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Le strategie regionali di specializzazione intelligente come driver dell’economia circolare

di Antonio Caponetto

DOI 10.12910/EAI2019-026

Il paradigma della smart specialization introduce un cambiamento radicale, indicando un percorso metodologico e strategico di guida al policy maker nella definizione di misure di intervento dedicate e orientate a concentrare le risorse su attività ricadenti in definiti ambiti di applicazione di nuove tecnologie. In tal senso è possibile affermare che la Politica di Coesione sta rappresentando un veicolo di diffusione per un approccio alle politiche di sviluppo innovation driven

Antonio Caponetto

Antonio Caponetto

Direttore Agenzia per la Coesione Territoriale

Con la Strategia Europa 2020, già nel 2010 l’Unione Europea aveva delineato un obiettivo a lungo termine per il superamento della crisi economica basato su una prospettiva di crescita “intelligente, sostenibile ed inclusiva”, mettendo a fuoco l’inscindibilità delle tre dimensioni dello sviluppo: conoscenza, tecnologia e innovazione; sostenibilità ambientale, energetica e utilizzo ottimale delle risorse; benessere sociale, apertura e attenzione alle disuguaglianze.

Per il prossimo ciclo di programmazione dei fondi europei, tale attenzione si coglie nel richiamo esplicito al paradigma della “circolarità” come alternativo al modello dell’ “economia lineare”, rendendo ancor più forte il binomio “intelligente e sostenibile” come requisiti del modello di sviluppo a cui tendere.

L’idea che lo sviluppo economico-sociale dei territori debba essere guidato dall’innovazione, si è tradotto per il periodo corrente nella definizione a livello europeo di un modello di governance delle politiche di R&I “multilivello e multistakeholder”, la cosiddetta “Strategia di specializzazione intelligente” (di seguito smart specialisation strategy o S3), pensata con la finalità di guidare i territori nella individuazione partecipata delle priorità di investimento, con l’obiettivo di valorizzare risorse e capacità produttive locali guardando alle opportunità offerte da nuovi mercati globali grazie all’applicazione di conoscenza scientifica e nuove tecnologie.

Il paradigma della smart specialization introduce un cambiamento radicale, indicando un percorso metodologico e strategico di guida al policy maker nella definizione di misure di intervento dedicate e orientate a concentrare le risorse su attività ricadenti in definiti ambiti di applicazione di nuove tecnologie.

In tale prospettiva è possibile affermare che la Politica di Coesione sta rappresentando un veicolo di diffusione per un approccio alle politiche di sviluppo innovation driven.

S3 ed economia circolare nel quadro di programmazione dei Fondi SIE 2014-2020

Il Regolamento generale che stabilisce le disposizioni comuni sui Fondi Strutturali e di Investimento Europei (Reg. UE 1303/2013) per il corrente periodo di programmazione, ha richiesto ad ogni Amministrazione titolare di risorse finanziarie comunitarie, l’adozione di strategie di specializzazione intelligente (S3) come prerequisito (condizionalità ex-ante) per l’utilizzo delle risorse dedicate a rafforzare la ricerca, lo sviluppo  tecnologico e l’innovazione (Obiettivo Tematico 1 dei Fondi SIE 2014-2020).

Sulla base delle S3, regionali e nazionale, le Regioni italiane hanno individuato traiettorie tecnologiche specifiche, legate a prospettive di sviluppo competitivo caratterizzate da maggiori potenzialità a livello territoriale. Tra le traiettorie considerate, figurano non di rado linee di sviluppo che contengono esplicitamente riferimenti agli elementi portanti del paradigma dell’economia circolare: la valorizzazione degli scarti e dei sottoprodotti di lavorazione nell’ambito di nuovi cicli produttivi; la realizzazione ex-novo di prodotti basati sul riutilizzo di risorse impiegate nei processi produttivi; la promozione di iniziative in grado di sviluppare processi di simbiosi industriale.

Tra le aree di specializzazione su cui le Regioni hanno individuato il maggior numero di traiettorie tecnologiche collegate all’economia circolare, vi è in primo luogo l’Agrifood, ambito in cui il riutilizzo delle biomasse costituisce un campo applicativo dalle grandi potenzialità per lo sviluppo di nuovi prodotti afferenti anche a differenti filiere. In secondo luogo, nell’ambito della Chimica verde, Regioni quali la Basilicata, il Piemonte, la Toscana e l’Umbria hanno identificato buone potenzialità di mercato per i rispettivi sistemi produttivi locali legate allo sviluppo di tecnologie per biomateriali e prodotti biobased e alla realizzazione di bioraffinerie. Calabria, Emilia-Romagna e Veneto, nel definire l’area di specializzazione Edilizia Sostenibile, hanno individuato traiettorie di sviluppo tecnologico afferenti all’economia circolare in relazione ai materiali per la costruzione innovativi ed ecocompatibili.

