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Il compostaggio di comunità

Pier Giorgio Landolfo, Fabio Musmeci - ENEA, Unità Tecnica Tecnologie Ambientali

DOI: 10.12910/EAI2013-25

Il compostaggio di comunità è una tecnologia con grandi potenzialità per il trattamento della frazione organica dei rifiuti. Se ben inquadrata all’interno di una gestione dei rifiuti sostenibile questa tecnologia può fornire uno strumento spesso applicabile sul fronte dell’auto-compostaggio e quindi agire sulla prima delle priorità europee del settore (quella della prevenzione). L’articolo illustra lo stato dell’arte del settore, il suo valore strategico, le possibili situazioni di prima applicazione.

Il compostaggio (di qualità) è un processo di stabilizzazione aerobica controllata del materiale organico selezionata dai RU. Sinteticamente è una tecnica industriale attraverso la quale viene controllato, accelerato e migliorato il processo naturale a cui va incontro qualsiasi sostanza organica, per effetto della flora microbica, e che permette di ottenere un prodotto biologicamente stabile che presenta una miscela di sostanze umificate (il compost) da impiegare in attività agronomiche. Questo processo può essere preceduto eventualmente da un recupero energetico attraverso la digestione anaerobica che permette il recupero di gas (metano) che gode dei certificati verdi. In questo caso comunque il digestato dovrebbe essere successivamente processato attraverso il compostaggio.

Il compostaggio, nel corso degli anni, si è in maniera definitiva affermata all’interno della gestione integrata e sostenibile dei rifiuti acquisendo, sempre più, nel tempo e nella giurisprudenza, un ruolo prioritario nella gerarchia degli interventi.

In quest’ambito, come ben citato nella Comunicazione della Commissione Europea “Roadmap to a Resource Efficient Europe”, il compostaggio si pone e ancor più per i prossimi anni, non solo come tecnica per il trattamento del rifiuto organico rispetto alle altre forme di gestione ma come strumento di fondamentale importanza per un uso efficiente delle risorse (tra gli obiettivi dell’eco-innovazione). Anche in Italia, come in diversi altri paesi, costituisce un elemento essenziale di un qualunque sistema integrato di gestione dei rifiuti. Questo tipo di trattamento rappresenta una fra le poche eco-tecnologie validate sul piano della possibilità di migliorare la gestione delle risorse ambientali e valorizzare la varietà di biomasse, nonché recuperare sostanza organica da destinare ad un’agricoltura, quale quella mediterranea, che ne ha forte bisogno.

Il Rapporto Rifiuti ISPRA (2013 con dati 2011), pur evidenziando un progressivo aumento della quota della frazione umida e verde da raccolta differenziata avviata al compostaggio, fa emergere contemporaneamente la ancora notevole potenziale crescita del settore.

 

2009

2010

2011

UE 15

86

86

87

Italia

58

65

67

Francia

89

91

95

Spagna

98

96

95

Germania

102

101

103

Paesi Bassi

144

139

142

Austria

186

181

179

TABELLA 1
Rifiuti organici (kg procapite/anno) avviati al compostaggio[1] in alcune nazioni e nella UE a 15

Questa fase è fortemente condizionata dalla possibilità di colmare la carenza impiantistica in quanto sono numerosi i comuni che non fanno o fanno poca raccolta dell’organico in quanto non ci sono impianti in loco o devono sostenere elevati costi di trasporto.

Al compostaggio in Italia è destinato solo il 13% del rifiuto. Questo valore è mediamente inferiore a quello di Francia e Germania (17%), a quello della Spagna (18%), del Regno Unito (14%) e dell’UE a 27 (media 15%) ed è molto lontano da quello dall’Austria che arriva al 40%. Si desume, quindi, un ampio spazio di crescita per il trattamento e recupero della frazione organica selezionata attraverso le diverse tecniche di compostaggio.

La frazione organica presente nel rifiuto urbano rappresenta il principale problema da trattare in quanto:

  • è la prima componente in peso (34%) dei rifiuti[2] prodotti. Se si guarda alla produzione delle singole utenze familiari, escludendo quindi le utenze assimilate agli urbani, la frazione organica è del 70%[3];
  • costituisce la maggior percentuale, quasi il 24% in peso, di tutta la raccolta differenziata (RD)[4], anche se si possono raggiungere percentuali notevolmente superiori (come il 60,8% nella Provincia del Medio Campidano, il 52% ad Oristano, il 50% a Salerno);
  • non è supportata da un sistema tipo CONAI e, per l’elevata frequenza di raccolta necessaria, rappresenta in termini economici la prima voce di costo tra le diverse tipologie di raccolta differenziata dopo la frazione residua: mediamente 220 euro/t[5] fino a raggiungere nelle regioni meridionali punte di 321 euro/t. L’incidenza percentuale dell’organico, in termini economici, supera quella in termini di peso;
  • in termini di impatto, la sua putrescibilità, ne fa il primo responsabile dei percolati, delle emissioni di gas serra[6] e dei cattivi odori nelle discariche.

