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frutta

Energia in agricoltura: le prospettive nell’ambito della transizione energetica

di Gian Piero Celata

DOI 10.12910/EAI2025-028

L'agricoltura italiana è un settore fondamentale per via del ruolo di primo piano nella filiera alimentare e produttiva, ed è particolarmente dipendente dal petrolio, con il carburante che rappresenta circa il 66% del suo consumo energetico. Tale situazione la rende fortemente esposta rispetto agli incrementi del costo dei combustibili fossili, legati anche al deterioramento ed alla variabilità delle situazioni internazionali.

Gian Piero Celata

Gian Piero Celata

Presidente Cluster Tecnologico Nazionale Energia

Il settore agricolo in Italia assorbe solo circa il 2% dei consumi energetici totali, in un contesto di sostanziale stabilità con riferimento agli ultimi 13 anni, evidenziando un modesto incremento di circa il 10%, passando da circa 2810 ktep del 2009 a circa 3100 ktep nel 2022), come riportato in tabella 1 (elaborazione ENEA1 su dati MASE, GSE, TERNA, SNAM Rete Gas, SGI, Ispra).

Tabella 1 – Consumi energetici in agricoltura[1]

2009

2012

2017

2022

 

Ktep

%sul totale

 

Ktep

%sul totale

 

Ktep

%sul totale

 

Ktep

%sul totale

Prodotti petroliferi

2176,4

77,38

Prodotti petroliferi

1936,3

74,90

Prodotti petroliferi

2035,1

74,81

Prodotti petroliferi

2048,9

65,94

Combustibili gassosi

141,7

5,04

Combustibili gassosi

128,7

4,98

Combustibili gassosi

136,7

5,02

Combustibili gassosi

381,7

12,28

Energie rinnovabili

1,8

0,07

Energie rinnovabili

4,5

0,17

Energie rinnovabili

49,5

1,82

Energie rinnovabili

100,1

3,22

Calore derivato

12,7

0,45

Calore derivato

14,5

0,56

Calore derivato

11,4

0,42

Calore derivato

7,5

0,24

Energia elettrica

479,9

17,06

Energia elettrica

501,3

19,39

Energia elettrica

487,8

17,93

Energia elettrica

569,0

18,31

Totale

2812,6

 

Totale

2585,3

 

Totale

 2720,4  

Totale

3107,2

 

Fonte: Elaborazione ENEA su dati MASE, GSE, TERNA, SNAM Rete Gas, SGI, Ispra

Tuttavia, in considerazione del fatto che l'agricoltura italiana è un settore fondamentale per via del suo ruolo di primo piano nella filiera alimentare e produttiva, ed è particolarmente dipendente dal petrolio, con il carburante che rappresenta circa il 66% del suo consumo energetico (pur diminuito rispetto al 77% del 2009), il quadro la rende fortemente esposta rispetto agli incrementi del costo dei combustibili fossili, legati anche al deterioramento ed alla variabilità delle situazioni internazionali. L’analisi della tabella 1 evidenzia inoltre che:

  • i consumi elettrici sono di fatto costanti nel tempo;
  • i combustibili gassosi sono più raddoppiati negli ultimi anni
  • le energie rinnovabili sono cresciute di oltre 20 volte negli ultimi dieci anni, raggiungendo però solo il 3,22% dei consumi totali (mostrando ampi margini di crescita)

Le regioni che superano i 100 ktep di consumo annuo sono nove (Piemonte, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna), con la Lombardia che supera i 450 ktep e la Sardegna che supera di poco i 100 ktep.

In questo quadro, al fine di ridurre i consumi energetici e perseguire la sostenibilità ambientale, l’azienda agricola può ridurre, prima di tutto, il consumo complessivo di energia attraverso un efficientamento energetico nelle diverse fasi del processo produttivo che la caratterizza e in parallelo sostituire energia e combustibile fossili con fonti energetiche rinnovabili autoprodotte.

L’analisi dei consumi energetici

Analisi dei consumi energetici - Come primo passo del processo è fondamentale analizzare i consumi energetici dell’azienda, sia elettrici che termici, sia in termini complessivi che di “profili di consumo” (valutando meticolosamente l’andamento giornaliero, mensile e stagionale). Fatta questa analisi, per ciascuna utenza bisogna determinare i margini di miglioramento in termini di efficientamento valutando la sostituzione di tecnologie e/o di apparati che consentano una riduzione dei consumi energetici.

