Copertina della rivista

La chiusura dei cicli nella gestione della risorsa idrica

di Luigi Petta

DOI 10.12910/EAI2019-052

Le attuali modalità di gestione della risorsa idrica sono generalmente caratterizzate da approcci e tecnologie poco sostenibili, che rendono indispensabile un cambio di paradigma, garantendo un necessario adeguamento infrastrutturale e, soprattutto, l’introduzione di pratiche gestionali in ottica di chiusura dei cicli. L’ENEA, tramite il laboratorio Tecnologie per l’uso e la gestione efficiente di acqua e reflui, è impegnato nella gestione sostenibile e circolare delle risorse idriche, con applicazioni nel campo dei trattamenti depurativi delle acque reflue, della valorizzazione energetica di reflui e scarti organici, del risparmio e riutilizzo idrico, dell’ottimizzazione dei cicli produttivi

di Luigi Petta, resp. Laboratorio Tecnologie per l’uso e gestione efficiente di acqua e reflui - ENEA*

La gestione appropriata della risorsa idrica è cruciale per tutti gli aspetti connessi alla vita e all’equilibrio dell’ecosistema terrestre – anche per la relazione diretta con i cambiamenti climatici, l’agricoltura, la sicurezza alimentare e sanitaria, la crescita ed il benessere di miliardi di persone – e rappresenta pertanto una componente imprescindibile per uno sviluppo sostenibile.

Solo l’1% delle risorse idriche del pianeta costituisce una riserva di acqua dolce effettivamente utilizzabile, peraltro sottoposta a stress sempre crescenti dovuti al continuo incremento demografico, ai fabbisogni agricoli e industriali, alle pratiche di produzione alimentare ed ai crescenti standard di vita. Con l’attuale trend, la domanda mondiale supererà le risorse utilizzabili del 40% entro il 2030 (ONU, 2013). A ciò fanno fronte insufficienti strategie di gestione della risorsa idrica a livello globale, basti pensare che nel 2015 circa 2,1 miliardi di persone non avevano accesso a fonti idriche sicure (UNESCO, 2019) e 2,9 miliardi di persone (1 persona su 3) non avevano accesso almeno a servizi igienico-sanitari di base (WHO/UNICEF 2017), con l’80% delle acque reflue rilasciata senza essere minimamente trattata.

A livello italiano, si rileva una situazione di stress idrico medio-alto (FAO, 2018), caratterizzata da un tasso di prelievo lordo superiore alla media e da un indice di sfruttamento idrico (WEI, Water Exploitation Index) pari al 24%, fra i più elevati nel contesto europeo e che riflette lo stress a cui sono sottoposte le riserve idriche, con situazioni particolarmente critiche nel Mezzogiorno. Nonostante la scarsità di risorsa, in Italia si continuano a rilevare consumi idrici elevati, soprattutto in ambito agricolo ed industriale, e persistono le dispersioni di acqua potabile nelle reti di distribuzione (circa 50 m3 di acqua per ogni km di rete).“business as usual”, garantendo un necessario adeguamento infrastrutturale e, soprattutto, il passaggio verso nuovi approcci di gestione del ciclo idrico integrato in ottica di chiusura dei cicli.

I possibili settori di intervento

Per quanto concerne l’approvvigionamento idrico, i possibili settori di intervento volti ad implementare i principi di economia circolare sono rappresentati soprattutto dalla riduzione dei consumi energetici per le fasi di captazione e distribuzione, anche a seguito di approcci di water demand management, dal contenimento delle perdite di rete e dal ricorso a risorse idriche non convenzionali identificate in relazione alla tipologia di utilizzo previsto.

Ben più ampio appare il quadro delle opzioni di intervento applicabili alla gestione delle acque reflue, sia di origine civile che produttiva. Infatti, anche laddove sia garantito il rispetto dei limiti allo scarico per gli effluenti depurati, i sistemi e processi comunemente applicati sono da ritenersi spesso obsoleti dal punto di vista della sostenibilità ambientale ed economica, con particolare riferimento ai consumi di energia, alle emissioni di gas serra ed al recupero delle materie prime, ivi inclusa la stessa risorsa idrica.

