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Su sviluppo e ambiente conclusioni deludenti al G-20 di Cannes

Il summit dei G-20, vale a dire dei 20 paesi mondiali che rappresentano l’85% del prodotto mondiale lordo, si è tenuto quest’anno a Cannes (Francia) dal 3 al 5 novembre 2011. Si trattava del summit conclusivo dell’anno di presidenza francese, dopo le 5 riunioni ministeriali tematiche tenute in Francia fra febbraio e ottobre 2011 su questioni quali i mercati finanziari, l’economia, il lavoro, l’occupazione e l’agricoltura. Il summit conclusivo di Cannes aveva 20 temi in discussione su cui decidere o quanto meno indicare strategie di attuazione. I temi riguardavano sia le questioni economiche e finanziarie, sia le questioni ambientali, sia le questioni sociali, sia, infine, gli aiuti ai paesi più poveri (vedasi: http://www.g20-g8.com/g8-g20/g20/english/the-2011-summit/the-summit-by-theme/the-cannes-summit-what-outcomes.1558.html).

Ebbene, nonostante la dichiarazione finale elenchi argomenti quali la crescita verde, la green economy e lo sviluppo di green jobs, lo sviluppo di energia pulita e di tecnologie di efficienza energetica, la lotta contro i cambiamenti climatici e la protezione dell’ambiente marino, in realtà tutta l’attenzione si è concentrata sulle questioni economiche e finanziarie, e neppure tutte quelle in agenda, ma solo quelle connesse all’attuale crisi economica mondiale, al ruolo del Fondo monetario Internazionale in questa crisi e alle tensioni del mercato finanziario causate nell’area dell’euro dai rischi dei titoli di stato legati al debito sovrano, soprattutto di Italia e Grecia.

Argomenti quali il rilancio dello sviluppo sostenibile, il blocco delle speculazioni finanziarie sui prodotti alimentari, gli investimenti in agricoltura per combattere la fame nel mondo, la lotta contro i disastri ambientali, gli aiuti umanitari al corno d’Africa flagellato da siccità e carestie non sono stati presi neanche in considerazione, salvo fugaci e generiche declamazioni di buona volontà per risolvere i problemi.

La lotta ai cambiamenti climatici, che in precedenti riunioni dei G-20 era stata dichiarata una priorità anche come strumento non solo per promuovere lo sviluppo sostenibile ed a basse emissioni di anidride carbonica nei paesi industrializzati, ma anche per sostenere uno sviluppo pulito nei paesi in via di sviluppo, appare declassata ad argomento secondario e viene rimandata ai prossimi vertici dei G-20, anche se si ribadisce la volontà di giungere ad azioni concordate ed efficaci.

L’impegno assunto a Copenhagen dai paesi industrializzati per costituire un green climate fund con 30 miliardi per anno nel periodo 2010-2012 e di 100 miliardi per anno dal 2013 al 2020, per incentivare la green economy nei paesi in via di sviluppo, rimane ancora sulla carta, a causa della crisi mondiale che non permette ai paesi industrializzati di mettere a disposizione fondi aggiuntivi. Eppure, la World Bank e l’OECD avevano condotto uno studio, presentato a Cannes, che propone di ridurre, fino ad eliminarli, i sussidi ai combustibili fossili che ammontano ad oltre 400 miliardi di dollari all’anno per recuperare, a costo zero, le risorse finanziarie necessarie ad alimentare il green climate fund. In realtà, nel documento finale dei G-20 compare una risposta parziale al problema del finanziamento del green climate fund. Il G-20, infatti, prende atto della necessità di istituire una tassa sulle transazioni finanziarie (la Tobin tax) che potrà in futuro essere introdotta, non necessariamente a livello globale, ma anche soltanto da gruppi di paesi. E la Commissione Europea ha deciso di mettere in agenda, per il prossimo Consiglio europeo del gennaio 2012, la questione della Tobin tax.

Tuttavia, questa tassa, pensata inizialmente per recuperare risorse finanziarie utili ad aiutare i paesi in via di sviluppo verso una crescita verde, ora, invece, appare paradossalmente utile per aiutare i paesi industrializzati in difficoltà, come l’Italia, soprattutto se la crisi economica mondiale dovesse perdurare. È stato calcolato dalla presidenza francese, interessata prioritariamente ai temi dell’agricoltura, che con una imposizione minima (al di sotto dell’1%) si potrebbero frenare le speculazioni finanziarie sui prodotti alimentari e si fornirebbero risorse prioritarie per finanziare l’agricoltura e la sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo. Sul problema più generale della sicurezza alimentare, i G-20, però, non hanno preso alcun impegno per regolamentare i mercati internazionali dei prodotti agroalimentari e per combattere la volatilità dei prezzi determinata soprattutto dalla produzione di biocarburanti, in concorrenza con la produzione agroalimentare.

Infine, sui problemi dello sviluppo sostenibile, della green economy e della lotta contro i cambiamenti climatici, rimangono solo dichiarazioni di principio e generiche affermazioni di buona volontà, nonostante il 2012 sia l’anno della Conferenza di Rio+20 sullo sviluppo sostenibile e la green economy, e nonostante alla fine del 2012 scada il protocollo di Kyoto, senza concrete prospettive di lotta contro i cambiamenti climatici dopo il 2012.

(Paola Molinas)

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