Parallelamente, definiti ed eventualmente ottimizzati i consumi di energia mediante l’efficientamento, occorre verificare le possibilità di autoproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile o di disponibilità di energia rinnovabile in loco per usi termici.

Azioni di efficientamento - Partiamo dalle azioni di efficientamento dei consumi energetici dell’azienda agricola, che possiamo sintetizzare come segue: i) sostituire eventuali motori elettrici obsoleti con prodotti ad alta efficienza con azionamenti ad inverter; ii) installare lampade a LED per illuminazione; iii) migliorare l’isolamento degli edifici e la climatizzazione degli ambienti; iv) installare caldaie a condensazione, pompe di calore per la climatizzazione e produzione di acqua calda; v) recuperare i cascami di calore quando presenti (ad esempio calore da cogenerazione del biogas). L’opportunità di ridurre i consumi consente di ridurre il costo energetico dell’azienda, anche se a fronte di investimenti dei quali vanno valutati i tempi di payback e le opportunità di incentivi fiscali.

Tecnologie per la produzione di energia rinnovabile per autoconsumo – Le tecnologie impiegabili per produrre energia da fonte rinnovabile in un’azienda agricola per l’autoconsumò sono diverse: i) pannelli solari per la produzione di energia termica; ii) pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica (anche per il pompaggio dell’acqua a scopi irrigui e/o di abbeveraggio), da installare in primo luogo sui tetti dei fienili, delle stalle, di altri edifici; iii) caldaie a biomasse (ad esempio per il riscaldamento di serre); iv) utilizzo del biogas con cogenerazione.

L’Agrivoltaico e la Valorizzazione energetica degli scarti agricoli

Due esempi specifici meritano una particolare attenzione nell’ambito delle tecnologie per la produzione di energia da fonte rinnovabile.

Agrivoltaico - Il primo riguarda l’integrazione del fotovoltaico con l’attività agricola, dando vita alla tecnologia denominata agrivoltaico, che estende così la superficie di installazione dei pannelli fotovoltaici oltre i tetti degli edifici e non entra in competizione con l’utilizzo della superficie agricola utilizzabile. L’integrazione permette di continuare liberamente le colture agricole o l’allevamento e prevede un ruolo per gli agricoltori, che possono anche integrare il reddito aziendale vendendo l’energia elettrica in surplus proveniente dal fotovoltaico (entrata non soggetta alle oscillazioni delle produzioni agricole e dei relativi mercati) aiutando a prevenire l’abbandono dell’attività produttiva.

Le soluzioni fotovoltaiche innovative permettono l’installazione di moduli elevati da terra, e devono garantire le necessità dell’imprenditore agricolo, ovvero le attività di coltivazioni agricola e pastorale (necessità centrali nel progetto di un sistema agrivoltaico), adeguandosi alle necessità delle colture mediante la flessibilità del progetto e l’ampia disponibilità delle tecnologie e la modularità. Il risultato è un approccio multidimensionale: agricoltura, energia e paesaggio. L’ombreggiamento causato dalla presenza dei pannelli fotovoltaici deve essere benefico per le coltivazioni per renderle più resilienti a fenomeni di stress termico e/o idrico (tra l’altro riducendo i consumi idrici necessari).

La potenziale minore densità di potenza o intensità di occupazione del suolo (minor numero di moduli installati per unità di area e quindi minore potenza installata) per rendere disponibile la radiazione solare per le piante, denominata porosità dell’impianto, può essere compensata usando moduli fotovoltaici ad alta efficienza (ad esempio moduli bifacciali) o a sistemi a inseguimento su singolo o su doppio asse, che sono in grado di massimizzare la captazione solare e quindi migliorare la produzione di energia.

Nell’agrivoltaico il terreno disponibile viene quindi utilizzato due volte, per la produzione di energia elettrica da fotovoltaico e per l’agricoltura, e non risulta vincolato all’uso energetico, in quanto le strutture ad esso dedicate possono essere sempre rimosse, mentre l’utilizzo agricolo rimane sempre l’opzione prioritaria nell’impiego del terreno.