Tanto in ambito municipale che produttivo, sin dalla prima fase di pianificazione occorre valutare l’opportunità di provvedere alla separazione all’origine dei flussi di acque reflue ed al trattamento appropriato e decentralizzato di ciascuno di essi finalizzato al riutilizzo idrico ed al recupero di materia. Questo in alternativa ai convenzionali sistemi di tipo centralizzato, basati sul concetto di collettamento unificato e depurazione end-of-pipe, che prevedono onerosi trattamenti depurativi per l’intero volume in ingresso agli impianti. Laddove sia possibile ipotizzare una separazione all’origine, i reflui municipali possono generare diverse frazioni (i.e. acque bianche, ovvero acque meteoriche di dilavamento; acque nere, feci; acque gialle, urine; acque grigie, ovvero le acque derivanti dalle operazioni di lavaggio e pulizia personale in ambito domestico) ciascuna delle quali può essere sottoposta a trattamento dedicato per un successivo riutilizzo o valorizzazione in chiave energetica o di materia. Tali pratiche di trattamento decentralizzato e separazione delle singole frazioni risultano appropriate soprattutto a servizio di piccole comunità e aree periferiche e peri-urbane, in particolare in Paesi in via di sviluppo.

Nuovi approcci gestionali e tecnologici

Per quanto concerne gli impianti di depurazione municipali esistenti, nella maggior parte dei casi essi sono basati su sistemi a fanghi attivi convenzionali che, pur garantendo i necessari rendimenti di rimozione, sono spesso caratterizzati da limitate efficienze energetiche, elevati costi gestionali (in primis consumi energetici e smaltimento fanghi) ed ingombri.

Un rinnovato approccio gestionale deve garantire la sostenibilità nel lungo termine ponendo in primo piano il riutilizzo delle acque depurate, il recupero di materie prime seconde e la valorizzazione energetica, ferma restando la necessità di garantire l’adeguato abbattimento della componente patogena, dei metalli pesanti e altri contaminanti organici emergenti (es. interferenti endocrini).

In termini di processi depurativi, numerose sono le opzioni implementabili: trattamenti preliminari di concentrazione per via fisica, chimica, biologica dei reflui grezzi in ingresso; sistemi di rimozione dell’azoto residuo dai flussi chiarificati, mediante processi a basso consumo di ossigeno (es. nitritazione parziale e rimozione autotrofa dell’azoto mediante batteri Anammox); unità di affinamento terziario mediante filtrazione spinta (fino ai processi di osmosi inversa) e disinfezione, per il riutilizzo idrico dei reflui depurati; processi di stabilizzazione di tipo anaerobico dei flussi concentrati residuali per la valorizzazione energetica della componente biodegradabile in forma di biogas ovvero di biometano, con la possibilità di sfruttare le capacità di trattamento residue con il conferimento di ulteriori matrici organiche (es. FORSU, sottoprodotti dell’agroindustria) ed anche come eventuale integrazione di sistemi Power-to-Gas (P2G); sistemi per il recupero di fosforo e azoto dai flussi concentrati in uscita dalle fasi di stabilizzazione; sistemi per il recupero termico dai reflui collettati in fognatura o invasati nelle unità di trattamento depurativo.

A favore di questi nuovi approcci gestionali e tecnologici vi è sicuramente una sostenibilità di tipo economico, basti pensare che la digestione anaerobica delle frazioni organiche presenti nei reflui civili e negli scarti di cucina consente un recupero di circa 4 €/AE/anno; il recupero dei nutrienti (fosforo e azoto) e di carbonio dai fanghi di depurazione ha un valore di circa 6,3 €/AE/anno; il possibile recupero di energia termica a bassa entalpia dai reflui (salto termico di 5 °C) può garantire un ritorno di circa 6,9 €/AE/anno, mentre il recupero di acqua potabile mediante tecnologie a membrana di osmosi inversa sottende ad un valore di circa 65 €/AE/anno (Verstraete et al., 2011).

driver per l’innovazione e la sostenibilità a cui fanno riferimento, in particolare: i trattamenti depurativi delle acque reflue; la valorizzazione energetica di reflui e scarti organici; il risparmio e riutilizzo idrico; l’ottimizzazione dei cicli produttivi.

Per quanto riguarda i trattamenti depurativi, le azioni riguardano la definizione di approcci innovativi in ottica di economia circolare e la verifica sperimentale o in campo di approcci e/o biotecnologie di processo per l’efficientamento energetico delle linee di trattamento ed il recupero di materia. In tale ambito rientrano ad esempio le azioni condotte nell’ambito della collaborazione con il Gruppo HERA, che ha previsto da un lato la progettazione di interventi volti all’implementazione di un impianto di depurazione energeticamente autosufficiente (ZEP – Zero Energy Plant) e, dall’altro, la definizione di una procedura per la classificazione e labelling energetico degli impianti di depurazione. Le suddette azioni sono peraltro state oggetto anche della elaborazione di Linee Guida per l’efficienza energetica negli impianti di trattamento reflui (Linea 2.3.5) e per la produzione di energia dalle acque reflue (Linea 2.3.6) sviluppate nell’ambito del Progetto ES-PA Energia e Sostenibilità per la Pubblica Amministrazione, in collaborazione con l’Agenzia per la Coesione Territoriale.

