Copertina della rivista
La via lattea

Lo spazio come driver di sviluppo economico sostenibile

di Simonetta Di Pippo

DOI 10.12910/EAI2021-073

Le grandi sfide dell’umanità come cambiamento climatico, disastri naturali, insufficienza di acqua e cibo, mega-città, epidemie e immigrazione, vanno affrontate su scala globale, con tutti i mezzi a disposizione. Ed è qui che lo spazio entra nell’equazione, come elemento-chiave per contribuire alla soluzione di questi problemi: ricerca e tecnologia spaziale, nei settori di osservazione della terra, geolocalizzazione e tlc sono indispensabili per almeno il 50% dei 17 obiettivi e dei 169 sotto-obiettivi indicati dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Simonetta Di Pippo

Simonetta Di Pippo

Direttore dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico (UNOOSA)

 

Anno 2050 C.E. Il pianeta Terra respira. Le azioni di monitoraggio, mitigazione e adattamento messe in atto a seguito delle numerose COP susseguitisi negli anni per arginare la crisi climatica, hanno dato frutti tangibili: la sfida di raggiungere un bilanciamento sostenibile tra le emissioni GHG antropogeniche prodotte e rimosse dall’atmosfera (net zero) è stata vinta. Nel contempo, la specie umana si è espansa nel sistema solare, vive e lavora regolarmente in orbita bassa intorno alla Terra, e tante sono le stazioni spaziali, in particolari commerciali, dove si produce il ‘Made in space’. Accordi di governance globale del traffico spaziale hanno consentito il fiorire di stazioni permanenti sulla Luna e la presenza su Marte è ormai una realtà in crescita. Aver stabilito delle regole di comportamento per la sostenibilità a lungo termine nello spazio,  nel cosiddetto ‘Summit of the Future’ che si è tenuto nel 2023 sotto l’egida delle Nazioni Unite, ha contribuito a preservare l’ambiente spaziale. Molto è stato fatto anche per utilizzare sempre di più i dati e le infrastrutture spaziali come volani, acceleratori per uno sviluppo socio-economico sostenibile sulla Terra, sconfiggendo la fame e appianare le disuguaglianze, senza lasciare ‘no one behind’.  Puo’ sembrare fantascienza, e sono solo 30 anni da adesso: 30 anni davanti a noi per salvare il pianeta. Vediamo come.  

Spazio come driver di sviluppo economico sostenibile

Il settore spaziale è in fermento. Non che non lo sia sempre stato, ma certamente, mai come ora. Da un lato, con la tecnologia di accesso allo spazio che è divenuta più matura, l’innovazione di processo trova modo di aggiungere valore, mentre il ridotto costo di accesso, associato ad una fruizione più distribuita, consente ad un numero sempre più elevato di attori, pubblici e non, di contribuire allo sviluppo economico a livello globale. È indiscutibile che il settore sia soggetto ad una profonda trasformazione nei vari segmenti della catena del valore. Quindi, mentre l’interesse si espande anche a settori e entità fuori dal classico settore spaziale, c’è una evidente necessità per gli attori cosiddetti tradizionali di rivedere il loro posizionamento. Quanto più si avanza nello sviluppo tecnologico, tanto più diviene evidente che lo spazio si posiziona come un driver per uno sviluppo socio-economico sostenibile.

Le grandi sfide dell’umanità, come cambiamento climatico, disastri naturali, insufficienza di acqua e cibo, mega-città, epidemie e immigrazione, vanno affrontate su scala globale e con tutti i mezzi a disposizione. Ed è qui che lo spazio entra nell’equazione, affermandosi sempre di più come un elemento determinante per contribuire alla risoluzione di questi problemi: ricerca e tecnologia spaziale, nei settori di osservazione delle terra, geolocalizzazione e telecomunicazioni, sono indispensabili per almeno il 50% dei 17 obiettivi e dei 169 sotto-obiettivi indicati dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Studi recenti indicano che nel raggiungere i sopracitati 17 obiettivi, si possono aprire 12 trilioni di dollari di opportunità di sviluppo economico, nelle quattro aree analizzate, vale a dire cibo e agricoltura, città, energia e materiali, e salute. Questi quattro settori rappresentano circa il 60% dell’economia reale e sono strategici per la realizzazione degli obiettivi prefissati.

‘War of talents’

Analizzando i 17 SDGs uno ad uno, vediamo come ciascuno di loro può sviluppare valore. Ad esempio, per SDG5, che ha come obiettivo di ottenere un bilanciamento nella partecipazione di uomini e donne nel sistema produttivo e sociale, si considera che in termini di crescita economica, 144 paesi in via di sviluppo potrebbero aumentare il loro GDP di 8 milioni di miliardi se 600 milioni di donne avessero accesso a tecnologie come ICT, tenendo conto che il 90% dei lavori del futuro richiederà competenze in questo settore.  A questo è collegato anche l’SDG4 per aumentare la conoscenza di qualità su scala globale, con una forte focalizzazione sulle materie STEM,  indispensabili per lo sviluppo del settore spaziale del futuro che necessita di una componente consistente di queste competenze. Siamo infatti già in presenza di quel fenomeno che diversi anni fa The Economist definì ‘the war of talents’ (la guerra dei talenti) che costituisce anche un potenziale blocco in entrata per le aziende NewSpace che pur avendo idee e capitali, si trovano e potrebbero trovarsi sempre di più in carenza di ossigeno dal punto di vista della forza lavoro qualificata che è necessaria in questo settore. E certamente giocare con l’intera squadra senza lasciarne la parte femminile in panchina sarà uno dei meccanismi a disposizione per combattere e,  potenzialmente,  vincere questa sfida.  

