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Coinvolgere tutti gli attori sociali per costruire una “giusta transizione”

di Pierpaolo Bombardieri

DOI 10.12910/EAI2019-037

Innovazione tecnologica e ricerca rappresentano i due principali impulsi del processo di sviluppo sostenibile, che come UIL stiamo incoraggiando anche attraverso la contrattazione e le nostre rivendicazioni. Ma il perno dell’economia circolare è, certamente, una “giusta transizione” e il grado di coinvolgimento degli attori sociali nella costruzione delle linee di indirizzo e nell’importante ruolo di intermediazione con i cittadini e della loro partecipazione

Pierpaolo Bombardieri

Pierpaolo Bombardieri

Segretario Generale Aggiunto UIL

Il tema dell’economia circolare ha esordito in ambito internazionale al World Economic Forum di Davos nel 2014. L’anno seguente, l’ex Presidente della Commissione Europea Junker ne ha ripreso il concetto collegandolo al rilancio dell’economia continentale. E in questi anni se n’è parlato lungamente, anche abusandone. Tuttavia, non è sufficientemente chiaro il significato di Economia Circolare.
Partiamo dalla consapevolezza che le risorse di cui disponiamo non sono infinite, pertanto la realizzazione di un nuovo modello di economia che riduca lo scarto, recuperi e ricicli i materiali, differenzi le fonti di approvvigionamento di materia, consenta una maggiore vita ai prodotti di consumo, è fondamentale. L’Italia sembra aver iniziato a comprendere il valore e le potenzialità sottese a questo nuovo modello di economia; ricordiamo che siamo, infatti, il Paese con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa, leader per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi e tra i più abili ad estrarre valore dalle risorse utilizzate. E, pur essendo la settima economia al mondo per produzione industriale, il secondo Paese manifatturiero d’Europa, l’ottavo esportatore e la quinta destinazione turistica al mondo, la strada è ancora lunga se uno dei più importanti indici di capacità competitiva dei sistemi-Paese, il Global Competitiveness Index del World Economic Forum, inquadra l’Italia soltanto al 43° posto sui 137 Paesi analizzati.

La “Giusta Transizione”

Giunti sin qui, la madre delle domande è: quale modello di sviluppo, quale idea di Paese immaginiamo? Penso che ormai siamo tutti concordi nell’affermare che le politiche fondate esclusivamente sui vincoli di bilancio e sull’austerità siano fallimentari. E che sistemi di misurazione meramente finanziari della crescita siano non più attuali, né esaustivi. Condividiamo, pertanto, la volontà di superare un’idea di società che non mette al centro le persone con i suoi bisogni e che si fonda su un’idea di consumo “usa e getta”? Noi siamo decisamente dalla parte di uno sviluppo diverso, armonico, nel segno della sostenibilità sociale ed ambientale, superando la logica della mera ed esclusiva sostenibilità economica. E, avere iniziato a sperimentare il BES1 quale indice di sviluppo alternativo – ed aggiuntivo – al PIL, è un segnale incoraggiante per il nostro Paese. Ma, ovviamente, può appena rappresentare un punto di partenza a cui dobbiamo affiancare la promozione del passaggio dalla manifattura sottrattiva - che è sorgente di sprechi - alla manifattura additiva, ovvero dall’economia lineare all’economia circolare, chiedendo ai soggetti produttivi di modificare le proprie mappe cognitive.

Per effettuare questo passaggio decisivo crediamo debba essere messa in campo l’idea di una giusta transizione; ossia: adottare un approccio gradualista, dunque, capace di coniugare l’aspetto razionale della praticabilità del percorso con un approccio che trae ispirazione dal riformismo solidale attento agli aspetti sociali; un piglio che rifiuta il velleitarismo e che si contrappone alla pretesa di trasformazione immediata che è invece sinonimo di immobilismo, di arresto del processo di avanzamento.
Siamo dalla parte dei cambiamenti e pensiamo che debbano essere sempre governati così da non subirli a da scongiurare la traiettoria regressiva per il benessere delle persone. Ecco, come noi intendiamo la “giusta transizione”, a cominciare dalla corretta sfida di de-carbonizzazione industriale, che deve essere programmata e calibrata adeguatamente per consentire la salvaguardia dei livelli occupazionali, l’accompagnamento formativo, la riqualificazione dei profili professionali e lo sviluppo di nuove competenze verdi; e resta decisiva la vision sulla politica industriale che deve essere sistemica e non frammentata, né superficiale. Dalla politica esigiamo esattamente questo: di chiarire come si attraversa questo periodo di transizione dal giusto superamento del carbone, di metterci la capacità di guardare lontano, di programmare nel lungo periodo, di scommettere su una politica di sviluppo dotata di una visione prospettica.