Il compostaggio può essere effettuato in varie scale e con l’utilizzo di diverse tecniche:

  • su scala industriale la frazione umida raccolta in maniera differenziata viene processata con diverse tipologie di trattamento (cumuli, bioreattore ecc.). Un’analisi della distribuzione degli impianti di compostaggio in Italia mostra una notevole differenza tra il Nord e il Centro-Sud. Nel 2011 sono state circa 4,4 milioni le tonnellate di rifiuti organici avviate agli impianti di compostaggio con casi di trasporto e trattamento fuori regione;
  • su scala domestica il trattamento avviene tramite compostaggio o auto-compostaggio. A supporto di questo sistema, in molte realtà locali viene avviato l’Albo Compostatori comunale[7] con cessione di compostiere domestiche e sconti sulla TIA/TARSU.

Il potenziale contributo del compostaggio domestico è fondamentale nell’ambito del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, in quanto il 33% della popolazione italiana vive in case unifamiliari (fonte: Federcasa[8]).

Attualmente i più moderni approcci alla tematica stanno aprendo nuovi spazi che suggeriscono azioni volte al trattamento e recupero rifiuti, da effettuarsi il più vicino possibile ai luoghi di produzione, attraverso piccoli impianti di trascurabile impatto.

In questo contesto, tra il compostaggio industriale e quello domestico si è aperto un settore molto promettente per l’introduzione di un settore intermedio: quello del compostaggio di comunità o di prossimità[9].

Questo passaggio nella gestione del rifiuto organico permette di introdurre un percorso “eco-innovativo” aggiuntivo nel sistema, in quanto attraverso questa tecnica si risponde alle esigenze mirate di molte realtà locali contribuendo, oltre alla riduzione della riduzione dei rifiuti e degli impatti ambientali, a valorizzare il riutilizzo in loco del compost e ad aumentare le possibilità di un cambio comportamentale dei cittadini in quanto può stimolare ulteriormente stili di vita più consapevoli.

Questo sistema è basato sull’uso di piccole “macchine elettromeccaniche” dove il processo aerobico viene mantenuto e accelerato dal continuo apporto d’aria. Questa tecnica presenta un notevole potenziale per casi quali una comunità isolata, una frazione, un condominio, una mensa, un hotel ecc.

Questi macchinari pongono delle problematiche tecniche e normative nuove e richiedono, quindi, un necessario e adeguato monitoraggio. Sul mercato esistono pochi prodotti, ma in Svezia sono già centinaia i compostatori di comunità installati anche in condomini.

Quadro normativo

La direttiva quadro sui rifiuti[10] ha stabilito i principi della gerarchia dei rifiuti: ridurre, riutilizzare, riciclare, recuperare per minimizzare lo smaltimento. La direttiva richiede che debbano essere elaborati dei programmi di prevenzione (entro il 2014), al fine di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.

La direttiva sulle discariche[11] impone la riduzione mirata dei rifiuti biodegradabili in discarica con un obiettivo di riduzione al 35% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995.

Lo stato di evoluzione di una futura Direttiva BioWaste è dato dal “Libro verde sulla gestione dei rifiuti biodegradabili in Europa[12].

Nel Libro Verde (pag. 1) si legge: “Per rifiuti organici biodegradabili si intendono i rifiuti organici biodegradabili di giardini e parchi, i rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione …” .

Nella Comunicazione della Commissione Europea “Roadmap to a Resource Efficient Europe[13] il rifiuto organico è citato come uno dei tre settori chiave su cui intervenire per un uso efficiente delle risorse (gli altri sono il settore delle costruzioni e quello della mobilità).

Inoltre la Commissione intende valutare ulteriormente il modo migliore per limitare i rifiuti per tutta la catena di alimentare, ed esaminare i modi per diminuire l’impatto ambientale della produzione alimentare e dei modelli di consumo[14] con una Comunicazione sull’alimentazione sostenibile (da pubblicare entro il 2013).

