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Terra pianeta

Il nuovo Programma Spaziale Europeo: un cambio di passo nella space policy UE

di Massimiliano Salini

DOI 10.12910/EAI2021-072

Il fortissimo orientamento del settore spazio all’innovazione, la grande propensione a generare servizi utili ai cittadini e la capacità di creare occupazione, fanno del Programma spaziale UE un modello ideale di investimento, in piena sintonia con il piano Next Generation EU. In questo contesto, è fondamentale  dare ordine alla governance del settore, fare sì che le istituzioni europee parlino sempre più con una voce sola e comunicare l’importanza di questo comparto che conta quasi il 10% del PIL dell’UE e racchiude in sé enormi potenzialità.

Massimiliano Salini

Massimiliano Salini

Europarlamentare e relatore all’Europarlamento per il programma spaziale dell’UE

Il fortissimo orientamento del settore spazio all’innovazione, la grande propensione a generare servizi utili per i cittadini e la capacità di creare nuovi posti di lavoro nelle filiere industriali e nelle start up, fanno del Programma spaziale UE un modello ideale di investimento per gli Stati membri, in piena sintonia con il maxi piano Next Generation EU, che punta proprio sui giovani e scommette sui settori strategici, in grado di fare la differenza per la ripresa nel lungo periodo. Per questo assume un significato importante la recente adozione del primo Programma Spaziale Europeo, regolamento al quale ho dedicato gli ultimi tre anni e mezzo di lavoro in qualità di Relatore al Parlamento Europeo. Si tratta di un settore che conta quasi il 10% del PIL dell’UE e racchiude in sé enormi potenzialità sul piano tecnologico, economico e occupazionale.

I nostri sforzi devono essere orientati non solo all’attuazione ma anche alla promozione della conoscenza di questo asset fondamentale presso l’opinione pubblica. Nonostante il successo della politica spaziale europea, infatti, lo Space program è ancora sconosciuto ai più. Un esempio eloquente è Galileo: pur essendo il sistema di navigazione satellitare più accurato al mondo e pur venendo oggi utilizzato da un miliardo di dispositivi a livello globale, la maggior parte dei cittadini europei non lo conosce ancora e continua a indicarlo con il nome del concorrente americano (GPS).

Rilanciare una Comunicazione efficace

Quando nell’UE parliamo di integrazione e politiche comunitarie in grado di offrire risultati positivi ci riferiamo comunemente ad Erasmus, PAC e mercato unico. Troppo poco facciamo riferimento alla politica spaziale, l'unica che gestisce un'infrastruttura veramente europea. È nel 2009, con il Trattato di Lisbona, che quella spaziale diventa a tutti gli effetti una politica comunitaria, anche se in parte continua ad essere condivisa con gli Stati membri. L'articolo 189 del Trattato sul funzionamento dell'UE recita così: "Per promuovere il progresso scientifico e tecnico, la competitività industriale e l'attuazione delle sue politiche, l'Unione elabora una politica spaziale europea". Questo allargamento della sfera sovranazionale al settore spaziale ha promosso due programmi divenuti di grande successo per l’Unione, Galileo e Copernicus, rispettivamente il sistema globale di navigazione satellitare e il programma di osservazione satellitare della Terra.

Se da un lato è quanto mai necessario rilanciare una comunicazione efficace, dall’altro è fondamentale che le istituzioni europee facciano maggiore sintesi per parlare con una sola voce, elemento che aiuterebbe sia a livello interno che internazionale. Tradizionalmente, quella spaziale è una politica nazionale e gli Stati membri continuano a detenere competenze in questo campo, come stabilito dall'articolo 189 del Trattato; la componente nazionale di questa politica dipende anche dal tipo di approccio che gli Stati membri hanno nel settore, che può variare molto da Paese a Paese. Un esempio è il confronto tra la politica spaziale francese e quella tedesca, la prima più legata alla difesa, la seconda all’ambito civile.

