoscenza e tecnologia favorendo, così, anche la nascita di nuove forme di imprenditorialità.

Lo Stato deve, quindi, svolgere un ruolo di facilitatore nell’incontro trasversale delle competenze racchiuse nei diversi attori pubblici e privati interessati ai processi produttivi. La promozione di iniziative quali i “cluster tecnologici” ed i “centri di competenze”, deve permettere lo sfruttamento di potenzialità sinergiche bloccate da differenze istituzionali e culturali.

Il decisore politico dovrebbe sostenere sempre di più delle iniziative di catalizzazione delle attività innovative tra imprese motivate dal profitto, sia esistenti che di nuova fondazione ed i centri di creazione di nuove competenze scientifiche e tecnologiche, come le università e gli enti di ricerca. Fondamentale in questo passaggio sarà la capacità di diffusione delle attività di innovazione sull’intero territorio nazionale, sbloccando la naturale tendenza alla loro concentrazione dovuta alla ricerca di minimizzazione del rischio di impresa che spesso si traduce in una mera riproduzione dei successi passati che troppo spesso si sono dimostrati obsoleti per le nuove sfide tecnologiche.

Da anni ENEA sviluppa e implementa sul territorio tecnologie, strumenti e approcci integrati per la chiusura dei cicli e per la pianificazione e la gestione dei flussi di risorse, attraverso un approccio olistico sull’intera catena del valore di materiali e prodotti e la gestione sostenibile delle aree produttive, a sostegno delle politiche industriali, di sviluppo e di competitività del “sistema Paese”. cradle-to-cradle) e modelli aziendali nuovi e innovativi. Le attività, volte al miglioramento e alla gestione dei processi produttivi, sono indirizzate a specifici settori/filiere del sistema industriale che presentano ampi margini di miglioramento sull’uso più efficiente delle risorse.

Le attività di ENEA sono di seguito presentate con un focus particolare sugli approcci multidisciplinari adottati grazie alla collaborazione trasversale di diversi laboratori e dipartimenti in diversi ambiti applicativi: industrie e aree industriali, filiere e catena del valore, aree urbane, territorio e mare.

Vengono presentate le attività sulla Bioeconomia, per la realizzazione di Porti sostenibili e circolari come esempio di coniugazione di economia circolare ed economia blu, le attività a supporto delle imprese con specifico riferimento al settore manifatturiero, dalla progettazione e produzione dei prodotti (Ecodesign e materiali circolari), alla produzione (Strumenti per la riduzione dell’impronta ambientale dei prodotti, Diagnosi delle risorse e diagnosi energetica in supporto alle imprese), all’implementazione di nuovi sistemi di gestione e modelli di business basati su approcci collaborativi (Simbiosi industriale e territoriale).

Veduta aerea
Veduta dell'area industriale di Rieti-Cittaducale. Ventisette aziende dell'area sono state coinvolte in un progetto di simbiosi industriale sviluppato dall'ENEA

Come esempi di approccio sistemico esteso all’intera catena di valore, con il coinvolgimento di tutti gli attori di maggior rilievo, sono poi presentati alcuni esempi di attività integrate per la chiusura dei cicli su specifiche filiere produttive:  agro alimentare, costruzione e demolizione,  gestione della risorsa idrica,  catene di valore di alcuni prodotti strategici e rifiuti di particolare rilievo (batterie di accumulo, pannelli fotovoltaici, rifiuti di plastica) e sulla chiusura del ciclo della catena del valore da materie strategiche come  il fosforo per il quale il Ministero dell’Ambiente ha recentemente promosso una Piattaforma Nazionale gestita da ENEA. Considerato il ruolo strategico delle città nella transizione verso l’economia circolare, non poteva infine mancare un focus sull’approccio ENEA per le città circolari.

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