Relativamente alla valorizzazione dei reflui ed in generale delle matrici di origine organica, le attività riguardano soprattutto sviluppo di filiere e processi innovativi per la valorizzazione energetica di effluenti e matrici organiche di scarto, tra cui rientrano anche i fanghi di depurazione. A tal riguardo vanno menzionate le attività condotte nell’ambito del progetto GoBioM - Ottimizzazione tecnologica filiera biometano e del progetto +GAS - Produzione di biometano da energia elettrica rinnovabile, entrambi finanziati dalla Regione Emilia-Romagna attraverso il programma POR-FESR 2014-2020.

Nel progetto GoBioM è stata testata in scala pilota una tecnologia di pretrattamento meccanico-biologico di fanghi e scarti di produzione agricola (es. bucce di pomodoro, vinacce) finalizzata a migliorarne la biodegradabilità e la resa produttiva di biogas, favorendo al contempo il possibile recupero di materia in forma di VFA da usare come precursori nei processi di produzione di bioplastiche.

Nel progetto +GAS, invece, è stato implementato, sempre su scala pilota, un processo biologico per la metanazione idrogenotrofa di flussi residuali di idrogeno (generato sfruttando picchi di produzione di energia rinnovabile) e di CO2 (derivante dal processo di upgrading del biogas).

In chiave di risparmio e riutilizzo idrico, vanno menzionate in primo luogo diverse attività finalizzate allo sviluppo di buone pratiche di risparmio e riutilizzo in ambito urbano, edilizio, produttivo (agricoltura e industria), inclusa la gestione acque meteoriche. A tal riguardo va annoverato il progetto GST4Water – Green-Smart Technology per l’utilizzo sostenibile della risorsa idrica negli edifici e in ambito urbano, anch’esso finanziato dal programma POR-FESR 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna, in cui sono state messe a punto soluzioni hardware e software per un uso consapevole della risorsa idrica ed il riutilizzo delle acque grigie e meteoriche in ambito residenziale.

Vanno poi menzionati i diversi progetti mirati a favorire il riutilizzo sicuro e sostenibile delle acque reflue depurate, condotti sia nei contesti dei Paesi in via di sviluppo (progetti EMWater, Sustain Water Med, Waterdrop) sia in ambito nazionale mediante il progetto VALUE CE-IN - VALorizzazione di acque reflUE e fanghi in ottica di economia CircolarE e simbiosi INdustriale (POR-FESR 2014-2020 Regione Emilia-Romagna), che intende implementare approcci di economia circolare e simbiosi industriale per la filiera della gestione delle acque reflue municipali ed industriali, con particolare riferimento al riutilizzo delle acque reflue depurate ed al recupero di materie prime seconde nell’ambito delle linee di trattamento e gestione dei fanghi di supero.

Infine, per quanto riguarda le attività condotte in chiave di ottimizzazione dei cicli produttivi, va menzionato il monitoraggio, la diagnosi, la modellazione dei cicli produttivi e lo sviluppo e verifica sperimentale di biotecnologie in grado di favorire la chiusura dei cicli e la gestione sostenibile delle acque reflue. In tale ambito, sono state condotte azioni sia nell’ambito di progetti europei (es. Progetto Aquafit for use - Sustainable Water Use in Chemical, Paper, Textile and Food Industry) sia nell’ambito di attività commissionate da parte di aziende.

Ai fini della conduzione delle attività sopra menzionate, oltre alla necessaria messa a sistema di specifiche competenze di carattere tecnico-scientifico, risulta di fondamentale importanza perseguire un approccio integrato e multidisciplinare che punti a favorire e valorizzare il coinvolgimento di tutti gli operatori di settore, in linea con la vision generale ENEA sulla tematica.

 


* Articolo redatto con il contributo di C. Cellamare,  M. Ferraris, A. Giuliano, R. Guzzinati, M. Langone, D. Mattioli, G. Sabia, A. Spagni

BIBLIOGRAFIA

  1. FAO/UN-Water. 2018. Progress on level of water stress - Global baseline for SDG 6 Indicator 6.4.2 2018. Rome
  2. Verstraete, W. & Vlaeminck S.E., (2011) ZeroWasteWater: short-cycling of wastewater resources for sustainable cities of the future, International Journal of Sustainable Development & World Ecology, 18:3, 253-264, DOI:  10.1080/13504509.2011.570804
  3. WHO and UNICEF, Progress on drinking water and sanitation: 2017 Update and SDG. New York, Joint Monitoring Programme for drinking water, sanitation and hygiene
  4. WWAP (United Nations World Water Assessment Programme). 2015. The United Nations World Water Development Report 2019: Leaving No One Behind. Paris, UNESCO
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