Dare ordine alla governance del settore, garantire la separazione dei poteri

Una delle principali sfide rappresentate dal Programma Spaziale europeo è dare ordine alla governance del settore e alle disposizioni che regolano le diverse parti dell’ordinamento. La molteplicità di voci si traduce infatti in un’interessante articolazione istituzionale a livello europeo.

Sono tre i principali attori in gioco: Commissione Europea, EUSPA ed ESA. La Commissione, e in particolare la nuova DG Defis, creata all'inizio dell'attuale legislatura, svolge un duplice ruolo, poiché oltre ad avere avviato l'iter legislativo redigendo la proposta di regolamento, è anche incaricata di attuarlo; EUSPA (ex GSA) è invece l'agenzia decentrata dell'UE responsabile del Programma spaziale. Ultima, ma non certo in ordine di importanza, è l'ESA, European Space Agency, organizzazione internazionale creata nel 1975 che oggi conta 22 membri (non tutti Paesi UE come Svizzera, Norvegia e Regno Unito).

Alla luce della presenza di attori differenti, nella costruzione del nuovo Space program è stato fondamentale ripensare la governance in modo tale da garantire il buon funzionamento di tutte le componenti del Programma.

In qualità di relatore, ho sempre sostenuto una governance chiara e stabile, basata su una netta separazione di ruoli e compiti tra gli attori istituzionali in gioco, che faccia affidamento su una solida cooperazione tra la Commissione europea, l'EUSPA e un'organizzazione internazionale con lunghissima esperienza nel campo come l'ESA. Questa cooperazione, elemento centrare nella governance dello Spazio, può funzionare nel modo più efficace solo se verrà garantita la separazione dei poteri e dei compiti. A questo proposito, il Parlamento Europeo ha seguito con grande attenzione i negoziati trilaterali che hanno coinvolto Commissione, ESA e EUSPA sull’accordo quadro di partenariato finanziario, al fine di monitorare attentamente il rispetto dell'architettura progettata dai co-legislatori.

Per lo spazio 14,8 miliardi di euro, la somma più alta mai stanziata prima dall’UE

Altro tassello fondamentale per costruire un programma di successo è la dotazione finanziaria necessaria all’implementazione. Fin dai primi momenti di confronto nel 2018 il Parlamento ha chiesto di stanziare per lo sviluppo delle componenti del Programma spaziale un budget ambizioso di circa 17 miliardi di euro, superando la proposta iniziale della Commissione. Le cifre, rimaste in sospeso fino al 2020 a causa dei negoziati del Quadro Finanziario Pluriennale, sono state inevitabilmente riviste alla luce della pandemia, e parte delle risorse destinate al QFP 2021-2027 sono state reindirizzate verso il Next Generation EU. Il bilancio finale destinato al settore tra 2021 e 2027 è pari a 14,8 miliardi di euro: si tratta della somma più alta mai stanziata prima dall’UE per lo Spazio. Il budget UE è sicuramente una conquista ma andrà potenziato: gli Stati Uniti, attuali leader nel settore spaziale, assegnano alla NASA un budget annuale pari a 22,6 miliardi di dollari (per il 2020), mentre l'ESA è riuscita a raccogliere una cifra di 14,4 miliardi di euro da destinare ai progetti e da spalmare su 3 anni.

L’Europa non può permettersi di stare indietro. Stanno infatti emergendo nuove “nazioni spaziali” come la Cina. Nel gennaio 2019 Pechino ha effettuato un atterraggio morbido della navicella spaziale Chang'e-4 sul lato opposto della Luna, mentre aspira a una prima missione umana con allunaggio nel 2036.

Un bilancio ambizioso a livello dell'UE è fondamentale non solo per consentire alla nostra Unione di svolgere un ruolo a livello globale ma anche per promuoverne e garantirne l'autonomia strategica, assicurando pieno sostegno alla competitività della nostra industria. E’ necessario investire in ricerca e innovazione con l’obiettivo di spingere le nostre tecnologie, preservare la competitività, sostenibilità e autonomia della leadership europea. Questo approccio assume un’importanza tanto più crescente quanto più il contesto rimane dinamico e fluido, con le tradizionali potenze spaziali estremamente attive, la competitività del settore spaziale europeo messa sempre più alla prova da nuovi attori, organizzazioni industriali dirompenti e modelli di business inediti, sostenuti da entità istituzionali nazionali (a riguardo si parla di New Space economy).