Attualmente gli impianti di smaltimento e recupero rifiuti, tra questi anche gli impianti di compostaggio di qualsiasi dimensione, sono autorizzati ai sensi dell’articolo 208 del 152/2006 al pari degli inceneritori, delle discariche e degli altri impianti anche rilevanti. Questo articolo prevede la presentazione della domanda e la risposta della Regione entro 150 giorni con l’autorizzazione o un motivato diniego. Questo periodo prevede la Conferenza dei Servizi e una possibile interruzione per una richiesta di integrazioni alla domanda stessa. L’autorizzazione è valida 10 anni e può essere rinnovata.

Un’alternativa da considerare per le autorizzazioni può essere quella dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate (DM 5/2/2998) da richiedere alle Province e valevoli 5 anni. Allo stato attuale va sottolineata una notevole varietà di “interpretazioni” legislative da parte delle Regioni e delle Province che rende difficile suggerire un procedimento di questo tipo. Nella revisione del 152/2006 (art. 183) si introduce la definizione di “auto-compostaggio” come “il compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto.

A parere di chi scrive per “utenze domestiche” vanno intese anche quelle assimilate ai sensi della legge e dei regolamenti comunali. Quindi l’auto-compostaggio può essere esteso ai casi di mense scolastiche, aziendali ecc. nel caso di utilizzo in loco (per esempio nella propria area verde) del compost prodotto. In effetti, il rifiuto non verrebbe nemmeno creato essendo gli scarti destinati al compostaggio in loco, intercettando materiali valorizzabili prima ancora della loro conferimento al sistema di gestione rifiuti. Quindi l’auto-compostaggio è da annoverare tra le tecniche di prevenzione e da ritenere prioritario sulla base della gerarchia europea sui rifiuti. I fautori di questa interpretazione ritengono che tale tecnica non sia compresa dall’attuale normativa sui “rifiuti” e che per tali impianti non sia pertanto necessaria l’autorizzazione in quanto, appunto, di “auto-compostaggio”.

Nel caso dell’impianto ENEA Casaccia, che tratta gli scarti della mensa aziendale, la Provincia di Roma e la Regione Lazio hanno comunicato la loro interpretazione in questo senso. Gli oppositori a questa linea tendono a evidenziare la diversità tra i soggetti produttori di rifiuti: i conferitori (per esempio i commensali) e il proprietario/gestore dell’impianto. Nell’utilizzo dei compostatori di comunità fuori dall’ambito dell’auto-compostaggio (compostaggio di prossimità) le cose sono più complicate.

Per quanto riguarda la natura del compost, il Decreto Legislativo 75 del 2010 sui fertilizzanti definisce gli ammendanti come “materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche siche o chimiche o l’attività biologica disgiuntamente o unitamente tra loro, i cui tipi e caratteristiche sono riportati nell’allegato 2”. Nel citato Allegato 2 tutti gli ammendanti devono rispettare i tenori massimi consentiti in metalli pesanti espressi in mg/kg e riferiti alla sostanza secca. Nel medesimo Allegato viene normato anche l’”Ammendante Compostato Misto” come prodotto di un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani provenienti da raccolta differenziata.

Per questo ammendante si prevede un massimo di umidità del 50%, un pH tra 6 e 8,5. Si prevede anche un minimo del 20% di carbonio (umido e fulvico) nel secco, azoto organico minimo 7% e 80% dell’azoto totale. Si noti che queste caratteristiche dell’ “Ammendante compostato misto” sono valide per un prodotto che viene posto sul mercato e non dovrebbero riguardare specifiche relative a quanto ottenuto dall’auto-compostaggio. Nell’ambito della discussione apertasi sul compostaggio di comunità, la Regione Lazio[15] si propone di rilasciare future “Linee guida autorizzazione compostaggio collettivo”. In particolare:

  • nell’ambito di applicazione degli artt. 214 (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate) e 215 (Autosmaltimento) del D.Lgs. 152/2006;
  • criteri costruttivi, rassegna delle tecnologie, anche automatiche, per trattare l’organico assimilabile al domestico di gruppi di attività confinanti tra loro (ristoranti, stabilimenti balneari), piccole comunità (ospedali, caserme, carceri, villaggi isolati) con procedimenti autorizzativi semplificati, trasmissione telematica dei dati, garantendo sempre e comunque un elevato livello di protezione ambientale.