Opportunità di rilancio per il Mezzogiorno

La bioeconomia, la sharing economy, il remanufactoring, la biomimesi e la gestione avanzata dei rifiuti rappresentano una fetta ampia di nuove opportunità. Si stima, che nel nostro Paese, sia di quasi 90 miliardi il valore dell'economia circolare. Soltanto l’industria del riciclo, in senso stretto, produce l’1% circa del Pil. Anche il perimetro occupazionale, già oggi, conta 600 mila occupati. L’economia circolare può rappresentare un’opportunità di rilancio anche e soprattutto per il Mezzogiorno: pensiamo alle filiere agroalimentari che sono l’espressione più naturale di circolarità - con un occhio al food sharing contro lo spreco alimentare, al cibo recuperato, alla tutela del km zero – senza dimenticare le potenzialità in ambito turistico e anche in materia di gestione circolare dei rifiuti in cui le mafie fanno da padrone.
Riteniamo che Innovazione tecnologica e ricerca rappresentino i due principali impulsi del processo di sviluppo sostenibile, che stiamo incoraggiando anche attraverso la contrattazione e le nostre rivendicazioni. Ma il perno dell’economia circolare è, certamente, il grado di coinvolgimento degli attori sociali nella costruzione delle linee di indirizzo e nell’importante ruolo di intermediazione con i cittadini e della loro partecipazione.
Dal canto nostro, intanto, come UIL siamo diventati plastic free all’interno delle nostre strutture nazionali ed in moltissime strutture territoriali, a sottolineare che siamo i primi a praticare ciò che predichiamo.

Le iniziative UIL per l’economia circolare

Sul piano confederale, siamo impegnati a dare impulso ad innumerevoli iniziative tese a muoversi nell’alveo dell’economia circolare nell’ampia accezione che infonde. Ne voglio citare un paio su tutte, che sintetizzano al meglio le numerose attività nazionali e di cooperazione internazionale in corso. Penso all’iniziativa coordinata dalla UIL Emilia Romagna, che attraverso la Onlus “Africa Clean”, ha fatto partire a Thies in Senegal Ecole durable, progetto di economia circolare che coinvolgerà in prima persona gli 800 studenti dai 6 ai 15 anni dell’Ecole d’Application Malick Kaire Diaw e puntando sulla loro partecipazione ad una grande operazione di raccolta differenziata e di riciclo tesa alla costruzione di una mensa scolastica.

E l’altro progetto che mi preme evidenziare, ha per noi un valore altrettanto significativo, poiché è un percorso formativo dinamico che si rivolge a decine di nostri giovani, “Go Beyond”. Giunto alla terza edizione, la parola chiave di quest’anno sarà la Sostenibilità intesa in modo multidirezionale sulla base dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030, con un’attenzione particolare al goal 12 che inquadra, appunto, l’economia circolare. Coinvolgeremo non soltanto il Parco Nazionale d’Abruzzo, del Lazio e del Molise come simbolo di armonia verde, ma solleciteremo anche soggetti del calibro dell’Istituto dell’enciclopedia Italiana Treccani, della Fondazione Censis, sino alle Fondazioni Nenni ed Einaudi a fornirci un qualificato e prezioso contributo, perché questo cambiamento di paradigma è dapprima culturale. Proprio per queste ragioni dobbiamo rilanciare il valore educativo, penetrando nelle Università e nei luoghi in cui si promuove conoscenza, a partire dalle scuole, principale polmone di apprendimento e prevenzione.

Siamo impegnati su questo fronte anche attraverso la grande azione di dialogo tra reti associative. Abbiamo aderito all’ASviS, alleanza che conta oltre 220 organizzazioni e che sviluppa idee nell’ambito dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030. E offriamo il nostro contributo anche nell’ambito di NeXt, coalizione di associazioni nata con l’obiettivo di promuovere e realizzare un’economia più inclusiva, partecipata e sostenibile.

Una  piattaforma con CGIL e CISL per un modello di sviluppo sostenibile

E, last but not least, insieme a CGIL e CISL abbiamo costruito una piattaforma per un modello di sviluppo sostenibile attorno ai temi del lavoro, dell’ambiente, del clima e del territorio. Unitariamente, crediamo sia necessaria ed urgente la costituzione di una Cabina di Regia, sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il coinvolgimento delle parti economiche e sociali, per coordinare le politiche di sviluppo sostenibile, la riconversione ecologica delle produzioni, e per sostenere i lavoratori coinvolti nell’emergenza climatica.

Stiamo, in definitiva, mettendo in campo uno straordinario impegno di idee, passione e determinazione per essere un soggetto protagonista del cambiamento.  

Crediamo fermamente che l’economia circolare indichi la strada per imparare a prendersi cura delle risorse comuni, lasciando una sana eredità alle future generazioni.

  1. Il benessere equo e sostenibile (BES) è un indice, sviluppato dall’ISTAT e dal CNEL, per valutare il progresso di una società non solo dal punto di vista economico, come ad esempio fa il PIL, ma anche sociale e ambientale e corredato da misure di disuguaglianza e sostenibilità
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