 Creare un ‘Consiglio spaziale congiunto’

Il lavoro da fare è ancora molto. Raggiunta l’eccellenza nell’upstream e nelle infrastrutture satellitari, è infatti il momento di concentrarsi anche sul downstream e sullo sviluppo di servizi e applicazioni destinate agli utenti europei. Il regolamento ha solo dato il via al processo. Come recentemente sottolineato dalla raccomandazione della Corte dei conti europea, la Commissione dovrebbe sviluppare una strategia globale e un piano d'azione per sostenere l’industria e la diffusione dei servizi. Un settore spaziale competitivo e fiorente è un fattore abilitante anche della doppia transizione verde e digitale (il monitoraggio della Terra tramite Copernicus è ad esempio decisivo per il futuro dell’agricoltura e la lotta al cambiamento climatico). A questo si aggiunge l'iniziativa CASSINI promossa dal Commissario al Mercato Interno Thierry Breton, che istituirà, insieme alla BEI/FEI, un Fondo spaziale europeo da un miliardo di euro per promuovere le start-up e l'innovazione spaziale: sosterrà interventi attuati sull'intero ciclo dell'innovazione, dalla fase di sviluppo dell’idea imprenditoriale all'industrializzazione, sulla base del progetto Space Equity Pilot da 100 milioni di euro lanciato nel 2020.

L’adozione del nuovo Programma Spaziale europeo corona un cambio di passo avvenuto negli ultimi tempi. Il 28 maggio 2019, per la prima volta in otto anni, il Consiglio per la competitività si è riunito in una riunione congiunta con gli Stati membri dell'ESA. L'obiettivo era creare, o meglio rinnovare, un "Consiglio spaziale congiunto”, un momento di confronto a livello ministeriale tra il Consiglio per la competitività e il consiglio dell'ESA con cadenza annuale. In quell'occasione è stato ribadito che la politica spaziale è fondamentale per l'UE e per l’ESA, e che il coordinamento tra le due organizzazioni deve essere rafforzato. Allo stesso tempo, la nuova Commissione guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen ha istituito una direzione specifica dedicata allo Spazio e alla Difesa all'interno della più ampia direzione generale per il Mercato interno, affidata al commissario francese Breton.

Nel frattempo, l'UE ha adottato il Programma spaziale con un budget aumentato, nuove componenti (Govsatcom e SSA) e nuova governance, mentre di recente il commissario Breton ha avviato uno studio per creare un sistema sicuro di connettività spaziale, che culminerà con una proposta legislativa all’inizio del prossimo anno. Insomma: il lavoro da fare è ancora moltissimo. Da parte sua, il Parlamento UE continuerà a fare la propria parte vigilando sulla piena attuazione del Programma al fine di rafforzarne la governance e gli aspetti più innovativi del settore.

Massimiliano Salini è Deputato al Parlamento Europeo dal 2014. E’ stato elettro con Forza Italia e fa parte del Gruppo PPE. E’ membro titolare delle Commissioni per il Commercio Internazionale (INTA), per i Trasporti e il Turismo (TRAN), e membro sostituto della Commissione Industria, Ricerca ed Energia (ITRE). I suoi principali centri di interesse sono legati alla manifattura, al mercato dell’energia e alle PMI. Nel 2018 è nominato Relatore per il Parlamento Europeo del Programma Spaziale dell'UE, nell'ambito del nuovo QFP 2021-2027. In qualità di Vicepresidente dell'Intergruppo Sky and Space, è fra i principali promotori di iniziative inerenti alla politica spaziale all'interno del Parlamento europeo.

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