Questa specifica tecnologia è stata attenzionata dal PNRR che con la misura 1 (incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile), della Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione energetica) Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile) prevede di finanziare con 1.1 miliardi di euro l’installazione di almeno 1.04 GW di potenza da agrivoltaico con una produzione indicativa di almeno 1.300 GWh/anno entro il giugno 2026

Valorizzazione energetica degli scarti agricoli - La valorizzazione energetica delle biomasse residuali di origine agricola rappresenta un aspetto molto importante delle potenzialità che l’agricoltura ha nella produzione di energia verde. L’utilizzo delle biomasse residuali non entra in concorrenza nell’uso dei suoli con le produzioni alimentari, risolve il problema di sottoprodotti che, se non utilizzati per usi alternativi, rischiano comunque di dover essere smaltiti, costituisce un’importate fonte di reddito, o attraverso un incremento dei ricavi (vendita dell’energia) o attraverso un risparmio di costi (autoconsumo dell’energia prodotta, sia termica che elettrica).

Un interessante esempio pratico a livello agricolo è rappresentato dall’Azienda agricola La Maremmana, operativa nella provincia di Grosseto, che ha realizzato una circolarità della propria economia utilizzando come fonte di energia reflui dell’allevamento di bufale, scarti di formaggi e siero provenienti dal caseificio, scarti agricoli e colture dedicate, sottoprodotti agro-industriali come la sansa. Il materiale di scarto agricolo viene processato in un digestore anaerobico che produce biogas con il quale a sua volta si produce, in cogenerazione, energia elettrica e calore. Già nella fase di avvio del progetto aziendale la produzione di energia elettrica era superiore alle capacità di autoconsumo della fattoria, con vendita e ricavi dell’energia elettrica in surplus, mentre il calore generato era totalmente utilizzato presso l’azienda.

I vantaggi economici derivanti dall’investimento fatto consistono nell’abbattimento dei costi energetici (elettricità e calore), nella diversificazione dell’attività ed aumento del fatturato (vendita di energia elettrica non autoconsumata), nell’abbattimento/eliminazione dei costi di smaltimento del materiale di scarto, nella riduzione dei costi del fertilizzante sostituito dal digestato proveniente dal digestore anaerobico, che costituisce un ottimo compost.

I vantaggi ambientali sono costituiti dal sequestro di CO2 grazie all’impianto di biogas e la semina su sodo, dalla stabilizzazione degli effluenti zootecnici con la digestione anaerobica, dal fertilizzante organico (digestato) meno impattante e più completo (nessun fertilizzante chimico ed aumento della sostanza organica dei terreni).

Recupero e valorizzazione dei materiali

Vale la pena di ricordare qui che la principale differenza tra l’Economia Circolare e gli altri approcci alla sostenibilità risiede nell’idea di base che non è solo l’efficienza a contare (il ridurre le risorse impiegate per un bene o servizio), ma la contestuale riduzione – a parità di contenuto – del prelievo di risorse dalla natura, attraverso il recupero e la valorizzazione dei materiali e beni in uso, concetto perfettamente coniugato nell’esempio sopra riportato.

L’opportunità di intervenire nella riduzione dei consumi e dei costi energetici in agricoltura per un corretto allineamento con la transizione energetica fa parte della roadmap tecnologica del Piano di Azione del Cluster Tecnologico Nazionale Energia, che ha anche organizzato Workshop dedicati sull’argomento, nel corso dei quali sono stati presentati numerosi esempi virtuosi delle prassi descritte nel presente articolo, e collabora con il Cluster Tecnologico Nazionale Agrifood per attività energetiche in ambito agricolo e agroindustriale.

Note

[1]I consumi sono riferiti esclusivamente al settore Agricoltura, ossia alle produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi che comprendono le coltivazioni agricole, la riproduzione delle piante, gli allevamenti di animali e le coltivazioni agricole associate all’allevamento di animali e le attività di supporto alla produzione vegetale (sementi e raccolta) ed animale. Sono escluse tutte le attività di trasformazione dei prodotti vegetali ed animali che sono incluse nel settore industria alimentare: non si dispone dei dati necessari per disaggregare i consumi energetici dell'industria alimentare in consumi energetici per la produzione di prodotti alimentari, per la produzione di bevande e per la produzione di tabacchi.

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