Le tecnologie

Tecnicamente, questi impianti in relazione alla movimentazione del materiale, possono essere suddivisi in due tipologie: quelli che, al fine di muovere il materiale, hanno una camera ruotante (esempio cilindrica) o quelli che fanno uso di bracci meccanici.

Un’altra suddivisione è quella che vede un’unica camera ove avviene tutto il processo oppure quelli che suddividono il processo nelle due fasi di bio-stabilizzazione accelerata e l’altra di prima maturazione in camere separate.

L’utilizzo di strutturante è fondamentale nel processo di compostaggio per garantire l’aerazione (controllando di conseguenza il grado di umidità) e l’apporto di carbonio (richiesto per un corretto bilanciamento del rapporto carbonio/azoto) alla massa sottoposta a trattamento biologico aerobico.

Nel compostaggio domestico lo strutturante è fornito semplicemente da sfalci d’erba, mentre, a livello di grandi impianti, sono utilizzati anche cassette in legno, potature derivanti dalla gestione del verde pubblico e/o privato e eventuali sacchetti in carta paglia, utilizzati nella raccolta differenziata.

Nelle macchine per il compostaggio di comunità lo strutturante è fornito essenzialmente con l’apporto di segatura o di pellets, di solito aggiunti automaticamente o anche manualmente da un operatore, contemporaneamente al conferimento dell’organico. La triturazione del materiale in ingresso a monte del processo rappresenta, anch’essa, un fattore di differenza tra le macchine sul mercato. Questa operazione consente di aumentare la superficie areata (con conseguente aumento della velocità di processo), nonché facilitare la miscelazione con lo strutturante. Di contro, vi è la difficoltà di rimuovere eventuali impurezze (tipicamente buste di plastica) se queste vengono triturate. Un bio-trituratore, posto accanto all’impianto, potrebbe essere utilizzato per la produzione di segatura da cassette in legno o da ramaglie.

Le tecnologie per il compostaggio comunitario si dividono in:

  1. sistemi a doppia camera, in questi sistemi il caricamento avviene in una prima camera e, dopo un periodo di prima maturazione (per esempio 20 giorni) la massa viene spostata nella seconda camera dove avviene la maturazione vera e propria (per altri 20 giorni). In questo caso abbiamo che vi saranno scarti che passano dalla prima alla seconda camera di appena 1 giorno e altri di 20 giorni. La massa è tipicamente mossa, con periodi variabili (esempio ogni ora), da aspi, che miscelano il materiale e ne aumentano l’areazione.
  2. sistemi a camera unica, in questo caso vi è un unico tubo dove la massa, come già detto può essere mossa dalla rotazione del cilindro più interno o ancora da braccia meccaniche.

Progetto ASTRO (Attività Sperimentale TRattamento Organico)

Nell’ambito della Legge Finanziaria 2010 è stato previsto e finanziato, sui fondi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, un macro progetto nel quale sono previsti anche interventi ENEA per lo “Sviluppo ed implementazione di modelli di gestione sostenibile dei rifiuti”, nell’ambito del progetto “Eco-innovazione Sicilia”. In questo contesto gli interventi ENEA sono finalizzati, in territori “piccoli” ad alto interesse ambientale, come l’arcipelago delle Egadi, a fornire un contributo per il loro adeguamento a sistemi di gestione sostenibile dei rifiuti in linea ai principi e agli obiettivi della normativa europea e nazionale.

In quest’ottica, di primaria importanza è diventata l’individuazione di impianti eco-innovativi, metodologie e processi mirati di trattamento e valorizzazione della frazione organica, che rappresentino soluzioni integrate ed efficienti in particolare in aree ambientalmente fragili e ad alto impatto antropico.

Nell’ambito di questa azione è stata avviata nel 2012 in ENEA, presso il Centro di Ricerca della Casaccia, il Progetto Attività Sperimentale Trattamento Organico (ASTRO), una sperimentazione con un compostatore elettromeccanico di Comunità innovativo che ha trattato una parte degli scarti mensa e della manutenzione del verde del Centro Ricerche Casaccia (Figura 1).

Compostore

FIGURA 1
Un compostatore di comunità installato presso il Centro ENEA della Casaccia (2013)

Questa sperimentazione che verrà riproposta nel 2014 sulle Egadi ha permesso di:

  • verificare il processo con diverse frazioni organiche valutando l’utilizzo di diversi strutturanti alternativi e/o complementari,
  • avviare un monitoraggio continuo sulle tecnologie presenti sul mercato,
  • ottenere anche indicazioni utili per regolamentare, da parte della PA Centrale e Locale, l’uso dei compostatori di comunità nel territorio italiano.