Non mancano, inoltre, S3 regionali che individuano traiettorie tecnologiche legate all’economia circolare in aree tradizionalmente più lontane da un utilizzo sistematico di materie prime secondarie: è il caso della Regione Campania, che ha identificato nello sviluppo di nuovi materiali ad elevata biodegradabilità e biocompatibilità una soluzione per innalzare il grado di innovazione tecnologica nell’ambito della Fabbrica Intelligente; e della Regione Marche, che punta sullo sviluppo del cosiddetto de-manufacturing, ovvero sul “disassemblaggio” automatizzato di prodotti industriali per il riciclo e l’introduzione nei processi industriali di tecnologie di separazione e frantumazione meccanica per il riciclo.

Il contributo dell’attuazione delle S3 all’economia circolare

Nel contesto appena descritto, l’osservazione del quadro attuativo più aggiornato (Fonte: Banca Dati Unitaria - Settembre 2019)(1) restituisce interessanti indicazioni rispetto al diverso peso assunto dagli strumenti di policy codificati dall’Accordo di Partenariato in tema di innovazione e fa emergere una particolare concentrazione territoriale degli investimenti.
Nello specifico, circa il 50% delle iniziative in corso di attuazione che presentano un collegamento logico esplicito nella descrizione della finalità e dell’oggetto dell’investimento con la prospettiva di sviluppo dell’economia circolare – complessivamente oltre 360 – sono state promosse nelle Regioni Toscana, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, con una distribuzione più omogenea nel resto delle regioni.

Con riferimento agli strumenti di policy individuati dall’Accordo di Partenariato si rileva una preminenza di iniziative inerenti lo sviluppo di progetti di ricerca industriale che prevedono in alcuni casi l’impiego di ricercatori, più in generale la collaborazione tra più imprese o tra queste e organismi di ricerca, anche nell’ambito di interventi complessi di sistema.

Una quota rilevante di iniziative finanziate nell’ambito della politica di sostegno alla ricerca e all’innovazione (Obiettivo Tematico 1 dell’Accordo di Partenariato) – circa il 30% – è poi riconducibile a progetti che realizzano forme di innovazione più vicine al mercato, che si traducono nell’adozione di soluzioni tecnologiche già esistenti e dell’industrializzazione di risultati di ricerca. A tali iniziative si aggiungono interventi di agevolazione in de minimis di investimenti realizzati da PMI, nel quadro delle risorse dedicate dall’Accordo di Partenariato più specificamente alla competitività del sistema delle piccole imprese (Obiettivo Tematico 3 dell’Accordo di Partenariato), legati in via prevalente all’acquisizione di nuovi macchinari che consentono lo sviluppo di processi industriali rispondenti a logiche della circolarità. Tra le iniziative in fase di attuazione, si evidenziano anche prime esperienze di creazione d’impresa espressamente vocate allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche negli ambiti di riferimento dell’economia circolare.

È interessante rilevare che il sostegno all’avanzamento tecnologico dei sistemi di produzione si associa nella maggior parte dei casi al recupero e alla valorizzazione di scarti di lavorazione dell’agroindustria e al riutilizzo in nuovi cicli produttivi come materie prime seconde.

Complessivamente le risorse attivate dalle iniziative d’impresa in corso, collegate a percorsi di ricerca e processi di innovazione nell’ambito dell’economia circolare, ammontano a circa 130 milioni di euro. Di queste iniziative, quasi il 10% si caratterizzano per un valore d’investimento per singola impresa superiore al milione di euro, mentre più del 50% presentano valori d’investimento inferiori o uguali a 200 mila euro.

Consapevole dell’importanza della prospettiva dell’innovazione orientata verso modelli di economia circolare, l’Agenzia per la Coesione Territoriale ha aderito all’iniziativa “ICESP - Piattaforma Stakeholders Italiani Economia Circolare”, promossa a livello nazionale da ENEA come iniziativa mirroring di “ECESP European Circular Economy Stakeholder Platform”, nell’ottica di contribuire alla definizione di un quadro di programmazione orientato a cogliere le specificità della prospettiva dell’economia circolare e, sulla base  di una interlocuzione aperta a tutti gli stakeholder, allo sviluppo di strumenti di policy e governance dedicati.

 


(1) La selezione dei progetti osservati è stata effettuata utilizzando un metodo di ricerca testuale per parole chiave afferenti logicamente al paradigma dell’economia circolare, quali ad esempio, le espressioni “economia circolare/circular economy”, “simbiosi industriale”, “materie prime seconde”, “scarti” e “riutilizzo”

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