I dati e le infrastrutture spaziali consentono una accelerazione anche in termini di sostenibilità, proprio in quei settori dove raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 ha un valore strategico globale: monitoraggio del cambiamento climatico, della deforestazione, mappatura dei flussi migratori, sorveglianza epidemiologica, miglioramento della produzione agricola, risposte ai disastri naturali e gestione delle emergenze.

E’ inoltre un settore che ha per definizione un alto contenuto di innovazione,  alla frontiera delle tecnologie allo stato dell’arte, da sempre, dove obiettivi molto difficili (come, ad esempio, atterrare su un altro corpo celeste, astronauti in attività extra-veicolari, robot che si muovono sulla superficie di Marte, stazioni orbitanti, studio di pianeti e delle loro lune, sonde che studiano il Sole) costringono l’ingegno umano a trovare soluzioni così tecnologicamente spinte da sembrare, qualche volta, oltre quello che sembra possibile.

‘Made in Space’

Spesso le tecnologie sviluppate per missioni spaziali trovano poi la loro strada per migliorare la qualità della vita sulla Terra, e oramai le nostre attività giornaliere sono sempre più dipendenti da satelliti e applicazioni di tecnologia spaziale. Nel mondo, peraltro, c’è una domanda crescente di comunicazione, e soprattutto comunicazione a banda larga, per cui ci sarà bisogno di un numero elevato di satelliti in orbita bassa per poter coprire l’intero globo a tale scopo. Il passo successivo sul piano dell’innovazione non potrà che essere una sempre maggiore integrazione tra le varie tecnologie spaziali (telecomunicazioni, osservazione della terra e localizzazione di precisione) e tra le tecnologie spaziali e le nuove tecnologie di frontiera. Questo certamente permetterà di affrontare, ad esempio, in modo intelligente e costruttivo il problema dell’analisi della enorme mole di dati che vengono raccolti dai satelliti, ma anche di poter avere a bordo dei satelliti, per osservazione della terra e non solo, sistemi evoluti basati su I.A. per poter meglio servire vari obiettivi e in tempi più stretti, il che si traduce in alcuni casi anche in un valore in termini di vite umane, come per esempio quando siamo in presenza di disastri naturali. Quando poi abbiamo a che fare con tecnologie mature, ecco che anche l’innovazione di processo gioca il suo ruolo per portare un vantaggio competitivo. Senza dimenticare ovviamente tecnologie di punta come la stampa in 3D, che può consentire di delocalizzare la manifattura in modi mai pensati prima, oppure la produzione di oggetti nello spazio, il cosiddetto ‘Made in Space’.

Come definiamo una ‘società spaziale’? Secondo l’ONU, con il termine ‘space society’ ci riferiamo ad una società che porta avanti le sue funzioni istituzionali utilizzando nel modo migliore ed esteso possibile tecnologie spaziali, nonché servizi ed applicazioni basate su dati e infrastrutture spaziali. Inoltre, l’utilizzo di dati satellitari non è limitato a coloro che dispongono di asset nello spazio, siano essi governativi o privati.

La rivoluzione nei servizi e nelle applicazioni

La politica di accesso libero e gratuito ai dati della costellazione europea Copernicus è un esempio di accesso aperto ed inclusivo per chiunque abbia la capacità di analizzare ed utilizzare le immagini nei settori più disparati. È chiaro che qui la rivoluzione sta anche e soprattutto nei servizi e applicazioni, nel cosiddetto downstream. Se prendiamo Copernicus come esempio, alcuni dati: dal 2008 al 2020, a fronte di un investimento pari a circa 7.5 miliardi di euro, si stima un valore creato di circa 13.5 miliardi, generato dal valore aggiunto per l’industria upstream, la vendita dei servizi basati sulle applicazioni di Copernicus e l’utilizzo dei prodotti resi fruibili attraverso Copernicus in vari settori economici. Si registrano infatti percentuali altissime di riduzione dei costi per l’agricoltura di precisione, aumento di produzione di energia solare, benefici nel settore delle assicurazioni, o nel monitoraggio dello stato di avanzamento di costruzioni di edifici.

Se invece guardiamo alla questione dal punto di vista del ridotto costo dell’accesso allo spazio e al maturare della tecnologia disponibile, diviene sempre più possibile per nuovi attori, che si tratti di paesi in via di sviluppo o di start-up, accedere allo spazio con frequenza e a costi ridotti, anche con satelliti che raggiungono dimensioni e pesi veramente ridotti. Nuovi mercati per sempre una maggiore mole di dati spaziali rappresentano inoltre una importante prospettiva nel settore.  Non dimentichiamo poi che più di metà delle 54 variabili climatiche essenziali possono essere monitorate efficacemente solo attraverso satelliti.

Dunque, sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali e attività spaziali come volano per accelerare il raggiungimento di uno sviluppo socio-economico sostenibile su scala globale. Questo richiede un sistema di governance e di coordinamento del traffico spaziale, in orbita bassa e rispetto a Luna, Marte e oltre, per consentire di preservare l’ambiente spaziale per le future generazioni, in quanto bene comune.

Salvare lo spazio per salvare la terra. Sviluppare una presenza umana su altri corpi del sistema solare con missioni in cooperazione internazionale e in modo sostenibile. Saranno necessari ingenti sforzi economici, politici e strategici di portata straordinaria, ma certamente, è lo spazio la nuova frontiera. Collaborando per un futuro migliore, forse nel 2050 C.E. i nostri figli e nipoti dormiranno sogni più tranquilli.

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