I primi risultati del progetto ASTRO[16] mostrano una riduzione, in peso, al 28% del peso iniziale dei materiali dovuto alla perdita della componente d’acqua.

I tempi di compostaggio dichiarati dai produttori sono dell’ordine di 40 giorni, valori che verificati, con la sperimentazione ENEA nelle diverse configurazioni, mostrano che il processo debba essere comunque terminato in un cumulo dove mantenere la massa almeno per un altro mese.

Gli attuali produttori o distributori italiani di compostatori di comunità sono elencati in Tabella 2. Le installazioni in Italia sono ancora poche decine.

Azienda

Macchine

Tipologia

Capacità (t/anno)

Link

Achab Group

BIG HANNA

Camera unica

2-60

http://www.achabgroup.it

Crtech Group

SANTAS

Doppia camera

5-20

http://crtec.it/

Comar Srl

Beetle

Camera unica

5-100

http://www.comarecology.it/

Erica Scrl

La compostiera

Doppia camera

25

http://www.lacompostiera.it/index.html

TABELLA 2
Produttori e distributori compostatori di comunità in Italia

Possibili mercati

I piccoli Comuni e i servizi di ristorazione collettiva rappresentano certamente primi punti di possibile applicazione del compostaggio comunitario. Questa tecnica può garantire importanti risultati ma il suo futuro dipende dalla semplificazione normativa e da sgravi ed esenzioni per chi l’adotta.

Mense

Nelle mense si stimano rifiuti organici per circa 235 grammi/pasto. In Italia mangia a mensa il 6.5% dei cittadini tra i 3 e i 65 anni[17]. Utilizzando i dati della popolazione in quella fascia (ISTAT) si possono ipotizzare circa 4,6 milioni di persone che mangiano a mensa. La dimensione media di una mensa può essere stimata intorno ai 1300 pasti/giorno con i dati del rapporto BioBank[18] (2007) per le mense biologiche.

Il numero di mense è dunque stimato come [popolazione a mensa]/[dimensione mensa media] intorno alle 3500. Ipotizzando un tasso di penetrazione analogo a quello del biologico (17% sul totale) si otterrebbe una prima stima di circa 600 macchine installabili nei prossimi anni nelle sole mense.

In Figura 2 è rappresentata la produzione rifiuti per pasto servito in varie mense. Si possono stimare in circa 1300X235grammi=300 kg/giorno gli scarti organici della mensa media. Moltiplicati per 220 giorni lavorativi si ha una necessità di trattamento di 66 tonnellate/anno.

grafico

FIGURA 2
Produzione rifiuti per pasto servito in varie mense
Fonte ENEA[19]

Nel caso delle mense scolastiche (Figura 3), ma non solo, l’installazione di una compostiera di comunità ha un’importante valenza didattica e di sensibilizzazione delle famiglie (attraverso gli alunni) al tema della corretta gestione dei rifiuti.

Piccola Composteria

FIGURA 3
Piccola compostiera di comunità in una scuola elementare di Lecce[20]

Piccoli Comuni/frazioni di Comuni

I Comuni italiani con popolazione inferiore ai 1000 abitanti sono 1948 (dati 2010[21]) il 66,5% è situato nel regioni del nord (1295 Comuni) e il 33,5 % è situato nelle regioni del centro, del sud e delle isole (653 Comuni).

Per molti di questi comuni la gestione del materiale organico rappresenta un “punto debole” con problematiche di natura ambientale ed economica che spesso obbliga questi territori a smaltirlo nelle discariche. Tutte queste realtà sono potenzialmente possibili siti idonei per il compostaggio di comunità.

Note conclusive

Il compostaggio di comunità offre delle notevoli potenzialità di diffusione a supporto di una gestione dei rifiuti moderna e sostenibile. D’altro canto sono necessarie innovazioni normative sia sul fronte delle autorizzazioni, del monitoraggio, della gestione sia sul fronte economico con sgravi sulle tariffe ed eventuali incentivi e finanziamenti per gli acquisti delle macchine. L’ENEA, in base all’esperienza maturata con il progetto ASTRO, si pone come possibile supporto tecnico alla PA in questa fase di iniziale affermazione della tecnologia del compostaggio comunitario e di prossimità.


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